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 2021  ottobre 13 Mercoledì calendario

Intervista a Matteo Bocelli, figlio di Andrea

Prima liceo. Primo giorno di scuola. Un professore fa l’appello. Arriva a Matteo Bocelli. «Qui trattiamo tutti allo stesso modo». Pro e contro del portare un cognome famoso. Il figlio di Andrea li conosce bene. Dopo il duetto sulla disneyana «Fall On Me», Matteo con «Solo» si presenta senza la voce protettrice del tenore più famoso del mondo e con in tasca un contratto con la Capitol Records, l’etichetta di Paul McCartney e Katy Perry. 
Gli hater saranno più cattivi di quel professore... 
«Sto imparando adesso a usare i social... I commenti negativi ci stanno e ti ricordano che devi dare sempre il massimo e non mollare». 
«Solo» di titolo e di fatto... 
«L’ispirazione viene da un aspetto fragile del mio carattere. La solitudine mi ha segnato. Babbo era sempre in viaggio per il mondo: ricordo la malinconia delle partenze e la gioia dei ritorni. E adesso mi rivedo in quel ruolo, in giro da solo seguendo la passione per la musica». 
Perché canta in inglese? 
«L’opera è la musica italiana nel mondo, siamo imbattibili. Nel pop è difficile e, visto che il progetto ha un respiro internazionale, ho scelto la lingua più diffusa. Nell’album che arriverà nel 2022 canterò anche in italiano». 
Come si convive con una star mondiale? 
«Per me resta il babbo, non riesco a scindere la figura pubblica anche perché lui ha avvicinato noi figli al suo mondo in modo naturale. Ho anche vissuto momenti emozionanti, incontri con star, con papa Benedetto e papa Francesco, ma ho capito la forza della musica vedendo un fan tedesco arrivato sino a casa nostra in lacrime dopo l’incontro». 
Nel testo di «Solo» parla di macchine e champagne... Fa come i rapper? 
«Nel rap usare queste immagini è segno di riscatto. Io ho un altro vissuto, più che ostentare devo fare il contrario. Nella canzone faccio un elenco di cose che vorrei condividere con una persona cui voglio far capire che dietro all’apparente bellezza di questa mia vita ci sono altre 22 ore». 
Chi ha scoperto la sua voce? 
«La leggenda dice che nonna Edi, sentendomi strillare appena nato abbia detto “ecco un altro tenore”. In realtà è stata mamma. Mi vergognavo a cantare quando ero a casa di babbo. È stata lei un giorno a dirgli “ma hai sentito Matteo cantare?”. A 15-16 anni ho cominciato a studiare. La tecnica l’ho assorbita ascoltando babbo: a volte in casa lo imito e qualcuno ci casca». 
Discussioni in famiglia per la musica da ascoltare? 
«In casa e nei viaggi in macchina si sentivano l’opera, Puccini interpretato da Corelli, e la classica, a volte Sinatra... Amo l’opera, avrei voluto anche cose meno distanti dalla mia generazione, ma non mi azzardavo a schiacciare play... Nel pop babbo all’inizio è titubante ma sa apprezzare: Ed Sheeran gliel’ho fatto conoscere io e poi ci ha duettato. Comunque è più facile che anch’io ascolti Tenco che l’ultimo arrivato in classifica». 
Gli amici non la prendono in giro? 
«Uno sceglie amici che gli assomigliano... Ho 24 anni, mi sento dentro la scintilla del bimbo, ma ho uno stile di vita da vecchio, amo abito e smoking e il sabato sera non è da sballo ma da chiacchiera al caminetto». 
Passioni extra-musica? 
«I motori. Da bambino stavo ore sotto il sole fingendo di guidare un gommone. A 18 anni come regalo ho chiesto la Mercedes dell’85 di mio nonno. Mi piace comprare rottami e sistemarli: sto lavorando a una Willis della Seconda guerra mondiale». 
Andrea partì da Sanremo, ci andrebbe in gara? 
«Ho avuto la fortuna di andarci in duetto con lui. Ero impaurito, in quelle telecamere vedevo famiglia, amici, conoscenti... Poi ho sentito una gioia incredibile. Ci vorrebbe il pezzo giusto, ma forse non me lo merito ancora».