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 2021  ottobre 08 Venerdì calendario

Intervista a Massimo Stano

Cosimo Cito
Il dolce pianto di Sophie si sovrappone alla voce del suo papà, Massimo Stano, il campione olimpico della 20 km di marcia: «Le sto facendo il bagnetto, siamo qui a casa, a Ostia ed è bello finalmente, dopo tanto viaggiare, avere un attimo di pace».
Difficile, per un campione olimpico.
«Beh, è cambiato tutto, mi cercano tutti, interviste, tv, feste. La cosa più importante è però essere diventato un modello per i giovani. Uno per cui dire: “Voglio diventare come lui”. È la cosa più bella».
E in Puglia, nella sua Palo del Colle, è riuscito a tornare?
«Sì, non molti giorni fa, ma in incognito. Volevo un momento di tranquillità con la mia famiglia e ho indossato un cappello, barba finta e occhialoni per non essere riconosciuto in giro. Uno degli obiettivi era comunque tornare a mangiare un panzerotto fritto. La nostra specialità. Mi mancava da una vita».
L’energia alternativa dei pugliesi.
«Uno dei motivi per cui la Puglia è andata così forte a Tokyo è nel cibo, e in come noi pugliesi ci siamo sempre alimentati sin da piccoli. Scherzo, beh, ma non troppo. Un giorno tornerò a Palo per viverci, l’ho promesso a mia moglie».
A un certo punto l’abbreviazione PUG era comparsa goliardicamente nel medagliere di Tokyo: come a dire, la Puglia è una potenza mondiale.
«Uno spettacolo. L’oro del mesagnese Vito Dell’Aquila nel taekwondo il primo giorno mi ha dato una carica incredibile. La cosa più bella è stata aver fatto doppietta con Antonella Palmisano. Saremo per sempre uniti da questa ricorrenza».
Alla festa per le 20 medaglie olimpiche e le 25 paralimpiche delle Fiamme Oro, nel Salone d’onore del Coni, lei era tra i più cercati.
«Era tutto color cremisi, come le nostre divise. C’erano Jacobs, Paltrinieri, Bebe Vio. Mi sono sentito parte di una cosa enorme. Sono nella Polizia da 10 anni esatti. I gruppi sportivi militari sono il vero motore dello sport italiano».
Qual è il momento che le torna in mente pensando alla sua gara?
«L’ultimo chilometro è stato un film: ho ricevuto una proposta di squalifica e avevo due giapponesi dietro, i giudici potevano punirmi ancora per favorire gli atleti di casa e addio medaglia. Angoscia, angoscia fino ai capelli. Immaginate di marciare al meglio possibile, dover lo stesso andare veloce e temere da un momento all’altro l’apparire di un giudice con una paletta. La marcia è crudele».
Dai prossimi Mondiali addio alla 50 km, si farà la 35 sia maschile che femminile.
«Proprio ora che mi era venuto il desiderio di fare la 50. Una decisione incomprensibile, che fa a pezzi la storia. E poi, da pochi anni avevano introdotto anche la 50 km femminile e ora cancellano tutto. Esigenze televisive, dicono. Se pensiamo ai nomi che hanno vinto le 50 km olimpiche vengono i brividi. Mi allenerò anche per la 35 e se il calendario dei Mondiali lo permetterà, voglio provarci».
Lei, grazie a sua moglie, l’ex siepista Fatima Lotfi, ha abbracciato la fede musulmana: come quest’ultima si riflette nello sforzo della marcia?
«Quello che ho sempre detto è che la mente, quando è sgombra e ben disposta, può fare grandi cose.
Fatima è stata una persona decisiva nella mia vita. Come lo è la piccola Sophie. Ha appena sette mesi. A lei pensavo durante lo sforzo. A portarle quel dischetto d’oro».
Dove lo metterà?
«In banca. Ma prima voglio portarlo un altro po’ in giro».