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 2021  settembre 15 Mercoledì calendario

Biografia di Tony Binarelli (Antonio Maria Binarelli)

Tony Binarelli (Antonio Maria Binarelli), nato a Roma il 16 settembre 1940 (81 anni). Prestigiatore. Illusionista. «“Tony” è […] il diminutivo che usavano mia madre e i miei amici quando ero ragazzo, e in piedi su una cassetta di frutta al mercato divertivo i miei amici: per loro ero e sono “Tony er mago”. La frase che mi ripetevano era “Ahò! Da grande sarai Mandrake!”… e ci sono – quasi – riuscito» (a Lucinda Piras) • «“Ero al mare, a Follonica. Avevo 12 anni e mi ero beccato la bronchite. Non potevo fare il bagno. Mi annoiavo. Allora entrai in uno di quei negozietti dove vendono un po’ di tutto. Un raggio di sole illuminò un libro. Era in alto, sullo scaffale. Incuriosito, mi arrampicai. Persi l’equilibrio. Caddi e trascinai giù ogni cosa. Quando mi ripresi, il libro illuminato era lì: la copertina rigida mi aveva colpito in piena fronte. Sa qual era il titolo del libro? […] Nel mondo invisibile: spiritismo e potenza psichica di Léon Denis [in varie, precedenti interviste Binarelli aveva tuttavia identificato il libro in questione in Nel mondo dell’invisibile di Romanoff, pseudonimo del prestigiatore Giovanni Battista Romano (1891-1968) – ndr]”. Denis, il massimo teorico francese in tema di esoterismo e un’autorità in materia di parapsicologia. “Proprio lui”. Un segno del destino. “Lo lessi, rimanendone affascinato”» (Nino Materi). «“Poi a Roma, in una libreria, scoprii i libri dell’editore francese Payot, che aveva una collana tutta dedicata alla prestigiazione, con la traduzione di molti testi americani, Kaplan, Hugard & Braue ecc. Le libraie, due splendide ragazze, vedendo la mia passione, mi permisero di prendere i libri comprandoli a rate (mille lire al mese). E, poiché non avevo soldi, […] mi dedicai alla magia con le carte da gioco, con gli unici due mazzi americani (Aviator Poker) che mio padre mi aveva portato dalla base Usa di Napoli. Successivamente trovai Magia delle carte e Il trucco c’è ma non si vede di Carlo Rossetti”. […] Quali sono i personaggi che ti hanno influenzato di più, e in che modo? “Tutti quelli che sono riuscito a vedere, dai più bravi a quelli meno. […] Il primo che ho visto in assoluto è stato Bustelli, al Teatro Adriano di Roma, con il suo grande spettacolo teatrale da due ore, che all’epoca teneva testa ai grandi varietà, come quelli di Macario, Wanda Osiris ecc. E poi ho avuto la fortuna […] di entrare in corrispondenza con Piero Pozzi (Karton), uno dei grandi professionisti italiani, che mi indirizzò a Fernando Riccardi, e tramite lui conobbi Arsenio, Lamberto Desideri e Giampaolo Zelli, i miei maestri, che mi hanno consentito di entrare in contatto con il mondo magico italiano e internazionale”» (Andrea Clemente Pancotti). «Nel 1958 […] scopersi l’esistenza del Club magico italiano di Alberto Sitta, a cui aderii immediatamente, anche con un completo coinvolgimento (sono stato per anni consigliere e redattore di una rubrica su Magia moderna, rivista del Club). Attraverso il Club ho avuto l’opportunità di conoscere altri appassionati e di stringere forti amicizie». «Iniziai a coltivare la mia vocazione. Studiavo, sperimentavo, inventavo. Il palcoscenico esercitava su di me un’attrazione eccezionale. Le serate si moltiplicavano. I miei show erano graditi». Nella seconda metà degli anni Sessanta Binarelli ebbe persino il proprio debutto cinematografico, limitato tuttavia alle sue sole mani: «Facevo il doppiatore delle mani. […] Quando i protagonisti mischiavano acrobaticamente le carte durante le partite di poker, la cinepresa zoomava sulle loro mani e tagliava le loro teste. Bene, quelle mani inquadrate erano le mie». «Mio padre, che lavorava nel cinema come ispettore di produzione, stava lavorando al film Masquerade con Rex Harrison, dove vi era una partita a carte, in cui lo stesso doveva sembrare particolarmente abile, e lui non lo era affatto: non sapeva mischiare le carte nemmeno in modo normale. Proposi allora di “sostituirmi” a lui con le sole mani: il truccatore Giannetto De Rossi le truccò per farle assomigliare a quelle dell’attore, e il regista Mankiewicz, dopo qualche indecisione, girò la scena. Era nato così il “doppiaggio delle mani”, e il giornalista Enrico Morbelli, in un articolo sulla Domenica del Corriere, coniò il titolo di Mister Contromani. Arrivò l’epoca del western all’italiana, e le partite a carte riempivano i saloon, col personaggio del ‘giocatore-baro’. […] Il più famoso dei film cui ho ‘prestato’ le mani è stato … Continuavano a chiamarlo Trinità con Terence Hill e Bud Spencer, ma ne ho fatti una trentina, tra cui mi piace ricordare l’episodio di Tre passi nel delirio con Alain Delon e Brigitte Bardot per la regia di Louis Malle». Nel frattempo, nei primi anni Settanta, era giunto anche l’esordio televisivo. «Ho debuttato in televisione in un programma dal titolo Serata al Gatto Nero, uno sceneggiato giallo in due puntate di Casacci e Ciambricco, che fondeva il varietà con il giallo: interpretavo la parte di me stesso, ovvero di un prestigiatore da night club coinvolto nel racconto». «Il ragazzino “colpito” dal libro è diventato adulto. “E si è pure sposato. Giunge il momento di prendere la decisione destinata a stravolgermi l’esistenza. […] Lascio lo stipendio sicuro per dedicarmi anima e corpo alla magia”. E sua moglie che disse? “Mi appoggiò. Le sue parole furono: ‘Voglio un marito felice che realizzi i propri sogni’. […] Sono stato fortunato”. Che lavoro faceva prima di darsi al mentalismo? “Impiegato in una casa automobilistica. […] Mi licenziai e divisi i soldi della liquidazione in dodici buste, una per ogni mese. Promettendo a mia moglie: ‘Se entro un anno non sfondo con la magia, torno alle automobili’. Da allora sono passati 50 anni. E ancora oggi faccio l’artista”» (Materi). «La trasmissione che mi ha portato maggiore fortuna e a cui debbo tutto è sicuramente Domenica in (la prima edizione), condotta e ideata da Corrado Mantoni, di cui sono stato ospite fisso delle prime tre edizioni». «Quando debuttai a Domenica in avevo alle spalle dieci anni di feste della salsiccia, sagre del fagiolo, fiere paesane e spettacoli d’avanspettacolo da due soldi al salone Margherita di Napoli. Insomma, anche per i miracoli bisogna applicarsi…» (a Francesca Paci). «Il suo primo grande numero di illusionismo è legato all’edizione 1977 di Domenica in condotta da Corrado, quando, in diretta da New York, ha indovinato alcune attività del pubblico romano presente in studio» (Aldo Grasso). In quell’occasione, «grazie al consiglio di Giampaolo Zelli, proposi quello che per me il “mentalismo” è ancora oggi: la “quinta dimensione”, la magia che è dentro di noi». «Di qui la sua enorme notorietà, in “comproprietà” con l’altro suo celebre collega, il mago Silvan. “Io e lui avevamo però stili e pubblici diversi. […] Silvan era più mago in senso classico, mentre io ero più intrattenitore in senso moderno”» (Materi). «In Flash (1980) di Mike Bongiorno ha bloccato dallo schermo migliaia di orologi. […] Nell’edizione 1995 di Buona domenica è stato al centro di una clamorosa polemica: con una pistola puntata alla tempia (era un giocattolo, ma il pubblico non lo sapeva) ha tenuto il pubblico in ansia tirando il grilletto sei volte, nella prima roulette russa televisiva» (Grasso). «Chi negli anni Settanta aveva un’età compresa tra gli otto e gli ottant’anni ricorderà le esibizioni televisive di Tony Binarelli, forse uno dei primi maghi nazional-popolari, capace d’ipnotizzare lo spettatore davanti al teleschermo con i suoi prodigiosi giochi di carte. […] “Io […] come Silvan e il mago Alexander ho avuto la fortuna di debuttare in un momento di vacche grasse. Negli anni Settanta c’era quasi un solo canale tivù, non avevamo concorrenza. Quando andavo in scena con Corrado facevamo 18 milioni di ascolto, altro che Grande fratello. […] Fino a Buona domenica le cose sono andate bene, ma con l’inizio degli anni Novanta è cominciato il nuovo corso… […] Quando sono arrivati i reality show e i salotti televisivi, noi illusionisti della vecchia guardia siamo stati mandati in pensione”» (Paci). Binarelli è comunque tuttora in attività, principalmente con conferenze e spettacoli, fra teatri, circoli e feste di piazza, talvolta anche all’estero. «I tempi d’oro sono alle spalle, ma non ci possiamo lamentare. Mai mollare» • Dal 27 dicembre 2008 è Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana • «Sono l’unico italiano detentore di ben tre premi ai campionati mondiali d’illusionismo del 1967, 1970, e 1973». Ha dedicato tali riconoscimenti «a mia moglie Marina, che, sposato un ragioniere, vive con un mago» • Unico prestigiatore ad aver vinto un Telegatto, nel 1992, grazie alla sua partecipazione a Buona domenica, «per aver rinnovato il personaggio del prestigiatore e il modo di proporre questa tipologia di spettacolo in televisione» • «Ho raccolto nella mia biblioteca più di 700 volumi che vanno dalla prestigiazione al paranormale; proprio alla ricerca del lato magico dell’essere umano» • «Quando ho iniziato vi era pochissima informazione. […] Per ampliare l’informazione culturale ho fondato e diretto la rivista d’illusionismo e prestigiazione “Qui magia” insieme a Giampaolo Zelli e con la preziosa collaborazione di Fernando Riccardi. Poi, operando sulla base del mio successo personale e professionale, grazie a un’idea di mia moglie Marina, è nato a San Martino di Castrozza il Corso professionale di prestigiazione e illusionismo che per ben 15 anni ha visto, all’Hotel Des Alpes, nascere molti nuovi professionisti che ancora oggi lavorano nel mondo, grazie alle lezioni di pratica e teoria che furono tenute dai grandi professionisti nazionali e internazionali intervenuti in qualità di docenti» • «A tutto tondo, dalla ricerca allo studio, la prestigiazione deve essere prima hobby ovvero passione e poi professione (forse). Quello che mi affascina è la ricerca del “linguaggio”, ovvero come proporsi al pubblico che cambia a seconda dei tempi, della mutazione della società e del posto dove ci si propone: ogni posto ha il suo “linguaggio”, […] che non è lo stesso per la festa di piazza o la serata al Rotary, in tv o al Club dei maghi. Lo spettacolo, di qualunque genere, risponde a regole ben precise, cui anche la prestigiazione deve soggiacere. Vittorio Gassman diceva che quello con il pubblico è un amplesso, quindi se con il pubblico non nasce amore ed emozione non c’è spettacolo, non c’è magia – non quella nostra ma quella del teatro, del sogno, della fantasia» • «“Non ho mai utilizzato cilindri e conigli. Mi hanno sempre fatto tristezza. In compenso sono stato capace di ammaestrare, dopo sei mesi di allenamento, una tartaruga a individuare le carte segrete scelte dal pubblico”. […] È mai stato tentato di “tagliare a metà” una donna? Silvan lo faceva spesso… “Quel genere di giochi non fa per me. Li ho sperimentati, ma non rientrano nelle mie corde. Senza contare che in una donna tagliata a metà non saprei, alla fine, quale parte scegliere: quella di sopra o quella di sotto?”» (Materi). «Hai mai praticato l’ipnotismo? “Si, come ricerca personale, non per spettacolo in modo diretto, ma come elemento di supporto per scatenare le emozioni mie e del pubblico in un rapporto di suggestione reciproca”» (Piras). «Il mio interesse verso il mondo del fantastico […] non si ferma alla prestigiazione, ma si estende al paranormale, come forma di ricerca e sperimentazione» (a Simone Ciloni) • «Sei superstizioso? […] “No! Ma, se incontro un gatto nero, lui mi guarda e si gratta le palle… allora un po’ mi preoccupo e faccio i debiti scongiuri (imitando il gatto)!”» (Piras) • Tra i numerosi personaggi conosciuti nel corso della sua vita, anche Federico Fellini. «“Era appassionato di magia, e una sera ci incontrammo a casa di amici in comune. Mi chiese: ‘Tony, mi sveli un gioco di prestigio?’”. E lei? “Un mago non svela mai i trucchi, ma gli dissi: ‘Federico, ti mostro un nuovo gioco, che non ho ancora fatto vedere a nessuno’”. Fellini come la prese? “Era entusiasta. Cominciò a spostare tutti i mobili del salone sotto gli occhi increduli del padrone di casa. ‘Tony, devi sentirti a tuo agio. Come se ti trovassi sul palco di un vero teatro’. Insomma, posso dire di essere stato diretto personalmente da uno dei più importanti registi del mondo”» (Materi) • «Mezzo secolo di carriera in un’Italia abituata a illudersi, e che per questo, forse, ha sempre guardato agli illusionisti con lo stesso stupefatto interesse con cui i bambini guardano (guardavano?) i cartoni animati» (Materi) • «Si è trovato qualche volta in imbarazzo per qualcosa andato storto durante un’esibizione? “È accaduto due volte. Una volta nel Nord Italia e un’altra volta in una regione meridionale”. Cos’è successo? “Ho chiamato sul palco uno spettatore. Doveva leggere mentalmente una frase sfogliando una rivista, e io avrei provveduto a indovinarla”. Non riuscì a indovinare la frase? “No. Entrambi i prescelti erano analfabeti: ‘Scusate, ma non sappiamo leggere’”» (Materi) • «L’innovazione ha rappresentato il filo conduttore della sua carriera. Ha scritto libri, insegnato il mestiere a tanti giovani, ideato trasmissioni in Italia e all’estero. Ma qual è stato il suo vero “marchio di fabbrica”? “Forse l’avere trasformato la prestigiazione in situation comedy, cioè una forma di spettacolo articolata sul coinvolgimento degli spettatori”» (Materi). «Credo innanzitutto d’aver dato all’immagine del mago una veste più umana e più vicina allo spettatore, che in qualche modo si sente condotto per mano nel mondo del fantastico, dove diventano apparente realtà le favole che sono dentro di lui, il tutto condito con un po’ di umorismo di taglio romanesco. Quindi il mio modo d’essere, che è poi la caratteristica dei miei spettacoli, è quello di essere indirizzato a quel pubblico “nazional-popolare”, che non è solo quello della televisione ma anche e soprattutto quello delle feste di piazza e dei teatri» • «Oggi in tv il modello del mago è cambiato: regge solo il mago-comico. Come se lo spiega? “I tempi televisivi sono ormai serratissimi. Io e Silvan avevamo anche 15 minuti per esibirci, mentre oggi al massimo te ne concedono tre: il tempo di una barzelletta, per fare da cerniera tra gli spot pubblicitari. Così noi maghi siamo spariti dal piccolo schermo. Questo ovviamente non vale solo per i maghi. Se vivessero oggi, anche mostri di bravura come Walter Chiari o Pino Caruso, che avevano nell’affabulazione i punti di forza, non riuscirebbero a esprimersi appieno”» (Materi). «Il problema non è se noi prestigiatori siamo o meno superati dalle mirabolanti possibilità della tecnologia. Ovvio che non lo siamo. Solo che il messaggio diseducativo che passa oggi ai giovani è che la realtà immediata stile reality show vince su tutto. […] Oggi la televisione iperrealista produce un pubblico di depressi. Ma immaginate voi l’abbonato tipo: uno che lavora tutto il giorno, toma a casa e trova la moglie indignata per il caro euro, la figlia di quattordici anni che lo sfida indossando una minigonna vertiginosa, la nettezza urbana da pagare. Ebbene, sfiancato dai problemi, l’abbonato accende la tele per distrarsi e ci trova le stesse identiche cose, la medesima immagine vista attraverso il buco della serratura d’un reality show perenne. Ovvio che si deprima a morte. Il piccolo schermo è una fabbrica d’emozioni. Su questo non c’è distinzione tra alto e basso, cultura sofisticata e popolare. Liala e Shakespeare sono uguali nella loro comune capacità di costruire evasioni dal quotidiano. La televisione dovrebbe ripartire proprio dalla magia e trovare nei voli fantastici d’un prestigiatore l’antidoto al terrorismo verbale e alle immagini raccapriccianti a cui siamo continuamente sottoposti» • «Essere artisti oggi. Quali consigli daresti ai giovani? “Prima di tutto studiare e prepararsi non solo in prestigiazioni, ma anche in altre arti teatrali come recitazione, canto e ballo. Poi creare un proprio personaggio e una propria immagine, non seguendo le mode ma creandole. Non lavorate alla ricerca del successo, ma per il vostro piacere e per quello del pubblico: il successo, se ve lo meritate, verrà da solo. Il successo non è un passaggio in tv. Il successo è quando il pubblico vi vuole ancora”» (Pancotti) • «Lei è in splendida forma, ma ha una certa età. Pensa mai alla morte? “Sono un uomo di fede e un cattolico praticante. Anche io saprei come moltiplicare i pani e i pesci, ma il vero miracolo lo fece Gesù. Io posso solo replicarlo con un trucco da povero, e umano, peccatore”. Che epigrafe vorrebbe sulla lapide? “Probabilmente torno!”» (Materi).