il Fatto Quotidiano, 14 ottobre 2021
Un’intervista a Stalin del 1934
Anticipiamo stralci dell’“Intervista a Stalin” dello scrittore H. G. Wells nel 1934, da oggi in libreria con Ibis.
Le sono molto grato, signor Stalin, per aver accettato di vedermi. Di recente sono andato negli Stati Uniti dove ho conversato a lungo con il presidente Roosevelt, cercando di capire quali siano le idee che lo guidano. Ora sono qui a chiederle che cosa stia facendo lei per cambiare il mondo…
Non molto…
Da uomo comune, osservo quello che succede intorno a me.
Personalità pubbliche come lei non sono “uomini comuni”. Certo, solo la storia può mostrare quanto sia stato importante questo o quell’uomo pubblico, in ogni caso lei non osserva il mondo con gli occhi di un “uomo comune”.
Non ostento modestia. Quello che voglio dire è che cerco di vedere non come un politico, un esponente di un partito o un amministratore responsabile. La visita negli Stati Uniti mi ha fatto molto riflettere. Il vecchio mondo finanziario sta crollando, la vita economica del Paese sta riorganizzandosi su nuove linee. Lenin ha detto: “Dobbiamo imparare a fare affari, prendere lezione dai capitalisti”. Oggi i capitalisti devono prendere lezione da voi, devono cogliere lo spirito del socialismo. Mi sembra che quanto avviene negli Stati Uniti sia una profonda riorganizzazione, la creazione di un’economia pianificata cioè socialista. Lei e Roosevelt vi muovete da punti di vista diversi. Ma non c’è, tra Washington e Mosca, una relazione, un’affinità di idee?
Gli Stati Uniti perseguono un obiettivo diverso da quello che abbiamo noi, qui nell’Urss. Quello degli americani deriva dalle difficoltà economiche, dalla crisi economica. Gli americani vogliono uscire dalla crisi affidandosi alle attività del capitalismo privato, senza modificare la propria base economica. Cercano di ridurre al minimo i danni, le perdite provocate dal sistema economico esistente. Invece qui, come lei sa, al posto della vecchia base economica distrutta, ne è stata creata una nuova.
L’effetto delle idee del “New Deal” di Roosevelt è fortissimo e, secondo me, si tratta di idee socialiste. A me pare che, invece di sottolineare l’antagonismo tra i due mondi, noi dovremmo, nelle circostanze attuali, sforzarci di stabilire un linguaggio comune tra tutte le forze costruttive.
Non intendo affatto sminuire le notevoli qualità morali di Roosevelt, la sua iniziativa, il suo coraggio e la sua determinazione… Ma non appena Roosevelt, o qualsiasi altro leader del mondo borghese contemporaneo, procedesse per intraprendere qualcosa di molto serio contro le fondamenta del capitalismo, subirebbe una pesante sconfitta. Le banche, le industrie, le grandi imprese, le grandi aziende agricole non sono nelle mani di Roosevelt. Sono tutte di proprietà privata… Per questo io temo che, nonostante tutta la sua energia e le sue capacità, Roosevelt non raggiungerà l’obiettivo di cui lei parla, ammesso che sia davvero anche il suo obiettivo.
Il socialismo e l’individualismo non sono antitetici come il bianco e il nero. In mezzo ci sono varie fasi intermedie.
Non esiste e non dovrebbe esistere nessun contrasto inconciliabile tra l’individuo e il collettivo, tra gli interessi della singola persona e quelli della collettività. Non dovrebbe esserci questo contrasto perché il collettivismo, il socialismo, non nega ma coniuga gli interessi individuali e quelli del collettivo. Anzi, solo la società socialista può salvaguardare saldamente quelli individuali… Ma possiamo negare la contraddizione tra le classi, tra la classe proprietaria, la classe capitalista, e la classe lavoratrice, i proletari? Da un lato abbiamo la classe proprietaria, dall’altro la classe dei poveri e degli sfruttati.
Non concordo con questa semplicistica suddivisione dell’umanità tra ricchi e poveri… Ci sono categorie di capitalisti molto diverse: quelli che pensano solo al profitto, pensano ad arricchirsi, e quelli disposti a fare sacrifici. Certo che Ford è egoista. Ma non organizza con impegno quella produzione razionalizzata dalla quale avete imparato tanto?… A me pare di essere più di sinistra di lei, signor Stalin: io credo che il vecchio sistema sia prossimo alla fine più di quanto lei non ritenga.
Quando parlo dei capitalisti che mirano solo al profitto, ad arricchirsi, non voglio dire che queste siano persone non valide, incapaci di fare altro. Molti di loro possiedono indubbiamente capacità organizzative che non mi sogno affatto di negare. Noi sovietici abbiamo imparato tanto dai capitalisti. Lei ha citato Ford. Certo, è un capace organizzatore della produzione. Ma lei sa che atteggiamento ha verso la classe lavoratrice? Lo sa quanti operai ha sbattuto sulla strada? Il capitalista è inchiodato al profitto e nessuna forza può staccarlo da lì… Lei, signor Wells, evidentemente parte dall’assunto che tutti gli uomini sono buoni. Io, invece, non dimentico che ci sono tanti uomini malvagi. Io non credo nella bontà della borghesia.