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 2021  ottobre 18 Lunedì calendario

Houellebecq a Torino parla del suo libro deprimente, di aeroporti e sushi


TORINO
Il nichilista Houellebecq, lo scrittore irritante, il cinico provocatore, è un ometto salito sul palco del Centro congressi del Lingotto con un piumino autunnale che ha tenuto per tutto l’incontro, per toglierselo solo al momento della standing ovation finale. Un sorriso che potrebbe essere timido se non fosse, sotto sotto, anche un po’ beffardo e una voglia di raccontare il sé scrittore piuttosto che il romanziere-sociologo visionario capace di guardare nel futuro raccontando i Gilet Jaune ante litteram o tirare un pugno in faccia all’Occidente dicendo con nonchalance che è «pienamente avviato verso il suo suicidio».
«Sto bene, sono solo un po’ stanco perché ho finito di scrivere un libro», risponde a Marco Missiroli, giudice monocratico che lo ha scelto per il Premio internazionale Mondello che gli viene consegnato qui a Torino. «È troppo complicato dire di cosa parla questo libro», sorride. «Mi manca ancora il personaggio femminile – aggiunge per non deludere troppo le aspettative – comunque sarà una storia deprimente».
All’Auditorium torinese, dove è arrivato dopo essere rimasto chiuso in albergo da sabato sera («Vano ogni tentativo di portarlo a una cena» racconta la presidente della Nave di Teseo Elisabetta Sgarbi, sua editrice), ha regalato un incontro dai toni intimi, riuscendo ancora una volta a sovvertire le previsioni di chi lo aspettava (voleva?) dissacrante, magari reazionario. Invece le centinaia di persone che si sono messe in coda per seguirlo si sono imbattute in un personaggio capace di mostrare l’ennesimo lato del suo prisma di Grande della letteratura contemporanea.
Incredibile ma vero, risponde anche alle domande del pubblico, al quale si concede senza insofferenze. A volte bluffando. Spesso glissando, come quando dalla sala gli chiedono quali sono le sue previsioni sulle elezioni francesi. «Ci sarà un ballottaggio fra Macron e un candidato del centrodestra e vincerà Macron. L’unica sorpresa è che non sarà né Le Pen né Zemmour», risponde senza avventurarsi in analisi che potrebbero rivelarsi insidiose. Della politica preferisce sottolineare il lato dello spettacolo: «Ogni volta resto affascinato davanti alla televisione quando ci sono le elezioni». Unico rimpianto, dice, non aver previsto che movimenti come Al Qaeda sarebbero ricomparsi sulla scena.
E chi avrebbe mai immaginato che lo sprezzante Houellebecq avrebbe accontentato anche la signora che gli chiede se può consigliarle un buon ristorante di sushi a Parigi. Domanda assai bizzarra, ma neppure così fuori sync con i nonsense che a volte si concede l’autore. Il ragazzo dello staff del Salone si pente di aver offerto il microfono alla spettatrice temendo di poterlo irritare. Preoccupazione inutile. L’uomo che in Serotonina ci ha regalato uno degli incipit più fulminanti descrivendo la pilloletta Captorix, emblema perfetto dei nostri tempi infelici che lottano con lo spleen, non si è scandalizzato affatto e ha regalato alla signora una sua valutazione sulle mode culinarie: «Quando ti chiedono un ristorante dove andare a mangiare tutti dicono un ristorante italiano. Quando vogliono ordinare qualcosa da mangiare a casa ordinano un sushi. Non ho mai capito perché».
Vent’anni fa, quando la vis polemica non lo aveva ancora messo al centro di dispute rimbalzate su tutti i media, cause con le associazioni islamiche, conflitti con le femministe e con la sinistra, sulla Paris Review parlava soprattutto del mestiere di scrivere e raccontava che il tempo della scrittura per lui è la notte. Ci torna anche qui a Torino: «Il giorno è per i problemi reali, invece di notte lo spirito è libero, bisogna approfittare della notte e dei sogni che si ricordano ancora». Romanziere e lettore onnivoro sin da bambino: «Leggevo già a undici anni. Leggo tanto, tanto tanto – dice – leggo molta filosofia ma ho scoperto che so scrivere romanzi. Mi attacco e mi affeziono ai personaggi, sia come lettore sia come scrittore».
All’appuntamento del Lingotto è arrivato un po’ di ritardo e l’agitazione dietro il palco ha fatto per un momento pensare a un colpo di scena. Tutti smentiti anche in questo caso. Dopo una presentazione allungata per ingannare l’attesa, lo scrittore più corteggiato da sempre dai direttori della Bookfair torinese è comparso e ha pure regalato un siparietto sulla curiosità per l’interprete che traduce le sue parole nella lingua dei segni: «Finora l’avevo visto solo in tv».
Sul palco persino una scommessa. Si sa che nei libri di Houellebecq c’è tanto sesso, lo provoca Missiroli, che si è segnato la pagina 135 delle Particelle elementari. Houellebecq fa, rapido, una contromossa: «Apro io a caso il libro e vediamo se si parla di sesso. Se vinco io pago una cena a Parigi, altrimenti no». Il caso vuole che anche lo stereotipo dell’Houellebecq ossessionato dalle scene di sesso sia sfatato. Ha ragione lui, che sogghigna divertito: in quella pagina il sesso proprio non c’è.
Il direttore del Salone del libro Nicola Lagioia è sollevato: «Lo volevamo a tutti i costi. Temevo soltanto che parlasse a monosillabi, che rispondesse sì e no. E invece…».
Parliamo delle “cattedrali” di Houellebecq, domanda Missiroli: i supermercati, le auto e l’aeroporto Charles De Gaulle. I supermercati: «Per me sono il paradiso» Le auto? «Trovo che il vocabolario specifico del mondo delle auto sia affascinante. Mi piacciono Mercedes Bmw». L’aeroporto Charles de Gaulle? «È il centro del mondo, il posto dove si vendono prodotti che non servono a niente». Alla consegna del Premio, un grazie che suona persino modesto: «Sono stupito e contento quando si leggono i miei libri».