il Fatto Quotidiano, 13 ottobre 2021
Sequestrata la raffineria Eni a Gela. Acque troppo inquinate
Alta contaminazione di “manganese, benzene, mercurio” e altri “idrocarburi” nelle acque di Gela. È il verdetto dei consulenti, incaricati dalla Procura gelese guidata da Fernando Asero, di analizzare i reflui provenienti dalla raffineria e che hanno spinto i magistrati a chiedere e ottenere dal gip il sequestro preventivo degli “impianti asserviti alla bonifica della falda del sito” gestiti da Eni Rewinds Spa, società del colosso energetico Eni.
L’azienda, in passato chiamata EniChem e poi Syndial, si occupa di “progetti di bonifica e di recupero sostenibili in Italia e all’estero”, e gestisce gli impianti di trattamento delle acque reflue (Taf) all’interno della raffineria gelese. L’accusa è di omessa bonifica, perché secondo i pm la società di Eni non avrebbe rispettato il piano di risanamento dettato dal ministero dell’Ambiente per la bonifica delle acque di falda, che era stato approvato con decreto nel 2004. Per il momento, sarà un amministratore giudiziario nominato dal Gip a gestire l’impianto. Nel frattempo però continuano gli accertamenti degli inquirenti, e non è escluso che si possano cercare responsabilità anche per i dirigenti e manager della società finita sotto sequestro, che potrebbero rispondere di disastro ambientale.
L’Eni precisa che “ha sempre operato nel rispetto dei requisiti di legge, prendendo atto dei provvedimenti adottati dall’autorità giudiziaria rispetto all’impianto Taf di Gela” e “ribadisce che continuerà a interloquire con la magistratura assicurando la massima cooperazione”.
Quello di Gela è un territorio che ha subito un profondo inquinamento industriale e per questo è riconosciuto “area di elevato rischio di crisi ambientale” e “sito di interesse nazionale” (Sin). Il piano di risanamento e bonifica è stato avviato già dal 1999, ma negli anni sono molte le inchieste giudiziarie collegate all’inquinamento: a partire dai casi di malformazioni degli apparati riproduttivi dei bambini, passando per le morti sospette di alcuni dipendenti per l’esposizione all’amianto e all’impianto Clorosoda, definito il “reparto killer”. Poi c’è il processo per disastro innominato che vede imputati 22 dirigenti e amministratori della raffineria per il presunto inquinamento antecedente al 2014. Mentre in un secondo processo, la società Raffineria di Gela Spa e 5 suoi dirigenti sono imputati per inquinamento ambientale e gestione illegale di rifiuti, accusati di aver occultato tonnellate di ferro, fusti metallici e materiale edilizio.