il Fatto Quotidiano, 12 ottobre 2021
In Libano si vive senza cibo e senza luce
Dopo il buio, il fuoco. Ancora una volta un incendio ha mostrato la fatiscenza delle infrastrutture libanesi e l’incapacità della classe dirigente di far fronte ai problemi del paese. Il collasso del Libano, ex Svizzera del Medio Oriente, continua senza che il governo “tecnico” Mikati, nominato lo scorso settembre per fare le riforme richieste dalla Banca Mondiale e dagli altri creditori internazionali dopo 13 mesi di tentativi propiziati dalla Francia in accordo con l’Iran, riesca a divincolarsi dalle pressioni politiche di Hezbollah e degli altri partiti al governo.
Mentre il black out dei giorni scorsi si è temporaneamente e parzialmente risolto grazie alle riserve di gasolio in dotazione all’esercito trasferite nelle centrali rimaste all’asciutto, nel deposito di carburanti di Zahrani, utilizzato anche dall’esercito, è scoppiato un incendio. Nei serbatoi c’erano 16 mila tonnellate di carburante acquistate dall’Iraq e arrivate a fine settembre. L’Iraq ha potuto in parte donare e in parte vendere legalmente il proprio carburante, invece le cisterne mandate dall’Iran via Siria all’inizio del mese non potranno più arrivare nel Paese dei Cedri perché Teheran è sotto embargo in seguito alle sanzioni statunitensi. I camion cisterna iraniani infatti non erano potuti entrare in Libano attraverso i valichi ufficiali bensì attraverso la zona libanese settentrionale al confine con la Siria gestita da Hezbollah, il partito armato sciita creato e finanziato dal regime iraniano, che di fatto governa il Libano. I rappresentanti della società civile, riuniti nel fronte Sayedat al Jabal, hanno accusato Najib Mikati e Hezbollah di aver permesso che l’Iran violasse palesemente la sovranità nazionale. Nelle ultime manifestazioni di protesta avvenute giovedì scorso durante la visita del ministro del neo governo iraniano, i manifestanti innalzavano cartelli con la scritta: “Iran out”, l’Iran fuori. L’incendio a Zahrani è un’altra battuta d’arresto per il Libano a corto di liquidità che continua a lottare con una crisi sistemica del petrolio e del carburante che ha paralizzato la vita pubblica. L’elettricità statale è praticamente inesistente garantendo solo due o tre ore di distribuzione al giorno, le altre quattro ore di elettricità circa provengono dai generatori privati che obbligano a pagarla a prezzi esorbitanti e in continua ascesa a causa della drammatica perdita di valore della moneta libanese. Famiglie e imprese sono schiacciate dalla cosiddetta “mafia dei generatori” a cui lo Stato non riesce a imporre una politica dei prezzi meno vampiresca.
Inoltre il prezzo del carburante è andato aumentando quasi settimanalmente, poiché il governo sta lentamente abolendo i costosi sussidi per la popolazione, sei milioni di persone, che ormai per tre quarti vive in povertà. Mikati, l’uomo più ricco del Paese, magnate delle telecomunicazioni con forti agganci in Siria fin dai tempi di Assad padre, dovrebbe ora risolvere tutti i problemi strutturali per avere i soldi dei creditori. La macroeconomia non va di pari passo con la microeconomia. “Mia madre, farmacista, mi dice che riesce a mangiare due volte al giorno e così i miei fratelli, ma credo me lo dica per non farmi preoccupare. A questo punto ho cambiato strategia: le chiedo cosa ha mangiato oggi”, dice una giovane libanese che vive in Italia da anni ma preferisce non essere nominata. “Sono tutti ladri corrotti e Hezbollah è a capo di questa congrega di mostri. Non so se andrò più a votare finché l’Iran dominerà il Paese. Il ministro dell’Energia parlava con un’arroganza così volgare per tentare di lavarci il cervello che mi sono reso conto che ormai il Libano, come l’Iraq è un protettorato iraniano”, dice Ara uno studente universitario. “È colpa della corruzione endemica se siamo precipitato così in basso. Le medicine, per esempio, ora ci sono ma solo quelle salva vita hanno i prezzi calmierati, tutte le altre sono talmente costose che è impossibile per la maggior parte della gente acquistarle”, sottolinea Sarah, una contabile diabetica che ha perso il lavoro. Ad aiutare i malati ci sono i presidi ambulatoriali statali, ma per quanto riguarda il cibo non sono state create mense per i poveri. “Fino a quando Hezbollah non deporrà le armi, non dissolverà il proprio esercito, diventando un partito normale, il Libano rimarrà un paese in crisi a sovranità limitata”, sottolinea il giornalista e scrittore Saad Kiwan.