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 2021  novembre 24 Mercoledì calendario

CHE QUIRINALE SAREBBE SENZA MASTELLA? BISOGNA PRENDERE VOTO PER VOTO. IN QUESTO SPORT È MOLTO BRAVO BERLUSCONI” – POI RACCONTA COME VENNE SPIANATA LA STRADA PER COSSIGA AL COLLE - "ALLORA ERO PORTAVOCE DC, BRUCIAMMO LE SCHEDE CON I VOTI DEL PARTITO. IL CONSENSO SUL CANDIDATO ERA TROPPO BASSO, COSÌ DISTRUGGEMMO LE PROVE DELLA VOTAZIONE E SCRIVEMMO UN COMUNICATO STAMPA DICENDO CHE AVEVA PRESO OLTRE IL 75%..." - L'ANTIPATIA (RICAMBIATA) PER PERTINI... -

«A un certo punto, a notte fonda, mi squilla il telefono. Era la Batteria...». La Batteria del Viminale, il super centralino del ministero dell’Interno. «Flaminio Piccoli, presidente della Dc, voleva parlare con me. Lui e De Mita, allora segretario, non avevano buoni rapporti. Quando volevano mandarsi dei messaggi, lo facevano attraverso me. Faceva caldo, quella notte. Giugno 1985».

Piccoli era solito chiamarla a quell’ora? «Mai. La sua voce era impastata d’ansia, “Mastella corri qua alla Camera, è successa una tragedia”. Mezz’ora dopo stavamo bruciando delle schede...».

Come bruciando? «Bruciando». È passata alla storia come l’elezione più lineare di un presidente della Repubblica, la più semplice, la più dritta. Giugno 1985, Ciriaco De Mita e Alessandro Natta, segretari di Dc e Pci, si mettono d’accordo sull’elezione di Francesco Cossiga e Cossiga viene eletto al primo scrutinio. A distanza di trentasei anni e mezzo, Clemente Mastella racconta una pagina di quella storia rimasta praticamente nell’ombra. E di come lui — oggi sindaco di Benevento, all’epoca portavoce Dc — sventò da solo una «congiura» che avrebbe potuto fermare sul nascere la corsa di Cossiga verso il Quirinale.

Andiamo per ordine. «Dopo Pertini, vista l’alternanza cattolico-laico, nel 1985 toccava a un cattolico. Anche se Pertini, a differenza di Mattarella oggi, l’idea del bis la accarezzava eccome». Lo dice perché a lei Pertini non stava simpatico. «Lo dico perché è vero. E comunque, simpatia o non simpatia, insieme a Guglielmo Zucconi eravamo gli unici due a non averlo votato nell’elezione del Quirinale nel 1978. In Transatlantico, Pertini aveva parlato male di Moro dopo il sequestro; dicendo che, al contrario di quelli che avevano fatto la Resistenza come lui e che secondo lui erano gli unici ad avere “gli attributi”, i cattolici sorretti dalla fede si lasciavano andare subito... Per questo poi non l’ho votato. E lui avrebbe mantenuto un atteggiamento di grande antipatia nei miei confronti. Ricambiata».

«Tocca a un cattolico. De Mita convince Natta ad andare tutti su Cossiga. Ma non per la storia che era cugino di Berlinguer. L’accordo era di convergere su una carica istituzionale e Cossiga era presidente del Senato».

Che cosa succede dopo? «De Mita convoca me e Riccardo Misasi, il portavoce e il capo della segreteria. “Andiamo su Cossiga ma non ditelo”, avverte. “Piuttosto”, rivolgendosi a me, “inizia a dire ai giornalisti che la Dc è compatta ma senza fare il nome”». Lei si muove così? «Dico ai giornalisti che la Dc è compatta e do appuntamento all’assemblea dei parlamentari, da cui sarebbe uscito il nome. Loro mi chiedono: “E Andreotti?”. “Parlerà in assemblea”, rispondo io». In assemblea che cosa succede? «De Mita fa il nome di Cossiga e in sala scende il gelo. “Chi vuole parlare?”, chiede il segretario. Tutti zitti. “Giulio, tu?”, insiste. Andreotti si fa avanti con una frase sibillina: “Leggo dai giornali che sarei iscritto a parlare d’ufficio”».

Una brutta aria. «Bruttissima. La candidatura andava votata a scrutinio segreto tra i parlamentari, formiamo il seggio, voto e me ne vado via tranquillo, tanto c’era solo Cossiga in campo. Qualche ora dopo, la telefonata di Piccoli. “Una tragedia”, ripete più volte. Cossiga aveva avuto un consenso bassissimo, sotto il 60 per cento. La Dc era divisa e la sua candidatura rischiava di andare a sbattere.

Nella stanza siamo io, Piccoli e i capigruppo, Virginio Rognoni e Nicola Mancino. “Chi altri è a conoscenza di questo risultato?”, chiedo. “Solo noi quattro”, risponde Piccoli. “Bene, distruggiamo le schede, bruciamole”, dico io. Facciamo un comunicato stampa, diciamo che Cossiga ha preso oltre il 75 per cento e lasciamo intendere la Dc è unita».

I congiurati non se ne accorsero? «Questa fu la finezza. Scrivemmo 75 per cento perché ciascun gruppo di congiurati credesse che altri congiurati avevano trovato l’accordo con noi su Cossiga. E la congiura fallì». Lo disse a De Mita? «A notte fonda, mi fece i complimenti».

Cossiga lo venne a sapere? «Andai con De Mita a comunicargli ufficialmente che il candidato sarebbe stato lui e De Mita gli disse una frase del tipo “Francesco, ringrazia Mastella”».

La ringraziò? «Con Pertini non avevo mai messo piede al Quirinale. Con Cossiga ero invitato sempre insieme a mia moglie Sandra, ci chiamavano pure per le prime dei film».

L’elezione che sta per arrivare è più semplice o più complicata di quelle del passato? «Più complicata. Una volta c’era il problema dei franchi tiratori. Adesso, coi partiti dissolti e i parlamentari in libera uscita, sono quasi tutti tiratori franchi. Bisogna prendere voto per voto. In questo sport è molto bravo Berlusconi». Lei crede che... «Io non credo nulla. Sarei matto a credere a qualcosa adesso».