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 2021  settembre 30 Giovedì calendario

Biografia di Abu Ibrahim Al Hashimi Al Qurashi

Abu Ibrahim Al Hashimi Al Qurashi, nato a Mahlabiya (o, secondo altre fonti, a Tal Afar: entrambe località appartenenti al governatorato di Ninive, in Iraq) il 1° ottobre (o, secondo altre fonti, il 5 ottobre) 1976 (45 anni). Tra le grafie alternative, «Al Quraishi» e «Al Qurayshi»; nome anagrafico Amir Mohammed Abdul Rahman Al Mawli Al Salbi, o Amir Muhammad Said Al Salbi Al Mawla; tra i vari nomi di battaglia, Abdullah Qardash e Hajji Abdullah, terrorista. leader e cosiddetto califfo dello Stato islamico (Is, dal 31 ottobre 2019). Attualmente ricercato dalle autorità statunitensi con una taglia di 10 milioni di dollari per informazioni che conducano alla sua cattura. «O America, non gioire per la morte dello sceicco Al Baghdadi. […] Non festeggiare e non essere vanagloriosa, perché per te è arrivato colui che ti farà dimenticare quanto di brutto hai visto finora, col permesso di Allah. Penserai che ciò che lo sceicco Al Baghdadi […] ti ha fatto passare fosse la parte facile» (dal comunicato ufficiale con cui il 31 ottobre 2019 lo Stato islamico annunciò la morte di Abu Bakr Al Baghdadi e la nomina di Al Qurashi quale suo successore) • Assai scarse e spesso incerte le notizie sul suo conto. «A circa 20 miglia a ovest di Mosul si trova la cittadina di Mahlabiya, una città a maggioranza turcomanna, luogo di nascita confermato del nuovo leader dell’Isis. […] È nato a Mahlabiya […] nel 1976 da un muezzin con due mogli, che gli diedero sette figli – di cui Amir è il più giovane – e nove figlie. Suo padre servì come imam della moschea Furqan nel quartiere di Al Baath a Mosul dal 1982 al 2001. […] Il sindaco di Mahlabiya, Abdul Rahman Hassan Al Dawla, ha detto […] che Qardash [cioè, appunto, Al Qurashi – ndr] apparteneva a una nota famiglia sufi ed era sempre stato conosciuto per essere pacifico. Crede che sia stato l’aumento delle attività jihadiste nella regione a influenzare Qardash, che si trasferì a Tal Afar con suo padre da bambino per continuare la sua istruzione preparatoria e secondaria, prima di trasferirsi in seguito a Mosul per frequentare l’università. […] Qardash si è specializzato in Studi coranici ed Educazione islamica, laureandosi con lode nel 2000. Subito dopo la laurea, svolse il servizio militare per 18 mesi alla periferia di Baghdad, periodo in cui si unì ai gruppi jihadisti. Prima della caduta di Saddam, s’imbatté in Ansar Al Islam, un precedente gruppo islamista, nel Kurdistan iracheno attraverso Al Anbari [Abu Ali Al Anbari (1957/1959-2016), noto generale iracheno, anch’egli formatosi sotto il regime di Saddam Hussein e poi convertitosi all’estremismo islamico – ndr]. Ansar Al Islam, guidato da Fateh Krekar, fu oggetto di intensi bombardamenti da parte delle forze statunitensi durante l’invasione dell’Iraq nel 2003. I suoi leader sopravvissuti formarono poi Ansar Al Sunna, che spostò le sue operazioni dalle montagne del Kurdistan per combattere contro le forze statunitensi. Ben presto Al Anbari svolse un ruolo chiave nel convincere il gruppo a dichiarare la sua fedeltà ad Al Qaeda in Mesopotamia, fondata da Abu Musab Al Zarqawi nel 2004» (Feras Kilani). Quando, nel 2005, Al Qaeda fu espulsa da Tal Afar, «Qardash tornò a Mosul. A Mosul, Qardash conseguì un master in Studi islamici e scalò rapidamente i ranghi di Al Qaeda, soprattutto dopo che Zarqawi fu ucciso in un attacco aereo statunitense nel 2006 e il suo successore, Abu Omar Al Baghdadi, ebbe costituito lo Stato islamico dell’Iraq. Nel 2007, Qardash, che all’epoca era anche conosciuto come il professor Ahmad, fu nominato giudice religioso generale a Mosul, una posizione importante con responsabilità relative a molti aspetti degli affari religiosi e giudiziari. Per un breve periodo fu anche vice dell’emiro di Mosul. […] Per qualche tempo, Qardash visse e tenne spesso conferenze nella moschea Furqan di Mosul, […] la stessa moschea in cui suo padre teneva sermoni prima della sua morte nel 2001. All’inizio del 2008, le forze statunitensi fecero irruzione nella residenza di Qardash a Mosul e lo arrestarono: fu imprigionato a Camp Bucca, un importante centro di detenzione gestito dagli Stati Uniti, dove gli fu dato il numero identificativo della prigione 326175, secondo i registri della Falcons Intelligence Cell, […] un’unità di intelligence irachena. […] Contrariamente alla credenza popolare, non è a Bucca che Qardash incontrò per la prima volta Abu Bakr Al Baghdadi, poiché quest’ultimo era già stato rilasciato nel 2004, dopo un anno di detenzione [varie fonti tuttavia datano al 2004 l’inizio della detenzione di Al Qurashi a Camp Bucca – ndr]. Per mesi, Qardash fu sottoposto a intense sessioni di interrogatori da parte degli americani» (Kilani). In quel periodo, secondo documenti ufficiali pubblicati dal Centro studi sul terrorismo dell’Accademia di West Point nel settembre 2020 e successivamente rilanciati da alcuni organi d’informazione, Al Qurashi «ha “cantato”, dando indicazioni all’intelligence: struttura gerarchica della fazione, incarichi militari e amministrativi nella regione di Mosul, sistema decisionale, nomi e identità di numerosi quadri. Almeno 20 le figure identificate, compresa quella di Ustaz Ahmad, definita una figura con ampi poteri decisionali. Altri dati hanno riguardato la sua famiglia. Il Pentagono ha poi utilizzato la presunta confessione per lanciare raid, e uno di questi avrebbe portato all’uccisione di un mujahid. Sempre nei verbali il capo Isis ammette di aver gestito rapimenti, attacchi e di aver disposto numerose fustigazioni. È evidente il tentativo di indebolire l’immagine del leader dello Stato islamico, presentandolo come un collaborazionista del nemico. […] È anche vero che nel post-11 settembre diversi militanti, una volta in prigione, hanno accettato di fornire dettagli senza per questo pentirsi o cambiare campo. Lo facevano – in certi Paesi – per sopravvivere, magari come parte di un baratto» (Guido Olimpio). In ogni caso, «nel 2009, dopo che gli Stati Uniti e l’Iraq ebbero firmato l’Accordo sullo status delle forze che pose fine alla presenza militare degli Stati Uniti in Iraq, i prigionieri detenuti nelle carceri gestite dall’alleanza di occupazione furono liberati. Qardash fu rilasciato in circostanze poco chiare. […] Non appena uscito di prigione, Qardash si unì ad Al Baghdadi [Abu Bakr Al Baghdadi (1971-2019) – ndr], che aveva assunto la guida dell’organizzazione dopo l’uccisione di Abu Omar [Abu Omar Al Baghdadi (1959-2010) – ndr], e […] fu nuovamente nominato leader religioso a Ninive. Dopo il ritiro delle forze statunitensi, l’Isis si sottopose a un’importante ristrutturazione e riuscì ad attrarre molti nuovi membri» (Kilani). Ben presto gli incarichi di Al Qurashi all’interno dell’organizzazione terroristica presero ad aumentare per numero e importanza: «Qardash […] era a capo dell’apparato di sicurezza dell’Isis a Mosul. Qardash ricopriva la carica di “giudice di Stato” (equivalente al ruolo di ministro della Giustizia) e supervisionava il Diwan Al Jund (il dipartimento dei soldati), così come altre dozzine di diwan dell’Isis. […] Qardash fu incaricato di fondare un istituto per la formazione di giudici e sacerdoti nel campus dell’Al Imam Al Adham College di Mosul, allo scopo di assicurare la sostenibilità del pensiero e della dottrina alla base dell’organizzazione. […] Nell’agosto 2014, mentre stava lavorando all’espansione del suo controllo territoriale, l’Isis prese d’assalto la città di Sinjar, a ovest di Mosul, e uccise migliaia di yazidi che vi risiedevano, catturando le donne e schiavizzandole con il pretesto di far rispettare la sharia, dando così inizio a una crisi che continua ancora oggi. C’erano disaccordi tra i leader dell’Isis sulla riduzione in schiavitù delle donne yazide, ma Qardash – insieme a un gruppo di leader non iracheni più estremisti dell’organizzazione – […] era irremovibile: riteneva che tale misura fosse giustificata dai fondamenti della legge islamica e fosse stata applicata storicamente. Non vedeva nulla di male nel far rivivere la tradizione. […] Come compromesso, Al Baghdadi decise che, mentre le donne yazide sarebbero state ridotte in schiavitù, le donne cristiane non lo sarebbero state: una decisione che fu considerata una vittoria per Qardash. Tali differenze portarono presto a spaccature all’interno della stretta cerchia che circondava Al Baghdadi. […] Questi dilemmi sempre più profondi all’interno dell’Isis coincisero con l’inizio della sua sconfitta militare, esacerbata dalla perdita della metà occidentale di Mosul. Quando ciò accadde, Al Baghdadi ordinò a tutti i leader dell’organizzazione di trasferirsi al confine iracheno-siriano. […] Quando le operazioni della Coalizione iniziarono nel 2015, alcuni dei principali leader dell’organizzazione furono uccisi. […] Al Baghdadi non ebbe altra scelta che fare affidamento su Qardash, la cui vasta conoscenza in materia di religione, di sicurezza e di organizzazione lo rendeva adatto come secondo in comando. […] Ma le forze irachene non concessero all’organizzazione il tempo di cui aveva bisogno per mettere ordine nei suoi affari. […] La città di confine di Al Qaim […] fu attaccata alla fine di ottobre 2017, spingendo Al Baghdadi e altri leader, tra cui Qardash, a fuggire oltre il confine ad Abu Kamal, in Siria, dove poco dopo assistettero al colpo finale al califfato territoriale. […] Pochi mesi dopo la sconfitta finale a Baghouz, Al Baghdadi apparve in un video girato in un luogo sconosciuto, che fu poi rivelato essere la sua residenza a Idlib, e si ritiene che Qardash fosse una delle tre persone apparse nello stesso video coi volti sfocati. Il 7 agosto 2019 giunsero dall’Iraq voci secondo le quali Al Baghdadi avrebbe nominato Qardash come suo successore. La mossa fu resa pubblica per la prima volta attraverso un falso annuncio dell’Isis, probabilmente basato su un’informazione reale» (Kilani). «Il 27 ottobre 2019, in una conferenza stampa alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, annunciava ufficialmente la morte di Abu Bakr Al Baghdadi, guida del cosiddetto Stato islamico o Isis. Il leader jihadista aveva perso la vita poche ore prima nel corso di un’operazione eseguita dalle forze speciali americane in un villaggio nel Nord-ovest della Siria, a poca distanza dal confine turco. […] La morte di Baghdadi segnò il culmine di un annus horribilis per l’organizzazione jihadista: nel mese di marzo, con la caduta della cittadina siriana di Baghouz, aveva già perso l’ultimo lembo di terra sotto il suo controllo. Nel 2019 lo Stato islamico rimaneva quindi senza “califfato” (quantomeno nella sua dimensione territoriale in Siria e Iraq) e, appunto, senza “califfo”. Lo Stato islamico attese alcuni giorni per confermare la morte del leader e la sua sostituzione. Il 31 ottobre 2019, con una laconica registrazione audio, fu annunciato il nuovo “califfo”, noto soltanto con il nome di battaglia di Abu Ibrahim Al Hashimi Al Qurayshi» (Francesco Marone). «La scelta di Qardash portò a un ampio dibattito all’interno dell’Isis, che raggiunse persino i suoi membri in carcere, in particolare intorno alla sua etnia. Era di origine araba o turcomanna? La risposta determinerebbe la sua idoneità a tale ruolo, perché il “califfo” deve essere un Quraysh o discendente della Casa del Profeta Muhammad, e quindi un arabo. […] Fino al 2020, i funzionari statunitensi e iracheni credevano che il nuovo capo dell’Isis fosse un turcomanno, una rivelazione sbalorditiva che fu agevolmente usata come un’arma per minare l’integrità dell’organizzazione. […] Nell’estate del 2020, tuttavia, divenne noto che era in realtà di origine araba» (Kilani). Anche nel nome scelto, peraltro, «il riferimento più evidente è al lignaggio hascemita della tribù araba dei Quraysh, cui apparteneva il Profeta Muhammad. […] Si tratta […] di un’importante (presunta) credenziale religiosa che il nuovo leader ha voluto evidenziare inserendola […] direttamente nel proprio nome di battaglia. Sotto questo profilo, il progetto del “califfato” può quindi proseguire» (Marone). «Nei mesi successivi le autorità degli Stati Uniti e di altri Stati hanno sostenuto che dietro questo appellativo si nasconda un dirigente iracheno dell’organizzazione di lungo corso, Amir Mohammed Abdul Rahman Al Mawli Al Salbi. Sin dalla sua nomina il nuovo “califfo” Al Hashimi Al Qurayshi non è mai apparso in alcun prodotto di propaganda dello Stato islamico, […] privilegiando la sicurezza rispetto alla pubblicità. […] La minor visibilità dello Stato islamico e del suo “califfo” negli ultimi mesi non deve però trarre in inganno. L’organizzazione è ancora pericolosa» (Marone). «L’Isis e altri gruppi terroristici hanno approfittato delle disfunzioni, rimostranze popolari e battute d’arresto delle politiche di sviluppo causate dalla pandemia di Covid-19 per riconquistare posizioni sia sul terreno che nella comunicazione online. Meritano un diffuso allarme l’espansione degli affiliati dell’Isis in Africa, gli sforzi dell’organizzazione per ricostituire il proprio califfato in Siria e Iraq e le sue potenzialità di espansione in Afghanistan. È questo il succo del tredicesimo Rapporto a cura del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che fa il punto sulla minaccia per la pace e la sicurezza internazionali rappresentata in questo momento dall’Isis. […] Secondo le informazioni raccolte dai servizi di sicurezza dei sedici Paesi che fanno parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu, l’attuale leader dell’organizzazione […] “rimane riluttante a comunicare direttamente coi suoi sostenitori”, e “il sistema di comando e controllo del gruppo sugli affiliati si è allentato, anche se continua a dare indicazioni e a fornire qualche forma di sostegno finanziario”. L’autonomia dei gruppi terroristici regionali che si sono affiliati all’Isis si è rafforzata specialmente nell’Africa occidentale e nel Sahel, nell’Africa centrale e orientale, in Afghanistan e nell’Asia meridionale. Questa evoluzione è destinata ad avere un forte impatto sui futuri sviluppi dell’azione del Daesh (l’acronimo arabo con cui è nota l’organizzazione). Nonostante la forte espansione in Africa, l’organizzazione jihadista “continuerà a considerare prioritari il ricompattamento delle sue forze e il ritorno sulla scena” in Iraq e in Siria, considerati tuttora l’area che deve essere al cuore delle sue operazioni e dei suoi successi politici. […] Secondo il rapporto l’Isis potrebbe ritrovare la capacità di organizzare attacchi a livello internazionale se il suo nucleo centrale in Iraq e Siria o uno dei suoi affiliati diventassero abbastanza forti: “Man mano che diminuiscono le restrizioni imposte a causa della pandemia, si configura un’elevata minaccia a breve termine di attacchi ispirati dal Daesh lontano dalle zone di combattimento, da parte di lupi solitari o di piccoli gruppi che sono stati radicalizzati, incitati ed eventualmente diretti da lontano attraverso le reti informatiche”» (Rodolfo Casadei). Da ultimo, «con la caduta dell’Afghanistan nelle mani talebane, Al Qaida ha rubato la scena allo Stato islamico, che tuttavia mantiene un’estesa rete globale. […] Lo Stato islamico in Afghanistan, seriamente indebolito in questi anni dalle azioni dei Talebani e dell’esercito regolare afgano e dai droni Usa, ha interesse a scatenare una guerra civile per radicalizzare i musulmani sunniti, specialmente di etnia Pashtun, e reclutare nuovi militanti per riconquistare terreno. […] L’Afghanistan rischia di diventare il nuovo terreno di scontro diretto tra gli jihadisti dello Stato islamico e quelli di Al Qaida, protetti dai Talebani. […] Se lo Stato islamico troverà spazio, continuerà la sua opera di destabilizzazione in Asia centrale, ma i Paesi della Nato in ritirata da Kabul come i nuovi attori, Cina in testa, potrebbero avere la tentazione di favorire questo caos per indebolire i Talebani. Una strategia machiavellica che rischia di aprire un vaso di Pandora e scatenare conseguenze ben peggiori di quelle attuali» (Matteo Pugliese) • «Qardash è rimasto nell’ombra per anni nonostante fosse pronto da tempo ad assumere una posizione di leadership nell’organizzazione. […] Diversi funzionari dell’intelligence irachena affermano che Al Baghdadi ha tenuto Qardash lontano dal campo di battaglia con l’intenzione di proteggerlo, in modo che potesse guidare l’Isis in futuro» (Kilani) • «Si crede che abbia almeno un figlio» (Martin Chulov e Mohammed Rasool) • «Ancora più cattivo e violento del leader ucciso, stando alle testimonianze. Appare in poche immagini con il volto duro, accigliato, e lo sguardo penetrante» (Marco Ventura) • «Uno degli ideologi più influenti tra i ranghi ormai impoveriti dell’Isis» (Chulov e Rasool) • Tra i suoi soprannomi, «il professore» (per la sua erudizione in ambito teologico), «il distruttore» (per la sua ferocia) e «il fantasma» (per la sua riluttanza verso le apparizioni pubbliche) • «Qardash ha ereditato un’organizzazione stanca e fatiscente. Decine di migliaia dei suoi leader e combattenti erano stati uccisi e molti di coloro che erano sopravvissuti languivano nelle carceri di tutto l’Iraq e la Siria. […] Secondo la Falcons Intelligence Cell, Qardash sta attualmente lavorando a una nuova struttura di leadership in collaborazione con il cosiddetto “Comitato delegato”. […] Il comitato mira a ricostruire l’organizzazione secondo un insieme di tattiche che varia da un luogo all’altro, a seconda delle condizioni di sicurezza. […] Quello che resta certo è che il capitolo finale di questa sanguinosa esperienza non è ancora stato scritto» (Kilani).