Anteprima, 30 settembre 2021
Tags : Emmanuel-Mike Agassi
Biografia di Emmanuel-Mike Agassi
Emmanuel-Mike Agassi (1930-2021). Pugile iraniano, naturalizzato americano. Padre del tennista Andre Agassi. «Mike Agassi era nato Emanoul Aghasi a Salmas, Iran, il giorno di Natale del 1930. Padre assiro che aveva lasciato Kiev per la Russia, un feroce desiderio di riscatto sociale trasmesso insieme al Dna al figlio, che aveva deciso di incanalare la rabbia sul ring: due edizioni dei Giochi nel pugilato sotto la bandiera iraniana, Londra ‘48 (gallo) e Helsinki ‘52 (piuma), poi il grande salto negli Stati Uniti d’America. Sotto falso nome, manomettendo il passaporto. New York-Chicago-Las Vegas. In mezzo al deserto del Nevada, cucciolo di una nidiata di quattro figli messi al mondo con la moglie Betty, il 29 aprile 1970 era arrivato Andre e Emanoul nel frattempo diventato Mike era stato il primo ad accorgersi del dono dell’anticipo naturale di quel ragazzino talentuoso e punk su cui Nike avrebbe costruito un impero, a dispetto di una congenita spondilolistesi. È a quel punto, reato da ergastolo nonostante l’attenuante del crimine commesso per amore, che Agassi senior aveva deciso che Agassi junior dovesse vendicare nel tennis tutte le aspettative tradite dal padre nel pugilato. Una proiezione inconscia che in Open fa la sua comparsa a pagina 27, dopo il prologo, per non lasciare mai più la scena, nel passaggio più celebre del libro: “Odio il tennis, lo odio con tutto me stesso ma continuo a giocare perché non ho scelta: non solo perché mio padre mi inseguirebbe per casa con la racchetta sguainata ma anche perché qualcosa nelle mie budella mi impedisce di smettere”» [Piccardi, CdS]». «Andre odiava smaccatamente il papà cattivo almeno quanto amava la mamma, ma era stato proprio Mike ad allenargli il colpo d’occhio già nella culla, facendogli roteare sulla testa una pallina, lanciandogli dei palloncini sul seggiolone dopo averlo armato con una racchetta da ping pong legata al polso, e modificando poi una macchina lancia palle, per ribattere 2500 palle al giorno, un milione l’anno. Era stato papà a convincere con la sua insistenza il maestro Bollettieri a concedere una borsa di studio a quel monello di figlio, aprendogli le strade di quell’istruzione che lui non aveva avuto. Certo, era sempre troppo duro ed eccessivo. Anche quando finalmente Andre sfatò il tabù Slam battendo Ivanisevic a Wimbledon nel 1992, lo rimproverò: “Non avevi motivo di perdere quel quarto set”» [Martucci, Mess]. È morto venerdì a 90 anni, in un hospice di Las Vegas. Nel fine settimana si sono tenuti funerali privati.