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 2021  ottobre 06 Mercoledì calendario

I sei Nobel per la Fisica italiani

Tutte le strade del Nobel (per la fisica) portano a Roma. In particolare, conducono a una viuzza che sale e scende tra Santa Maria Maggiore e i Mercati di Traiano. Perché anche Giorgio Parisi è tutto sommato un nipote di quei “Ragazzi di Via Panisperna” entrati ormai nell’immaginario collettivo. La palazzina al numero civico 90a alla fine degli anni Venti ospitava l’Istituto di fisica e divenne una fucina di Nobel. Nel 1926 il 25enne Enrico Fermi vi ottenne la prima cattedra italiana di fisica teorica e si circondò di talenti ancor più giovani: Franco Rasetti, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo, oltre al chimico Oscar D’Agostino. Non c’è dipartimento di fisica che oggi non esponga la foto in bianco e nero di quel gruppo di scienziati in maniche di camicia. Perché è lì che ha origine l’eccellenza della scuola italiana di fisica moderna, che porta fino al Nobel di Parisi.
Fermi fu insignito del premio nel 1938, per aver scoperto, con i suoi “ragazzi”, i neutroni lenti e la fissione nucleare (compresa in realtà solo qualche mese dopo). Nel 1959 fu la volta di Emilio Segrè per la scoperta dell’antiprotone. E c’è chi è convinto un Nobel lo avrebbe vinto anche un altro dei ragazzi di Via Panisperna, se solo non si fosse estraniato da quel gruppo, da quella foto e dal mondo intero: Ettore Majorana, scomparso in circostanze misteriose nel marzo del 1938.
C’è, tra quei giovani fisici, chi non vince il Nobel né sparisce: anzi, decide di rimanere in Italia, anche quando le leggi razziali e la Seconda guerra mondiale portano il gruppo alla diaspora: Fermi e Segrè negli Usa, Rasetti in Canada, Pontecorvo in Russia. Amaldi resta in Italia e ricostruisce sulle macerie la fisica nazionale. Una delle sue creature, l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) ha appena celebrato il settantesimo compleanno: Amaldi lo immagina come il centro di ricerca che deve proseguire gli studi dei ragazzi di Via Panisperna. Negli anni sarebbero così stati costruiti i primi acceleratori di particelle, nei laboratori Infn di Frascati, e i Laboratori nazionali del Gran Sasso, scavati nel cuore della montagna abruzzese. Ma c’è il tocco decisivo di Amaldi anche nella nascita del più grande laboratorio di alte energie del mondo: il Cern di Ginevra. È proprio dai tunnel sotterranei scavati al confine tra Svizzera e Francia che nel 1984 arriva un nuovo Nobel alla fisica italiana: lo vince Carlo Rubbia per aver scoperto due particelle portartici della forza elettrodebole, una delle quattro interazioni fondamentali della natura, insieme a gravitazione, elettromagnetismo e forza nucleare forte. Ancora il Cern fa da scenario per un Nobel “indirettamente” italiano. Nel 2012 due esperimenti paralleli rivelano il passaggio del bosone di Higgs: a guidare i due team sono Guido Tonelli e Fabiola Gianotti. L’anno successivo il Nobel andrà ai fisici teorici che negli anni Sessanta avevano ipotizzato l’esistenza della particella fantasma: Peter Higgs e François Englert. La Gianotti diventa la prima donna a essere nominata direttore generale del Cern e la prima persona a essere riconfermata per un secondo mandato. Prima di lei, alla guida del laboratorio europeo lo stesso Amaldi, Rubbia e Luciano Maiani: 5 mandati su 16, a conferma di quanto la fisica italiana sia apprezzata a livello internazionale. Eccellenza di cui uno dei massimi esponenti è stato Nicola Cabibbo, maestro di Parisi e presidente dell’Infn dal 1985 al 1993.
Ma può essere ricondotta ad Amaldi anche l’ultima grande scoperta da Nobel cui hanno dato un contributo fondamentale i fisici italiani: le onde gravitazionali. Fu grazie a lui che, a partire dagli anni Settanta, una piccola pattuglia di ricercatori dell’Infn si specializzò nella caccia alle vibrazioni dello spazio- tempo previste da Einstein: decenni dopo, nelle campagne di Siena sarebbe sorto Virgo, l’interferometro laser che raccoglie dati in simbiosi con i due laboratori americani Virgo. Per questo decine di fisici italiani hanno firmato le pubblicazioni che nel 2017 sono valse il Nobel a Kip Thorne, Barry Barish e Rainer Weiss. Ora è la volta di Giorgio Parisi: Via Panisperna ha portato a Stoccolma anche lui.