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 2021  ottobre 10 Domenica calendario

Intervista a Domenico Fisichella

“In Fratelli d’Italia e nella destra italiana ci sono alcune reminiscenze – chiamiamole così – legate a suggestioni e nostalgie del regime fascista. Ma non credo che sia una responsabilità di Giorgia Meloni, piuttosto mi pare che questo sentimento sia nella società. In settori residuali, più che nei quadri politici”. Domenico Fisichella è uno dei grandi intellettuali della destra italiana, l’uomo che ha traghettato la cultura post-fascista fuori dalla riserva ideologica del Movimento Sociale Italiano. L’ispiratore, alle spalle di Gianfranco Fini, di una destra “moderna”. Oggi coltiva più di una riserva sui leader del centrodestra, ma le ombre nere documentate nell’inchiesta di Fanpage non sembrano turbarlo più di tanto. “A me pare che in Fratelli d’Italia prevalgano gli aspetti di discontinuità, più che gli aspetti di nostalgia. Non credo sia questo il problema del partito”.
Non le pare che candidature come quelle di Carlo Fidanza e Chiara Valcepina siano la dimostrazione che Meloni non ha mai tagliato il cordone ombelicale con il passato nero?
Mi pare che Meloni, anche nell’ultima intervista al Corriere della Sera, sia stata sufficientemente chiara sul tema. Di sicuro c’è uno spazio di malessere e inquietudine all’interno dell’elettorato. E in alcune aree, probabilmente, ci sono ancora gli echi di una storia antica. Ma è una suggestione degli elettori, non della leadership. Onestamente non ce la vedo Giorgia Meloni a organizzare le squadre delle camicie nere o a promuovere un regime a partito unico.
Quando si mette in lista Rachele Mussolini (e risulta la candidata più votata) forse vuol dire che quelle “aree” a Meloni interessano eccome.
D’accordo, la Mussolini prende 8mila voti ed è la consigliera più votata di Roma. La domanda è: come mai? Il problema sono i cittadini che l’hanno scelta. Alle elezioni precedenti mi pare che di preferenze ne avesse prese 500, stavolta le ha moltiplicate per 10 e oltre. Vorrà dire che tra gli elettori ci sono ancora delle reminiscenze di una storia nazionale, che però è certamente irripetibile. E questo Meloni lo sa.
Meloni, a differenza di Gianfranco Fini, non ha mai fatto davvero, pubblicamente, i conti con la cultura fascista.
Certo, Fini ha fatto delle scelte chiare. Poi ha commesso degli errori personali, ma questo è un altro discorso. Io però non credo il problema sia la nostalgia fascista, glielo ripeto: faccio fatica a immaginare Meloni che organizza le squadracce. Sappiamo che ci sono dei gruppuscoli nostalgici, ma non credo che la politica italiana sia orientata da loro. Mi spaventa altro.
Cosa?
Mi preoccupano le scelte di alcuni partiti a proposito dei flussi migratori, oppure della vaccinazione, sono questi i problemi reali. E non sono legati alla nostalgia fascista. Oggi qualcuno dice che non si vuole vaccinare per odio verso l’autorità, ma lo fa perché anarchico, non perché fascista. La destra matura deve essere liberale, d’accordo. Le manifestazioni di oggi contro il Green pass sono manifestazioni di anarchia, non di libertà.
Anche sul Green pass Meloni e Fratelli d’Italia hanno fatto una campagna, nella migliore delle ipotesi, ambigua.
Difatti se ci sono titubanze sotto questo aspetto, le deploro nel modo più assoluto. So bene che c’è un “cretinismo” anche a destra. I no vax sono una pura manifestazione di “cretinismo”. Se la signora Meloni dovesse indulgere nella logica di incoraggiare o accarezzare questo sentimento, sarebbe anche da parte sua una manifestazione di “cretinismo”. Non di fascismo. Il fascismo è gerarchico, non anarchico. Questi gruppi agiscono contro il sapere scientifico, nel nome dell’irrazionalità.