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 2021  ottobre 10 Domenica calendario

Biografia di Giuliano Castellino

Agli albori della sua vita violenta, «finimmo sotto processo in sette – ricorda sempre Giuliano Castellino —. Io, Danielino, Marione, Peppone, il Mortadella, il Mafia e Guglielmo il Farmacista. Mortadella, Peppone e il Mafia non ci sono più, sono morti da tempo...». Ma eravamo solo nel 1996 e Castellino era ancora alle prime armi: così fu coinvolto insieme agli altri capi ultrà della Curva Sud nell’inchiesta sui presunti ricatti della tifoseria della Roma alla società. Biglietti gratis in cambio di pace all’Olimpico. Tutti assolti. 
Ma lui oggi a 45 anni è il capo romano di Forza Nuova, il luogotenente, l’ombra di Roberto Fiore, il leader nazionale, che già un anno fa, a una manifestazione di no mask a Roma, dettò così la linea al movimento neo-fascista: «Questa battaglia per noi è strategica. A eventuali nuovi lockdown risponderemo con la disobbedienza civile e anche incivile». Come la guerriglia di ieri. «Qui non ci sono fascisti – disse Castellino dal palco dei no mask, con tutti i suoi tatuaggi e i suoi cento chili da Raging Bull — qui c’è il popolo, ci sono le famiglie, io sono qui come padre di tre figli che ha perso il lavoro durante il lockdown». Fu un abile comizio. Perché in fondo, oltre alla violenza, ad affascinarlo è sempre stata la politica. Un tempo provò a istituzionalizzarsi: dirigente nel 2013 della Destra di Francesco Storace e prima ancora sostenitore di Gianni Alemanno col movimento «Popolo di Roma». Ma dopo tanto peregrinare ha abbracciato la sua vera vocazione: la trincea e lo scontro. E così sono arrivati pure gli arresti e le condanne. Il Capodanno del 2015 passato in Questura dopo che gli trovarono un etto di cocaina e 30 petardi a casa («Erano per i botti di San Silvestro», si giustificò e fu assolto). E i 5 anni e mezzo di carcere per aver aggredito nel cimitero del Verano il 7 gennaio del 2019 due reporter de L’Espresso (i giornalisti non gli sono mai piaciuti) durante una cerimonia per i morti di Acca Larentia.
Fino ai giorni nostri, alla sorveglianza speciale, l’obbligo di soggiorno, il braccialetto elettronico e un Daspo di 5 anni inflittogli dal questore di Roma per le manifestazioni no green pass: «Per me è una medaglia, continuerò la lotta», la sua spavalda risposta. Solo una volta, Castellino ha tentennato: 26 agosto scorso, stadio Olimpico, Roma-Trabzonspor. Un fotografo lo aveva «pizzicato» sugli spalti. Ma come? Proprio lui allo stadio col green pass? «Inconcepibile – c’è scritto nel regolamento di Fn – che un forzanovista pensasse di combattere questa guerra avendo scaricato il passaporto sanitario, fingendo di fare il guerriero e mentendo ai suoi camerati». E lui, timidissimo: «Ho fatto il tampone, era negativo e sono entrato solo col certificato». La Roma nel suo destino.