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 2021  ottobre 07 Giovedì calendario

A lezione da Giorgio Parisi

La scrivania di Giorgio Parisi alla Sapienza non è come immaginiamo la scrivania di un fisico teorico che ha vinto il Nobel per i suoi studi sul caos. «È peggio» racconta un ex studente, Andrea Cavagna, oggi dirigente di ricerca al Cnr. «Eppure lui trova tutto in un attimo». Cavagna è sbarcato a Roma nel ’95, fresco di laurea a Milano. «Volevo fare il dottorato con il professor Parisi. Ho cambiato città apposta, anche se all’inizio mi spiazzava quel modo che hanno gli studenti romani di chiamare i docenti per nome». Lui gli affidò un problema particolarmente difficile, e gli mise a fianco un’altra dottoranda. «In due riuscivamo a capire più o meno quel che Giorgio ci spiegava». E i due, oggi, sono sposati con due figli. Lei insegna sempre alla Sapienza.Anche Federico Ricci Tersenghi ha lasciato la sua strada per seguire Parisi. «Avevo vinto un dottorato alla Normale di Pisa, ma quando ho saputo che ne avevo ottenuto anche uno a Roma con Giorgio, non ci ho pensato un attimo. E la mia vita è cambiata come in sliding doors. Non penso che avrei fatto una carriera nella fisica senza quell’esperienza». Anche Ricci Tersenghi oggi insegna nella facoltà romana.Come ha spiegato Parisi nella sua lectio magistralis il 24 maggio 2018, prima di lasciare la cattedra alla Sapienza a 70 anni, «nonostante i nostri sforzi per prevedere il futuro, lui ci sorprenderà». Nell’aula Amaldi quel giorno non c’era posto neanche per uno spillo. «È sempre stato gentile con noi studenti. Il Nobel non c’entra, gli vogliamo bene. Sulla porta del suo ufficio qualcuno aveva attaccato un biglietto con la scritta Giorgio we love you » racconta Gianmarco Perrupato, che in primavera discuterà la tesi di dottorato con un Nobel come relatore.Che il futuro sia imprevedibile, però, non è sempre vero. Gianni Battimelli, storico della scienza alla Sapienza, si immatricolò a fisica nel 1966, stesso anno di Parisi. «Circolava la battuta che se Giorgio si fosse concentrato per due mesi sullo stesso problema avrebbe vinto il Nobel. Già allora aveva l’abitudine di passare da una curiosità all’altra, scoprendo nessi che nessun altro coglieva. Al primo anno lui frequentava già i seminari di Nicola Cabibbo, riprendendolo se faceva un errore».Col futuro, poi, Parisi sembra avere un rapporto particolare. Guido Martinelli, collega alla Sapienza e membro dell’Accademia dei Lincei, lo spiega così: «Era come se avesse una sua sibilla personale che gli suggeriva dove sarebbe andato a finire un ragionamento». Ada Altieri con Parisi ha preparato la tesi di laurea e nel 2013 anche di dottorato. Da un anno insegna all’università di Parigi, e ancora si stupisce. «Per la tesi mi diede un calcolo molto complicato, e mi anticipò più o meno quale sarebbe stato il risultato. Dopo mesi di trovai il valore che aveva previsto».«La sua testa corre veloce, a volte salta dei passaggi e non sempre è facile per gli altri seguirlo», conferma Ricci Tersenghi. «Agli esami era un pezzo di pane, ma le sue lezioni erano difficili. Uno studente le definì così: sono bellissime, se solo riuscissi a capirle». Molto dipende da quell’abitudine di passare da un argomento all’altro, saltando di curiosità in curiosità. Ha costruito computer – uno, saldato a mano, è ancora nel suo studio – posto le basi per la scoperta del bosone di Higgs e anticipato i segreti dell’intelligenza artificiale. «Un giorno – racconta Martinelli – quando ero suo laureando, nonostante abbia solo 4 anni meno di lui, entrò in aula, disegnò ascisse e ordinate sulla lavagna, poi un punto e disse: è una transizione di fase. E se ne uscì di fretta come era entrato».Con il cliché del genio con la testa fra le nuvole, in realtà, Parisi a volte sembrava giocare. «A noi studenti ha sempre dato consigli concreti per muoverci nel mondo della ricerca» racconta Altieri. Poi ci sono le battaglie civili, come quella contro la scelta di affidare la prolusione dell’anno accademico a papa Benedetto XVI, nel 2008, portata avanti insieme a un gruppo di colleghi. O la lezione di fisica in piazza Montecitorio, con lavagna di ardesia, per protestare contro la riforma Gelmini.Poi, un giorno, «ci comunicò che aveva deciso di studiare i comportamenti collettivi degli stormi di uccelli. Pensammo che fosse impazzito. Invece era una delle sue nuove curiosità» racconta Battimelli. Cavagna fu scelto per montare le telecamere ad alta precisione sul tetto di Palazzo Massimo, a Roma, dove si apprezzano bene le evoluzioni degli storni. «Ricordo ancora i su e giù per le scale con l’attrezzatura in spalla» racconta. «Un giorno Giorgio si offrì di aiutarmi. Le telecamere dovevano essere montate con precisione estrema. Erano allineate usando un filo sottilissimo. C’erano paletti ovunque per segnalare di non avvicinarsi. E lui cosa fece? Stava per inciamparci, l’ho ripreso per un pelo». Il fiume di complimenti per Parisi scienziato, poi, si inaridisce quando si toccano gli argomenti del Parisi cuoco o ballerino. Anche gli amici si fanno reticenti. «Ricordo solo un dettaglio, di una cena a casa sua» si sbilancia Cavagna. «In cucina sembrava fosse esplosa una bomba».