Il Messaggero, 6 ottobre 2021
Biografia di Anna Magnani
«Avevo un tale bisogno di essere amata che facevo di tutto per farmi amare e credo d’esser diventata attrice per questo: per essere amata». A pronunciare queste parole è colei che molti definiscono la più grande attrice italiana. Ovvero Anna Magnani, la romana soprannominata Nannarella. Che la necessità di essere amata – nonché vista – abbia rappresentato una molla esistenziale, è indubbio. Insieme a una smania di riscatto, una passione di vivere che si può comprendere scavando nella sua infanzia.
LE ORIGINI
Colei che simboleggerà il neorealismo cinematografico, che vincerà l’Oscar come migliore attrice protagonista, nonché un numero infinito di premi, nasce a Roma, vicino a Porta Pia, il 7 marzo 1908. Non conoscerà mai il padre naturale. La madre Marina Magnani, sarta, affida la piccina alla propria genitrice e va ad Alessandria d’Egitto, dove sposa un ricco austriaco. Anna abita con la nonna materna, cinque zie e uno zio. Viene fatta studiare, poi frequenta il Conservatorio di Santa Cecilia. Cerca di recuperare il rapporto con la mamma andando a trovarla in Egitto, ma gli esiti sono deludenti. Si fa intanto strada in lei la volontà di affermarsi nella recitazione: nel ’27 frequenta insieme a Paolo Stoppa la scuola di arte drammatica Eleonora Duse, futura Accademia. La dirige Silvio D’Amico, che rimane colpito da quella «ragazzina piccola, mora, con gli occhi espressivi», non bella ma carismatica. Inizia a lavorare in diverse compagnie, quindi nella rivista, dove interpreterà con Totò una serie di spettacoli di successo. L’esordio cinematografico avviene ne La cieca di Sorrento del 1934; l’anno successivo la Magnani sposa il regista Goffredo Alessandrini, da cui si separerà nel ’40. Gira molti film, ma la svolta arriva nel ’41, quando Vittorio de Sica le propone un ruolo importante in Teresa Venerdì; poi impersona la verduraia di Campo de’ Fiori con Aldo Fabrizi e lavora in altri film. Nel frattempo, ha dall’attore Massimo Serato il figlio Luca. Serato la lascia; il bambino prenderà in seguito il cognome della madre. Per l’Italia sono anni drammatici: gli americani sbarcano in Sicilia, Roma viene bombardata, dopo l’armistizio dell’8 settembre la penisola è divisa in due, devastata dall’occupazione tedesca.
IL SUCCESSO
Il 45 sancisce non solo la fine del conflitto, ma l’affermazione a livello internazionale della Magnani. Interpreta il film di Roberto Rossellini Roma città aperta, per il quale vince il primo Nastro d’argento (ne otterrà altri quattro negli anni). La scena nella quale corre dietro al camion dove il marito è tenuto prigioniero dei nazisti e viene uccisa da una sventagliata di mitra, ispirata alla storia di Teresa Gullace, rimane una pietra miliare del cinema. Anche nel privato ci sono cambiamenti: la Magnani si lega a Rossellini, tuttavia il rapporto è reso tempestoso dalla sua gelosia. I litigi sono all’ordine del giorno, tanto che De Sica dirà in un’intervista: «Ma perché tutto questo? Perché Anna aveva bisogno di dare, dare, dare. E riteneva di non riuscire a dare mai abbastanza e di non ricevere mai abbastanza». Un bisogno, quello di dare, che le è rimasto incollato dall’infanzia, forse per compensare l’amore non ricevuto. Le sue storie sentimentali, però, non sono mai felici. Qualche anno dopo, Rossellini la abbandona per Ingrid Bergman: fa molto parlare il fatto che, mentre lui gira il film Stromboli con l’attrice svedese nell’isoletta omonima, la Magnani lavora in Vulcano lì vicino. Del 47 è L’onorevole Angelina diretto da Zampa, del ’51 Bellissima di Luchino Visconti: l’attualità della madre che vuole imporre la figlia bambina sulle scene è impressionante. Poco dopo arriva Camicie rosse, dove lei interpreta Anita Garibaldi. Al tempo stesso, continua a recitare in teatro. Infine, la consacrazione definitiva con l’Oscar (il primo a un’attrice non di madrelingua inglese) il 21 marzo 1956, per il film La rosa tatuata di Tennessee Williams. Anna non si è recata alla cerimonia, ma viene subissata dai telegrammi di congratulazioni.
LE TRASFERTE
Continuerà ad avere proposte per film americani, che accetta facendo grande fatica a lasciare Roma e la casa del Circeo. Si accumulano premi e riconoscimenti di ogni genere. Vince il secondo David per Nella città l’inferno, ambientato in un carcere; mentre non accetta di interpretare La ciociara, per cui la parte va a Sofia Loren. Nel ’62 gira Mamma Roma con Pasolini, quindi prosegue con film americani e con il teatro (La lupa di Giovanni Verga, diretta da Zeffirelli; Medea di Jean Anouilh, diretta da Menotti). All’inizio degli anni 70 lavora con la televisione; un’ultima volta appare in Roma di Federico Fellini. Muore per un tumore il 26 settembre 1973 in clinica a Roma, e viene sepolta a San Felice Circeo. Infiniti sono i tributi che le vengono rivolti: definita da Jean Renoir «la quintessenza dell’Italia», vera, passionale, intensa, eccessiva, coraggiosa, carismatica, sofferta, difficile, ha detto una volta: «La vita è fatta di sbagli e di ferite». Nessuno più di lei, emblema della città di Roma e delle sue complessità, poteva capirlo.