la Repubblica, 9 ottobre 2021
la New York di Peter Cameron
All’inizio della sua carriera letteraria, Peter Cameron ha pubblicato alcuni racconti sul New Yorker, che si sono distinti, oltre che per la prosa elegante e la notevole capacità introspettiva, per una sincerità cruda e piena di dolore: si trattava di storie che rivelavano un’insopprimibile urgenza di essere condivise, e nelle quali lo spasmo lasciava spesso il posto a un’ironia inaspettata e catartica. Queste caratteristiche sono presenti anche nei due romanzi che gli hanno dato il successo internazionale: Un giorno questo dolore ti sarà utile,
che già nel titolo tratto da una citazione di Ovidio ribadisce il suo approccio alla letteratura e all’esistenza, e Quella sera dorata, che in originale ha un titolo molto evocativo:
The City of Your Final Destination, la città della tua destinazione finale. In questi giorni esce per Adelphi Anno bisestile, scritto nel 1990, che conferma ulteriormente questo sguardo dolente, rassegnato e ironico.
La storia è ambientata nella New York della fine degli anni Ottanta, piena di potenza ed energia. Siamo a Soho, all’epoca il quartiere più alla moda. Il libro segue le vicende di David e Loren, una coppia sull’orlo del divorzio, che riesce a trovare un momento di complicità e autentico affetto proprio nel momento della separazione. Intorno a loro si muovono personaggi in parte legati all’epoca, come gli yuppies, e in parte ancora tipici del tessuto sociale di New York: galleristi, mercanti, artisti e uomini d’affari. «New York è uno dei luoghi che cambia sempre per non cambiare mai», racconta dalla sua casa del Vermont, «è parte del suo fascino e del suo mistero».
Quanto è cambiata in questi trent’anni?
«È ovvio che la società è diversa: bastapensare agli otto annidi Reagane ai quattro diBush padre. Di quegli anniricordo con rimpianto che c’era molta più varietà, a tutti i livelli, e tante realtà, come le librerie indipendenti, che sono state ridotte all’osso: oggi viviamo i frutti di quella svolta. Ma, per rifarmi al romanzo, racconto ristoranti e luoghi di ritrovo che sono durati sino a pochi anni fa. I cambiamentimaggiori sono avvenuti in questi ultimi due anni: esisteunaNewYorkprimaedopo del Covid. Nel giro di pochi mesi la città è stata data per spacciata e poi è diventataun modello di rinascita».
Lei è originario del New Jersey: cosa ha rappresentato New York?
«Sono cresciuto in una cittadina a soletrenta migliada New York, da dovesi vedeva l’Empire State Building: era il luogo mitico, la meta a cui aspirare, da vedere con rispetto e persinopaura. Anche in quei momenti,però,sapevochevolevo andarci il più velocemente possibile».
Come è cambiato lo scrittore in questi trent’anni?
«Credo più nello stile che nel contenuto:sonodasempre interessatoa come evolvono le relazioni trale persone ea come queste stesse persone trovano il loro postonella vita.Il romanzo venne pubblicatoin origine a puntate su una rivista, e questo mi costrinse a impararecome creare interesse,se nonsuspense.Stiamo parlandodiun librodove cisono unrapimentoe un omicidio eche insieme cerca di rivelare l’intimità dei personaggi».
Ne “L’eunuco femmina"
Germaine Greer parla del “deserto di New York": lei è d’accordo?
«Nell’affermazione c’è del vero: è l’altro lato di una medaglia, insieme al potere e all’energia che caratterizzanola città. ANew York nonseimaisoloperché sei sempre circondato dalla gente,ma poi ti accorgiche molta gente è sola: questoperò nonaccentua, ma allevia la solitudine».
Un personaggio chiede se “la Corsica e Creta sono la stessa cosa (…) un po’ come l’Olanda e i Paesi Bassi”. Ritiene che l’insularità, e di conseguenza l’ignoranza, sia uno dei maggiori problemi della società americana?
«Peranni abbiamo scontatola mancanzadiconoscenzadelmondo esteriore, ed esiste ancheun motivo geografico: il Paese è separato dal restodel mondoed ècollegato solo al Canada e al Messico, mentre gli stati europei sono vicini, ed è impossibile ignorarecosa succede nel paese accanto.Ritengo tuttavia che le cose siano molto migliorate dall’epoca del romanzo».
Il mondo dell’arte è diventato sempre più ricco e ha stretto un’alleanza con quello della moda.
«L’arte habisogno del denaro della modae quest’ultima del prestigio dell’arte. Si tratta di un matrimonio di interesse che tuttavia può dare buonifrutti, anche se spesso si ha la sensazione che l’arte sia diventata semplicementeunamercecome un’altra».
Non crede che spesso vengano privilegiate opere non immediatamente comprensibili, in modo che sia il gallerista o il mercante a poterne decretarne l’importanza e soprattutto il valore?
«Assolutamentesì: nonsi può certamentecondannarecon questo tuttal’arte contemporanea, perché esistono opere e artisti di eccellente livello, ma la tendenza è quella e crea un circolo vizioso tra galleristi, mercanti e critici».
Oscar Wilde diceva che “il cinico è una persona che conosce il prezzo di tutto e il valore di niente”.
«Oggi il cinismo è il rischio più grave che corriamo. E non solo nell’arte».