Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  ottobre 13 Mercoledì calendario

Una clinica per curare gli schiavi dei festini

«Io mi fidavo, lui mi metteva sempre più gocce, per addormentarmi e finirsi da solo quel maledetto piattino di crack. Con il Ghb sono arrivato alla morte, sto cercando con tanto dolore di riprendermi la vita». Finalmente al sicuro in una sala della fondazione Villa Maraini, l’agenzia nazionale di Croce Rossa per le dipendenze fondata a Roma da Massimo Barra nel 1976, Giancarlo riavvolge il nastro dei suoi ultimi nove anni di vita. L’imprenditore, 46 anni, rivive i traumi, le botte, la sofferenza provocata dalle giornate intere, «anche una settimana», spese chiuso in casa in interminabili sessioni di chemsex. Sesso e droga. Un binomio che diventa inscindibile, fino a indurre l’individuo a non concepire più la sessualità senza l’uso delle sostanze stupefacenti. «In un mese incontriamo mille persone diverse – spiega Barra – ci siamo accorti negli ultimi tempi che di storie di dipendenza legate al sesso ce n’erano più che in passato e, quindi, abbiamo deciso di attivare un servizio mirato su questo mondo che è poco conosciuto».
Giancarlo è uno dei primi pazienti in cura. Ha varcato la prima volta il cancello di Villa Maraini nell’aprile scorso «per dire basta al chemsex. Un incubo – sospira – che è iniziato nel 2012, quando mi sono lasciato con la ragazza e mi sono innamorato del mio compagno. Ho iniziato a frequentare le dark room, i festini gay: non mi ero mai drogato prima». In poco tempo, il 46enne ha conosciuto la cocaina, le metanfetamine, il popper (un vasodilatatore), il crack, fino all’acido gamma-idrossibutirrico: il Ghb. La «droga dello stupro», è arrivata per ultima. «L’ho provata a un festino in casa tre anni fa – ricorda Giancarlo – alla fine sono arrivato a farmela anche da solo».
Il Ghb in medicina è impiegato per curare l’alcolismo perché “mima” gli effetti dell’alcol, come il metadone per la cura della dipendenza da eroina. Nel Nord Europa già da anni è usato a scopo pro sessuale. Non se ne parla, ma è molto diffuso anche in Italia. Nessuno lo chiama con il suo nome scientifico. Per migliaia di consumatori è semplicemente G: “Gina”.
Una sostanza inodore, insapore (vagamente tendente al salino), economica e facile da assumere. Sono sufficienti poche gocce (se è liquido) o una punta di cucchiaio (se è in polvere) in un cocktail per perdere i freni inibitori. Un abuso, spiegano i Ris di Roma, può moltiplicare l’effetto sedativo, ipnotico, fino a produrre la perdita dei sensi, l’arresto cardiaco. Una dose costa dai cinque ai 10 euro, anche se il prezzo lo fa sempre il mercato.
«Fa piombare l’individuo in uno stato sognante, di cui non ha contezza, per cui non ricorda quello che è successo – spiega Barra – è molto più diffuso di quello che l’opinione pubblica pensi».
"Gina” va sempre più di moda. È la sostanza del caso Genovese, apprezzata anche dai ballerini, dagli sportivi e dai professori universitari, come dimostra una recente operazione dei carabinieri portata a termine a Roma nel settembre scorso che è culminata con l’arresto di sei persone. In pieno confinamento il Ghb viaggiava in spalla ai finti r ider che si spostavano a bordo dei monopattini per recapitare “Gina»” negli appartamenti dell’alta borghesia tra piazza Venezia e piazza Navona. «Ti portiamo anche G, ti piacerà molto», scrivono il 13 agosto i due escort romeni a Luca Morisi, l’ex guru social di Matteo Salvini indagato per droga dalla procura di Verona. A settembre era stata arrestata l’attrice Claudia Rivelli, sorella di Ornella Muti: nella sua casa romana la polizia aveva trovato un litro di Ghb e lei si era giustificata dicendo che lo usava «per pulire l’argenteria».
Giancarlo non si stupisce. «In certi ambienti non è difficile trovarlo – osserva – nelle dark room c’è sempre qualcuno che sta li apposta: gli dai 10, 20 euro, ti da 30 gocce e fai la serata. Noi con 250 euro ne compravamo una bottiglia. Ti provoca una foga sessuale fortissima. A me ha distrutto la vita. Ero un imprenditore, ho perso tutto». Per fortuna Giancarlo ha una famiglia alle spalle «che mi capisce e mi appoggia – ripete – sto abbracciando il dolore per salvarmi».
Per lui il “G” è arrivato quando «ho iniziato a usare anche il crack. Se lo usi bene, all’inizio il Ghb è molto piacevole – confessa – ma se eccedi e ne prendi più di 30 gocce ogni ora, svieni. Sei come morto e la gente se ne approfitta». Il 46enne ha appena iniziato il suo percorso di riabilitazione. Entra tutti i giorni a Villa Maraini – il primo hub italiano per la cura del chemsex (c’è solo un’altra psicologa che privatamente organizza dei gruppi a Milano) – alle otto del mattino ed esce alle 19. Presto entrerà in comunità. L’obiettivo «è iniziare a slegare il comportamento sessuale dall’assunzione di sostanze – afferma Marco Civico, uno psicologo clinico e psicoterapeuta, volontario a Villa Maraini nel quartiere di Monteverde, vicino a Trastevere – chiediamo al paziente un periodo iniziale di astensione dal sesso per fargli elaborare i vissuti emotivi, per poi poter riprendere un’attività sessuale che contempli la persona con la sua emotività».
Certi traumi Giancarlo non li ha ancora affrontati: «Mi auguro che stando lì, svenuto, nessuno mi abbia fatto violenza – dice ricacciando indietro la commozione – Io davvero non lo so. So solo che il mio compagno mi dava più gocce, fino a farmi star male, per finirsi da solo quel maledetto piattino di crac».