Corriere della Sera, 9 ottobre 2021
Intervista al cardinale Crech
Il cardinale Grech, segretario del Sinodo che si apre domani
P erché questo Sinodo, eminenza?
«Perché nel cuore di Papa Francesco c’è il desiderio di comunicare la gioia del Vangelo a tutto il mondo. Ma il mondo è cambiato. Il Santo Padre, giustamente, dice che non esiste più la cristianità come sistema di vita. La Chiesa vuole trovare nuove vie. E lo fa riattingendo all’inizio».
La Chiesa sa di essere ormai una minoranza?
«Vede, in verità è sempre stata una minoranza, la Chiesa. Il sistema sociale nato con Costantino le ha fatto bene ma anche molto male. Da lì la Chiesa si è lasciata contaminare dalla mondanità, dal potere. Ha adottato il sistema della Corte imperiale».
Il cardinale Mario Grech, 64 anni, maltese, è stato scelto dal Papa come segretario generale del Sinodo dei vescovi. Sarà lui a guidare il percorso che Francesco aprirà domani con una messa a San Pietro, dopo aver guidato oggi la riflessione introduttiva. Sarà un Sinodo lungo due anni,«per una Chiesa sinodale», fino all’assemblea di ottobre 2023. Ora comincia la prima fase di «ascolto e consultazione del popolo di Dio» nelle diocesi del mondo. Il cardinale sorride: «Il nostro scopo è dare speranza all’uomo, non avere il consenso. La proposta del Vangelo è gratuita. La Chiesa non vuole diventare di nuovo una forza, no. Quando abbiamo potere, perdiamo tutto».
E allora di che si tratta?
«Il Papa riprende il Vaticano II e dice: ascoltiamo tutti i battezzati, andiamo al popolo di Dio che è “infallibile in credendo”. Ascoltarsi, ascoltare lo Spirito: un Sinodo sulla “sinodalità”, nel senso letterale di “camminare insieme”».
Un ritorno alle origini?
«Il primo Sinodo è stato quello di Gerusalemme. Ricordiamoci che sono partiti insieme, i Dodici e le prime comunità, e insieme hanno saputo trovare le strade. Pietro dice che i cristiani sono pellegrini in terra straniera».
«Una Chiesa stantia incomincia ad essere putrefatta», ha detto Francesco. Viene in mente ciò che diceva il cardinale Martini: «La Chiesa è rimasta indietro di duecento anni».
«Già... Se ci pensa, non stiamo dicendo nulla di nuovo: lo troviamo nei documenti del Concilio, e sono passati 60 anni! Oggi è il kairós, il momento propizio della Chiesa».
Lo scandalo abusi su minori, da ultimo in Francia, ha a che fare con la «contaminazione» del potere?
«Non lo escludo. Ma mi dà speranza il fatto che nel rapporto francese si indichi la sinodalità come uno strumento che può aiutare. Nel documento preparatorio del Sinodo, abbiamo scritto che “la Chiesa è chiamata a fare i conti con il peso di una cultura impregnata di clericalismo e di forme di esercizio dell’autorità su cui si innestano i diversi tipi di abuso: di potere, economici, di coscienza, sessuali”».
Non c’è il rischio di una riflessione chiusa?
«Fallirebbe, così. Il Papa ha raccomandato di non limitarsi al “3 o 5 per cento” di chi già frequenta. Ai vescovi abbiamo detto: la Chiesa è anche fuori, è oltre il recinto. Anche chi non pratica più, chi non crede ma è di buona volontà...».
Per la prima volta il Papa ha nominato una donna, suor Nathalie Becquart, sottosegretario del Sinodo. A parte lei, le donne non hanno ancora diritto di voto.
«Dire un sì o un no ora sarebbe un vulnus al processo sinodale. Che è un processo nel quale parlano e ascoltano tutti, uomini e donne. Mi auguro che riflettendo sulla sinodalità, la Chiesa riceverà anche la luce per dare più spazio al genio femminile».
Nel Sinodo tedesco c’è chi ha proposto il diaconato femminile, la benedizione delle coppie omosessuali…
«Io guardo il lato positivo, perché davanti alle domande, anche le più scomode, uno si mette non solo a elaborare una risposta intellettuale, che è necessaria, ma interroga lo Spirito. Questo significa che c’è una comunità ecclesiale viva che vuole interrogarsi. In questo cammino ci sono tanti aiuti, la Parola di Dio, il magistero della Chiesa, la guida di Pietro. Alla discussione seguirà il discernimento dei pastori. Se tutti restassero zitti, non avremmo motivo di cercare».