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 2021  ottobre 13 Mercoledì calendario

Tamponi, finora sono costati 1,1 miliardi

In Italia un terzo dei tamponi antigenici rapidi, che danno l’esito entro 12-15 minuti, oggi viene effettuato dalle farmacie. Quota che è destinata ad aumentare repentinamente, spinta dalla corsa a sottoporsi ai test innescata dall’imminente entrata in vigore, dopodomani, dell’obbligo del Green pass nei luoghi di lavoro pubblici e privati. L’impennata della domanda – in alcune regioni è addirittura raddoppiata, in altre è crescita del 50%, secondo l’associazione di categoria Federfarma – ha ampliato anche la platea delle farmacie che aderiscono ai protocolli regionali per la somministrazione dei test seguiti all’intesa con il governo. A fine estate erano settemila, adesso sono novemila. E di queste, non poche, di fronte al moltiplicarsi delle prenotazioni da parte dei lavoratori che non si sono vaccinati contro il Covid, rischiano il collasso. “Perché una farmacia non è un hub, ha dei limiti sia per quanto riguarda gli spazi sia per il numero dei dipendenti – spiegano dalla Fofi, la federazione degli Ordini dei farmacisti –. E siamo già arrivati alla saturazione dell’offerta”. Ma quali sono i produttori di test antigenici che in Italia vanno per la maggiore? Si va dalla multinazionale svizzera Roche al gruppo tedesco Siemens e all’italiana DiaSorin, che ha sede a Saluggia, in provincia di Vercelli, ed è specializzata in biotecnologie. Ci sono poi Ortho Diagnostics, statunitense, e Fujirebio, che ha il proprio quartiere generale in Giappone.
Per mesi il costo dei test antigenici rapidi, che danno diritto a ottenere la certificazione verde valida per 48 ore, ha continuato a variare molto da regione a regione. Nelle farmacie del Piemonte si aggirava intorno ai 25 euro, in quelle della Liguria arrivava a 35 euro, a 26 in Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Poi, con la previsione del prezzo calmierato su tutto il territorio nazionale, è sceso a 15 euro per i maggiorenni e a 8 per i minorenni dai 12 anni in su. Molto più alto, invece, il costo di un tampone molecolare che in un laboratorio privato può raggiungere gli 80-100 euro.
Finora, dall’inizio della pandemia, solo nelle strutture pubbliche sono stati eseguiti oltre 95,4 milioni di tamponi, dei quali più di 61 milioni molecolari e più di 32 milioni di antigenici rapidi. E molto è cambiato dalla prima ondata pandemica, quando a causa della scarsità dei reagenti i prezzi erano superiori a quelli attuali anche del 60-70%. I costi per i molecolari a carico del sistema sanitario restano in ogni caso molto elevati. “Questo anche se una gara per la fornitura di grandi quantitativi può consentire di ottenere una riduzione che può raggiungere il 30%”, dice Vittorio Sambri, direttore del laboratorio di microbiologia dell’azienda sanitaria della Romagna. E va ricordato che ogni procedura di gara riguarda la fornitura di una sistema diagnostico completo, che deve comprendere sia il reagente sia la macchina per processare il tampone. Tra i principali fornitori, in questo caso, troviamo ancora una volta Roche e Diasorin. Poi altre aziende italiane come Elitech, Alifax e Techno Genetics (quest’ultima controllata però dal gruppo cinese Khb). In prima fila anche grandi società americane, da Abbott a Cepheid a Hologic.
Il costo totale per un molecolare, tenendo conto del reagente, del macchinario per processarlo (che può essere completamente automatico o richiedere azioni manuali) e delle spese per il personale, va da un minimo di 10 euro a un massimo di 40. Poi ci sono i tamponi antigenici da laboratorio, più sensibili di quelli antigenici rapidi e in grado di dare l’esito entro un’ora. In questo caso si viaggia intorno ai 10-12 euro. “In linea generale per entrambi i tamponi il costo medio oscilla sui 12-15 euro”, spiega Sambri. Stima che porta la spesa sostenuta finora dal servizio sanitario a superare gli 1,1 miliardi di euro. “Nel 2020 solo per i reagenti la nostra azienda sanitaria ha speso 18 milioni”, aggiunge Sambri, che stronca la possibilità di estendere a 72 ore la validità del Green pass rilasciato dopo il test antigenico rapido. “La considerazione è semplice – dice –. Se il certificato verde attesta che o sono vaccinato o non sono infetto, 48 ore sono il tempo giusto per un antigenico che ha una sensibilità ridotta rispetto al molecolare, visto che quest’ultimo individua l’infezione qualche giorno prima. E meno il test è sensibile e meno riusciamo a individuare la eventuale positività al virus”.