la Repubblica, 10 ottobre 2021
Intervista a Lello Arena - su "C’era una volta. La fiaba un po’ storta di un incontro incredibile" (Rizzoli)
Il rimpianto più grande di Lello Arena è quello di non aver mai visto insieme le due persone più importanti della sua vita: “Mia figlia e Massimo Troisi non sono mai stati nella stessa stanza. È una cosa impossibile, mi fa ancora una certa impressione”. Impossibile ma vera: perché ai due fondatori de La Smorfia è capitato di non passare insieme quelli che poi sarebbero stati gli ultimi anni di Troisi: una lite a bassa intensità nata quando, nel 1987, ad Arena non fu dato un ruolo in Le vie del Signore sono finite. Rimpianti e qualche rimorso che l’attore napoletano ha messo in apertura di C’era una volta, libro in uscita per Rizzoli il 12 ottobre e dedicato alla favola che ha portato alla nascita di una dei gruppi leggendari dello spettacolo e del cinema italiano.
Ci ha messo quasi trent’anni Lello Arena per mettere nero su bianco quel racconto. “In realtà non l’avrei mai scritto. Fa parte di un privato che si fa fatica a rendere pubblico. Poi però ho pensato che non volevo che questa storia restasse in altre mani, con il pericolo che a raccontarla fossero corsari, pirati”. Ed è un resoconto in cui Arena evoca forze cosmiche, imperscrutabili, qualcosa che va molto al di là del caso. “Già la mia storia personale parla tanto: mio padre torna dalla guerra e trova la sua bellissima fidanzata bionda che lo ha tradito e si è mangiata tutti i suoi soldi. Come si dice a Napoli: cornuto e mazziato. Poi vince un posto di lavoro grazie a una doppia estrazione e solo allora incontra mia madre: un incastro cinematografico”. Le stesse forze cosmiche che intanto predispongono le condizioni per far sbocciare il talento di Troisi. “Massimo era una persona fuori registro. Chiunque ha avuto a che fare con lui sin da bambino aveva solo uno scopo: renderlo felice, dargli la possibilità di esprimersi. E il nostro incontro fa parte di questa storia mitologica”.
Un incontro avvenuto nei primi anni Settanta, quando Troisi sostituisce un attore improvvisamente ammalatosi in una rappresentazione a San Giorgio a Cremano. L’inizio de La Smorfia frutto del puro caso. Poi la corsa verso il successo. “Meno male che è esistito Massimo per le nostre vite: era lievito allo stato puro. Ha sempre saputo di non avere molto tempo e ci ha messo nelle condizioni di essere attori autonomi. Ma meno male che ci siamo stati anche noi per lui. Guardate che non è facile essere Troisi e non avere la possibilità di esserlo. In che senso? Lui è sempre stato impegnato politicamente. Ma quando interveniva a scuola la gente iniziava a ridere e non la finiva più. Il nostro gruppo, il teatro, gli ha dato la possibilità di canalizzare questa sua energia senza esserne schiacciato”.
Una storia che tiene dentro anche dieci anni di convivenza. “Sì, anche a Roma dove ci trasferimmo nel 1977 non ci siamo mai fatti mancare la dimensione di basso napoletano”. Un basso che era un laboratorio permanente. “Per fortuna Massimo si svegliava tardi, regalandoci mezza giornata di normalità. Poi iniziava il gioco. Andava alla finestra, guardava fuori, chiedeva: ’Ma sono arrivati?’. E al mio ’ma chi deve arrivare?’, rispondeva serissimo: ’Ma come chi? Gli alieni! Sono arrivati gli alieni?’. E così via, per tutta la giornata e fino a notte fonda: “Si ostinava a parlarmi di notte, soprattutto durante i trasferimenti. Io dopo dieci minuti crollavo e lui dopo un’ora mi svegliava dicendo: ’Rafé, ma ti sei addormentato? E uno si addormenta così? Avvisa per lo meno’. Come se uno fosse in grado di avvisare che si sta addormentando…”.
Un racconto commovente e divertente quello di Lello Arena. Che ormai sa che deve avere a che fare anche con la conservazione della leggenda di cui ha fatto parte. “Adesso speriamo che il Comune di Napoli tenga fede agli impegni e dedichi a Massimo una parte del museo Pan. Io ed Enzo De Caro non possiamo più tenere per noi tutti i ricordi che la vita con Troisi ci ha lasciato. Devono appartenere alla città, agli italiani”. E C’era una volta è una toccante guida a quel patrimonio nazionale che va sotto il nome di Massimo Trosi.