la Repubblica, 11 ottobre 2021
Le Langhe di Cesare, che cucinava per Bocca e Arpino
Dice: «L’estremo abito sarà di legno, pino selvatico, al profumo di tartufo. Mi accompagneranno tre bottiglie di barolo Mascarello, no barrique no Berlusconi». Cesare Giaccone, 75 anni il 22 novembre, attizza, ricordando le ultime volontà, il fuoco nel camino. Egli stesso una scintilla guizzante fra realtà e irrealtà, una creatura concepita in chissà quale notte favolosa, in volo le masche, in agguato una rugiada magica, di sentinella un gatto fuoriuscito dal Paese delle meraviglie.
È un elfo, Cesare, acquattato ad Albaretto Torre, nell’Alta Langa. Al suo rifugio nel bosco si giunge passando dinanzi all’osteria dove nelle stagioni cucinò sublimemente il capretto. Attirando palati anonimi e, va da sé, di chiara fama. Qua e là: «Giorgio Bocca. Una volta leticò per tutto il pranzo con un parroco ruvido come la sua fede. Infine stringendogli la mano, riconoscendolo della sua pasta. Giovanni Arpino: mancava poco al passo d’addio, lo ricordo fra un boccone e l’altro inseparabile dalla sigaretta, l’ultima, mai l’ultima, che gli permetterà di confessare “Ho quel che ho fumato”. Gino Paoli: così ostinato a costringere il cielo in una stanza…».
Cesare offre tome, acciughe, polenta, una bottiglia di spumante indigeno, da uve Viognier. Via via imbandendo una tavola che sfarina la Malora già da Beppe Fenoglio riscattata volgendola in capolavoro: «A mezzogiorno come a cena passavano quasi sempre polenta, da insaporire strofinandola a turno contro un’acciuga che pendeva per un filo dalla travata; l’acciuga non aveva più nessuna figura d’acciuga e noi andavamo avanti a strofinare ancora qualche giorno, e chi strofinava più dell’onesto, fosse ben stata Ginotta che doveva sposarsi tra poco, Tobia lo picchiava attraverso la tavola...».
È un cuoco non “laureato”, Cesare, e dunque vocato a salire scale reali, agli altri precluse. Non vien forse naturale gemellarlo con la Françoise proustiana che «andava lei stessa ai Mercati a farsi dare i più bei quarti di lombo, di stinco di bue, di zampa di vitello, come Michelangelo che passò otto mesi nelle montagne di Carrara a scegliere i blocchi di marmo più perfetti per il monumento a Giulio II»?
Una fierezza accende Cesare. Le sue ricette (alcune) nelle stagioni inventate e re-inventate, infine accolte – e così consacrate – nella cattedrale tipografica Tallone, a ciascuna il suo carattere, la sua egregia carta, Magnani, Amalfi, Japanese. Sublime di scampi e petali di rosa canina, insalatina di trippa con cicorino e mirtilli, vivacità di fagioli borlotti… È un bazar il presepe di Cesare. Dove ogni cosa c’è. Anche una bicicletta appesa al muro. Che fu di Coppi. Che scenderebbe di sella se la si volesse scambiare per un’opera di arte contemporanea. «Vi saliva per allenarsi. La barattai con una decina di pranzi». Non meno aurei di un trofeo del Campionissimo. «È venuto a trovarmi un cliente tedesco che custodisce come una reliquia un conto di ieri l’altro, quando c’era la lira: per quattro commensali, 740 mila lire, di cui 180 mila per un barolo del ’67 e 320 mila per i tartufi».
Ottobre, novembre, i mesi del Tubero che avrebbe ispirato a Guareschi un racconto di Peppone e don Camillo. «Nel mio villaggio — ricorda Cesare, anima libera fino alla genialità – tutti votavano Dc. Uno solo il partito comunista. Un cercatore di tartufi. Un giorno, dopo avermene venduto uno, mi servì la beffa: “Te l’ho fatta grossa. L’ho trovato in una tua vigna!”». È uno chef-pittore, Cesare, un Ligabue della cucina. Gli strofinacci come tele, gli asini in volo, accuditi fino all’estremo raglio, ritratti con mano naïf. Qui troverebbe ascolto l’altro Cesare di Langa, Pavese, che, se si fosse sposato, avrebbe ricevuto in dono – glielo promise una signora torinese – l’asino col basto, un olio macchiaiolo, di Fattori.
Lo zoo di Cesare, fantastico e no. Lamenta che le pernici rosse, con l’arrivo dei fagiani, siano scomparse. Ne parlerebbe volentieri con Mario Rigoni Stern, come lui di novembre, dedicandogli un menu fra i mille: sarde alla veneziana, polenta al latte, galletto fritto con carciofi, sorbetto di melone, rotonda di Langa…