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 2021  ottobre 25 Lunedì calendario

Ramen alla sbarra

Mayuka Umezawa è una donna coraggiosa. Approdata al successo in età precoce, come capita oramai molto spesso nel mondo della musica pop, cinque anni fa, all’età di 20 anni, ha abbandonato polemicamente il famosissimo gruppo locale AKB48. «Non ce la faccio più ha dichiarato durante una storica conferenza stampa questo mondo è troppo crudele, vuotovoglio una vita normale. Fatta anche di piccole emozioni, soddisfazioni, ma conquistate giorno dopo giorno. E con calma assaporate».
I media giapponesi la presero di mira per molti mesi, indagando senza grandi risultati su eventuali motivi nascosti che l’avevano indotta in quella decisione. Niente da fare, nulla di losco, di indicibile, di imbarazzante. Mayumi era pulita. E ora la lasciano stare.
Ed eccola che dopo un paio di anni riappare sui media. Questa volta come vittima di una persecuzione sui social che ha avuto il coraggio di denunciare e portare in tribunale. Ma andiamo con ordine.
Mayumi, abbandonata la scena musicale, realizza un suo vecchio sogno. Aprire un ristorante di ramen. La famosa zuppa che anche in Occidente, Italia compresa, sta diventando popolare come a suo tempo è capitato per il sushi (per chi volesse approfondire, c’ è un bel libro scritto da Stefania Viti: Il libro del ramen, pubblicato da Giraudo, in cui si spiegano tutti i segreti di questo simbolico piatto). Torna nella sua città di origine, a Yamato (vicino a Yokohama) trova il locale giusto e inizia la sua attività.
Il locale si chiama Yagumo e viene subito adocchiato dai media: c’è il precedente di Tanpopo, l’indimenticabile protagonista dell’omonimo film di Juzo Itami, il regista dei poveri, morto suicida (anche se persistono molti dubbi sulla sua fine, molti sostengono sia stato suicidato dalla malavita locale). Tanpopo è una giovane vedova che contro ogni tradizione e senza alcuna esperienza decide di mandare avanti il ristorante del marito, suscitando prima ilarità, poi invidia, infine grande rispetto dalla comunità locale. Un film epico, a tratti esilarante, una sorta di ramen western che offre uno spaccato impeccabile della società giapponese e delle forme di grande solidarietà, passione, testardaggine ma anche crudeltà che riesce ad esprimere.
Mayumi è contenta. Ce l’ha fatta. Intervistata da alcuni media mainstream racconta le difficoltà che ha incontrato, a cominciare dai fornitori che all’inizio si rifiutavano di trattare con una donna (il mondo del ramen, come quello del sushi, è ancora molto maschile) ma anche le tante soddisfazioni. I vecchi fan del gruppo che la vengono a trovare, i genitori che si riavvicinano, gli affari che vanno a gonfie vele al punto che decide di aprire una filiale, questa volta a Tokyo.
Ma poi arrivano i social. E la situazione precipita. Un famoso raota acronimo che sta per ramen otaku: i fissati del ramen va a mangiare nel suo locale, si qualifica come famoso critico gastronomico e dopo essere stato trattato male (a suo dire) scrive nel suo blog cose durissime. «Sappiamo tutti che il ramen è una istituzione, ha le sue regole ed i suoi principi, non si può improvvisare. Cosa che ha invece ha fatto questa patetica Mayumi, la cui arroganza è pari alla sua incompetenza. Un locale da evitare come la peste». 
Mayumi all’inizio non reagisce. Ma il critico è molto famoso, ha un suo seguito, e le sue parole rimbalzano sui social. Fino a diventare un’ondata inarrestabile di insulti. C’è gente che scrive direttamente a Mayumi, sul suo profilo ufficiale, intimandole di chiudere il locale. Torna fuori il suo passato, l’abbandono della carriera musicale, voci su un suo presunto legame con la malavita. I clienti cominciano a diminuire, il locale oramai è segnato. 
Mayumi alla fine decide di reagire. Si trova un avvocato e cita in giudizio per danni morali e materiali, il famoso critico. Un gesto coraggioso. In Giappone fare causa è un gesto molto serio, poco diffuso e socialmente controverso. Anche se la situazione sta cambiando molto, negli ultimi anni, prevale ancora il concetto di riservatezza: mettere in piazza i propri problemi, anche quando si tratta di rivendicare e tutelare sacrosanti diritti crea ancora molto imbarazzo e chi lo fa va incontro a molti problemi. 
E infatti anche su questa vicenda l’opinione pubblica è divisa (o almeno così sembra, a leggere le varie reazioni sui media). C’è chi appoggia e apprezza il coraggio di Mayumi, che dopo aver sfidato il mondo della musica ora denuncia l’arroganza dei critici gastronomici, e chi invece la condanna e sembra siano la maggioranza accusandola di cercare di essere sempre al centro dell’attenzione, anziché rassegnarsi all’evidenza: di essere una mediocre. 
«Chi non è riuscito a sopravvivere nel mondo della musica, difficilmente può riuscire in altri settori. C’è chi ha talento, e chi invece no. Questa ragazza è solo in cerca di pubblicità». E così via. Certo, di queste storie ce ne sono migliaia, e non solo in Giappone. Siamo tutti consapevoli del potere dei social. Nel bene e nel male. E questo caso non è certo uno dei più gravi. Ma sarà interessante vedere quale sarà la sentenza, e se, come nel già citato film Tampopo, alla fine prevarrà il coraggio e la perseveranza di una donna coraggiosa.