L’Economia, 11 ottobre 2021
La foresta tributaria dei 50 mila ricorsi pendenti
La legge delega sul Fisco lo ha ribadito: una delle priorità della futura riforma è il contenzioso tributario. Basta analizzare i dati per capire la portata dell’emergenza: in Italia il tempo medio per espletare il primo grado di giudizio ammonta a circa 643 giorni, mentre quello relativo al secondo grado a 1.055. Il valore complessivo delle controversie pendenti ammonta a 42 miliardi, di cui il 63% in giacenza da 2 anni. «Non si può non prendere atto — osserva Andrea Giovanardi, docente di diritto tributario all’Università di Trento — che la giustizia di merito non riesce a garantire un livello qualitativo delle decisioni, ingolfando così la Corte di Cassazione, la quale, oberata da oltre 50 mila ricorsi pendenti, non riesce a svolgere nel migliore dei modi la sua funzione». E quindi come intervenire? In che modo è possibile invertire la rotta? «Prima di tutto creando il ruolo di magistrati specializzati in materia tributaria a tempo pieno — propone Giuseppe Bernoni, già presidente dei commercialisti italiani e della Commissione tributi locali — che esercitino la loro professione in via esclusiva con obblighi di periodico aggiornamento come avviene per le categoria professionali e con compensi adeguati al delicato compito a loro affidato». Per ora quelli tributari sono giudici onorari, in numero di 2700 scelti per titoli, che non lavorano in maniera esclusiva e vengono sottopagati. «Ai giudici attualmente in vigore va tutta la nostra stima – precisa Giovanardi – anche perché lavorano in condizioni davvero difficili, ma proprio questo spiega quanto sia arduo smaltire il contenzioso tributario senza una vera riforma. Basterebbero 500 nuovi giudici a tempo pieno per invertire la rotta: un concorso per 100 posti all’anno per 5 anni. Gli attuali giudici, invece, rimarrebbero in carica, come monocratici per le cause di valore inferiore a 3 mila euro». La velocizzazione dell’attuale macchina tributaria non può più essere rinviata. «Ormai il 47% dei ricorsi — ricorda Bernoni — vengono accolti in Cassazione e l’arretrato non si smaltisce. Se non si riforma, bisognerà ricorrere a condoni e definizioni delle liti ogni tre anni. Una prospettiva inaccettabile per noi e per l’Europa».