il Fatto Quotidiano, 11 ottobre 2021
Intervista ad Alan Clark
Il pianoforte nel rock’n’roll è sempre stato visto come un intruso, eppure molte gemme sono state scritte proprio sulla tastiera. I Simple Minds – solo per fare un esempio –, sono crollati dopo la dipartita di Mick MacNeil, l’epicentro creativo. Alan Clark, tastierista e in seguito compositore e arrangiatore di molte canzoni dei Dire Straits, ha notevolmente arricchito il suono della band capitanata da Mark Knopfler, al punto di divenire l’ispiratore della collaborazione con Tina Turner – della quale è diventato direttore musicale – per Private Dancer. Clark oltre alla band di Tunnel Of Love ha collaborato con il gotha del rock, da Eric Clapton a Lou Reed, da Elton John a George Harrison e Bob Dylan. Il suo album Backstory è l’occasione per riproporre in versione unplugged su un piano Bosendorfer Romeo And Juliet e altre celebri canzoni suonate nell’arco della carriera.
Com’è nato l’amore per il suo strumento, quasi mai protagonista nel rock?
A 6 anni ho seguito lezioni di piano, ma a causa dell’insegnante detestavo lo strumento. Infatti l’ho imparato da solo e mi sono innamorato dell’organo Hammond e per 15 anni l’ho suonato con i Dire Straits.
Come è nata la sua collaborazione con la band?
Mark Knopfler ed io siamo musicalmente e umanamente in sintonia. Sono stato incluso dopo il provino e da allora sono sempre stato con loro fino alla premiazione della Rock’n’roll Hall Of Fame. Ho anche co-prodotto On Every Street, l’ultimo album. Durante il tour Brothers In Arms eravamo ormai la band più famosa al mondo, in Australia avevamo così tante date da essere quasi residenti: di giorno windsurf e di sera sul palco!
Qual è la sua canzone preferita e quella a cui ha maggiormente collaborato?
Telegraph Road è il brano con il quale ho maggiormente collaborato: l’abbiamo composta io e Mark per giorni e giorni durante i soundcheck. La mia preferita è Private Investigations perché la struttura è impregnata sul mio strumento.
È ancora in contatto con Mark Knopfler?
Non ci vediamo più spesso ma ci sentiamo ogni tanto: mi ha mandato un messaggio quando ha sentito il mio album e mi ha augurato buona fortuna. Ci tengo a dire che con lui ho spesso collaborato ai suoi dischi solisti.
Perché i Dire Straits hanno abbandonato la scena musicale?
Mark era insofferente: era tutto diventato troppo grande, una gigantesca macchina da soldi e l’anima della band si era persa. Secondo me dovevamo scioglierci dopo il Brothers In Arms Tour, il più intenso. Mark ha iniziato la carriera solista e io suonavo con la band di Eric Clapton e facevo il direttore musicale per Tina Turner.
Ecco il gancio per Private Dancer, c’è il suo zampino.
Ho ascoltato in radio da bambino River Deep Mountain High: da quel momento ho deciso che sarei stato un musicista. Private Dancer, scritta da Mark, andò al primo posto in mezzo mondo. Durante il tour con lei a Memphis abbiamo soggiornato in un hotel molto antico, il Peabody Hotel. Tina è cresciuta proprio in quella città e quando era piccola non le era permesso di entrare per il colore della sua pelle: anni dopo la trattavano in guanti bianchi!
Lei ha collaborato con Bob Dylan. È vero che ha un brutto carattere?
Al contrario, è una persona molto spontanea e creativa, giocavamo sempre a biliardo. La sua caratteristica principale è che durante la composizione di un brano ama cambiar stile musicale in continuazione. Nel mio album suono due sue canzoni.
Eric Clapton è stato il suo primo incontro col mondo del rock.
Una band fantastica, la miglior esperienza su un palco. E con lui ho avuto modo di conoscere molte star. Da George Harrison, con il quale erano grandi amici a Elton John: in Giappone mentre suonavamo, giocavamo come dei pazzi a I Spy e non riuscivamo a indovinare la parola che aveva scelto Eric. E poi Billy Joel, artefice di una memorabile jam session improvvisata per la gioia dei fans e Lou Reed, spesso ospite nelle nostre serate, persona magnetica.
E in Italia ha collaborato con Renato Zero. Che impressione le ha fatto?
Lo amo, è eccentrico. Sono stato co-autore e co-produttore di Zero settanta e Zero Il folle: è stato molto bello lavorare con lui, c’era un bel feeling con Phil Palmer e Trevor Horn, la “regia” musicale. Ho anche conosciuto Pacifico con il quale ho suonato in tre brani.
Qual è la cosa più bizzarra che gli è capitata nella sua carriera?
Ero con i Dire Straits in uno studio televisivo di Londra, dicevano che era infestato dai fantasmi ma non ci credevo ovviamente. Durante la nostra esibizione ho sentito una mano sulla spalla ma girandomi non ho visto nessuno. Poco dopo ho scoperto che la stessa cosa è successa al batterista e addirittura la mia tastiera ha continuato a suonare anche dopo aver tolto la presa di corrente! È strano e spaventoso ma è realmente accaduto, suona molto rock’n’roll.