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 2021  ottobre 07 Giovedì calendario

Quel trans che ispirò Franco Battiato

“Tutti mi credono poliglotta”, raccontava sornione Battiato. “Cavolate! Quando volo all’estero compro in aeroporto quei manuali tipo Impara il tedesco in 5 ore o Parla subito il russo. Mi concentro su poche frasi e una volta a destinazione faccio bella figura”. Si divertiva, Franco, a svelare il trucchetto. “Raggiunsi Milva a Berlino. Mi vide e sospirò: ‘Meno male, sei arrivato. Portami ad Alexanderplatz, tu che conosci la lingua!’”.
La città divisa, la neve, la suggestione della libertà di là dal Muro. Era il 1982 quando il Maestro offrì alla Pantera di Goro il capolavoro di espressionismo pop firmato con Giusto Pio e Alfredo Cohen. Ma Alexanderplatz era stata generata da un’altra canzone, cinque anni prima. Battiato e Pio ne avevano scritta la musica, sostanzialmente identica, ma il testo originale era stato dedicato da Cohen a un transessuale quindicenne con cui condivideva molte cose, compresa la casa romana in via della Pace. “Valéry” era ed è Valérie Taccarelli, ritratta da Alfredo dietro i suoi “occhiali alla Minnelli” e l’indole di una giovane cui “piace di più lavare i piatti poi startene in disparte come vera principessa”. Una coloritura intimistica distante dalla rielaborazione da Guerra fredda di Alexanderplatz, cui era stato aggiunto un ritornello da Battiato. Valérie fu entusiasta della risciacquatura nello Sprea del “suo” pezzo da parte di Milva. Un brano confluiva nell’altro: Alexanderplatz conquistò il mondo mentre Valéry, confinato in un 45 giri, non aveva avuto successo.
In quel frangente Cohen era già determinato a prendere le distanze con il passato, l’alba degli anni 70 che lui, abruzzese di Lanciano (all’anagrafe Alfredo D’Aloisio, lo pseudonimo Cohen era un tributo a Leonard) aveva vissuto a Torino, operaio per pagarsi l’università. Qui si era legato al libraio Angelo Pezzana, protagonista della fondazione del F.U.O.R.I., il Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano. Ricorda Pezzana: “Di Alfredo conservo il pensiero del soggiorno torinese, prima che si stabilisse a Roma per fare il regista e l’attore. Capivo il pericolo che avrebbe corso lì. Esagerava con il bicchiere. Era tornato a insegnare, ma da professore gay aveva poche chance”.
Anche scrivere “omosessuale” su un giornale era stato un tabù. “Per questo era nato il F.U.O.R.I.”, rievoca Pezzana. “Giangiacomo Feltrinelli aveva pubblicato il libraccio di uno psichiatra che illustrava terapie d’urto per far ‘tornare normalmente eterosessuale’ un ragazzo. Sulla Stampa comparve una recensione dal titolo L’infelice che ama l’immagine di se stesso. Era troppo. Con altri gay di Torino prememmo sul quotidiano per parlare della nostra realtà, ma il direttore Ronchey ci fece sapere che non era possibile. Ci decidemmo per uscire allo scoperto. A destra ci consideravano depravati, per la sinistra eravamo una sovrastruttura borghese. Nel Pci l’omofobia era rimasta quella di Togliatti che aveva ironizzato su Pietro Secchia, ‘La Secchia bucata’. Avremmo trovato accoglienza tra i radicali di Pannella”.
Il primo campo di battaglia del F.U.O.R.I. fu Sanremo, il 5 aprile 1972. “La definirono la Stonewall italiana, ma non ci furono tumulti come tre anni prima a New York contro polizia e mafia”, precisa Pezzana. “A Sanremo eravamo in venti, quasi tutti torinesi, a contestare le ‘teorie riparative dell’omosessualità’ di psicologi e psichiatri cattolici a convegno nel Casinò. Ma la lotta si sarebbe rivelata complessa”.
A Torino, in quel primo periodo, fece capolino Battiato. “Era venuto per conoscere Cohen, incuriosito dalle sue canzoni”, rivela Pezzana. “Tra loro c’era feeling creativo: Franco lavorò come arrangiatore e direttore artistico nell’unico album di Alfredo, Come barchette dentro un tram, interamente incentrato su tematiche gay, con copertina di Ugo Nespolo. Io ne ho curata, molto dopo, una riedizione con uno scritto di Fernanda Pivano”. In questa nuova uscita compariva pure Valéry. Ma Cohen era già fuori gioco. Morì nel 2014 in Tunisia, si disse “per cause naturali”. “Fu ucciso”, sostiene Pezzana. “Era andato ad Hammamet in vacanza, come altre volte. Trovarono il corpo in strada, senza un soldo, malgrado appena un paio di giorni prima fosse partito dall’Italia con in tasca tre mesi di anticipo sullo stipendio. Non ci fu autopsia. Se ne è andato in modo violento, il mio amico cantautore. Il mio amico poeta”.