La Stampa, 9 ottobre 2021
Stomaci forti
Lo strano sarò io, ma sempre più spesso i delinquenti mi risultano più assennati degli onesti, e impiego i termini criminale e onesto in accezione non necessariamente ironica. Penso in particolare a Salvatore Buzzi, uno degli special guest dell’inchiesta Mafia capitale, nella quale la parola mafia sembrò subito di troppo e il troppo è stato poi cancellato dai giudici. Era poco più di un taccheggiatore, Buzzi, e lo si è elevato per ragioni di showbiz, anche politico, a un Al Capone cacio e pepe. E siccome ora ha deciso di darsi alla ristorazione aprendo una sorta di birreria, e vi serve dei panini chiamati il Libanese, il Dandy, il Samurai – secondo il meglio dell’anagrafe criminale romana – il meglio del moralismo s’è inalberato contro l’uso banalizzante del male a scopi di lucro. Il nostro Buzzi ha allargato le braccia: io banalizzo? Per la verità – ha detto – su di me, sul Libanese eccetera ci hanno fatto i soldi coi libri, coi film e coi giornali e nessuno ha mai avuto da lamentarsi; ora lasciatemi raccattare due euro col tramezzino. Molto assennato. Da decenni il racconto delle piovre e delle gomorre e delle suburre è una caricatura a mano armata per cui il Paese sarebbe governato dall’incontro carnale fra cosche, governi, massonerie, servizi segreti, episcopato, in un andirivieni fra fiction e cronaca separate da confini ormai incerti. In pratica un compiaciuto autosputtanamento oltremodo remunerativo per gli sputtanatori. Prendersela ora con un menù è a ridosso dell’imbarazzante: io mi limiterei ad augurarmi che i panini non siano indigesti, perché quanto a stomaco abbiamo già dato.