6 ottobre 2021
Biografia di Giorgio Parisi
Patrizia Caraveo, Il Sole 24 Ore
Due settimane fa Giorgio Parisi era stato incluso nella Hall of Citation Laureates, un gruppo di scienziati i cui articoli hanno ricevuto un numero di citazioni eccezionalmente alto a riprova dello straordinario interesse della loro ricerca, degna del premio Nobel.
A riprova di questa affermazione, il sito della Clarivate Citation Laureates, nell’annunciare la breve lista dei nomi aggiunti nel 2021, dove, per la fisica, compariva Parisi insieme ad altri due ricercatori, informava che dei 376 scienziati inclusi nella selezionatissima lista, 59 avevano poi ricevuto il premio Nobel. Una probabilità su sei, abbastanza alta per alzare il livello di attenzione, ma abbastanza bassa per tenere a bada l’entusiasmo. Parisi, intervistato da tutti i giornali, si era detto onorato, ma aveva elegantemente dribblato le domande sulla possibilità di vincere il Nobel.
Tuttavia, chi aveva sostenuto che fosse l’anticamera del premio può dire di avere avuto ragione perché il Nobel Committee ha conferito il premio per la Fisica a Giorgio Parisi insieme a Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann per i loro importantissimi contributi alla comprensione dei sistemi complessi.
I premiati hanno lavorato in campi diversi. Giorgio Parisi, che riceverà metà del premio, viene riconosciuto per la scoperta dell’interazione tra il disordine e le fluttuazioni nei sistemi fisici dalla scala atomica alle evoluzioni degli storni nei cieli di Roma. L’altra metà sarà divisa tra Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann per i loro lavori sulla modellizzazione fisica del clima. È un Nobel al disordine e alla sua importanza in tutti i campi: dalla fisica alla biologia, dalla matematica all’intelligenza artificiale, dalla scienza dei materiali alla climatologia.
In effetti, a partire dagli anni ’80 Giorgio Parisi ha scoperto l’importanza delle strutture nascoste in materiali complessi senza una struttura ben definita. Ha trovato un certo grado di ordine in una distribuzione all’apparenza caotica tipica del vetro e di alcune leghe metalliche. Le sue scoperte costituiscono un contributo fondamentale alla teoria dei sistemi complessi, ma non esauriscono gli interessi e l’attività di Parisi che è stato un entusiasta e molto apprezzato professore di fisica teorica e di teorie quantistiche all’Istituto di Fisica dell’Università La Sapienza dove al balcone, che ha ospitato innumerevoli cartelloni di proteste studentesche, oggi hanno appeso una lenzuolata di congratulazioni. It’s coming Rome, hanno scritto gli studenti facendo eco allo slogan degli europei di calcio. Un successo che riempie d’orgoglio la fisica italiana, a riprova che la memoria di una grande tradizione non si è persa con il passare del tempo e la mancanza di adeguati finanziamenti.
In effetti, è tutta la ricerca italiana che si congratula con Giorgio Parisi che, dopo oltre mezzo secolo, porta il Nobel in Italia grazie a ricerche svolte in Italia. L’ultimo esempio era stato Giulio Natta con il Nobel per la chimica nel 1963. In questo lasso di tempo altri scienziati italiani hanno ricevuto il premio Nobel per scoperte fatte lavorando all’estero. Parliamo di Renato Dulbecco, Franco Modigliani, Rita Levi Montalcini, Riccardo Giacconi, Mario Capecchi che hanno svolto le loro ricerche negli Stati Uniti e di Carlo Rubbia che ha lavorato al Cern del quale è poi stato Direttore Generale, prima di essere nominato senatore a vita. Non dobbiamo dimenticare altri due premi genuinamente italiani vinti per la letteratura da Eugenio Montale e da Dario Fo.
Ho già fatto le mie congratulazione personali a Giorgio con il quale ho l’onore di fare parte del Gruppo 2003 per la ricerca scientifica, un gruppo che raccoglie gli scienziati italiani con un grande numero di citazioni nella letteratura mondiale. Anche se solo lui è entrato nella esclusiva lista dei Laureates, fare parte dello stesso club mi ha permesso di apprezzare le qualità umane di Giorgio che non si è mai chiuso nella torre d’avorio della fisica teorica, ma ha sempre accettato il confronto sui temi di maggiore attualità. Non è un caso che, come presidente dell’Accademia dei Lincei, si sia occupato in prima persona della matematica dietro alle previsioni della pandemia e abbia promosso un documento sul cambiamento climatico. Sempre in prima fila per sollecitare attenzione (e finanziamenti) per la ricerca fondamentale per evitare che l’Italia perda i cervelli che le sue Università formano così bene, Giorgio è una persona positiva e ricca di humour. Oltre alla fisica ama il ballo, salsa e sirtaki sono la sua specialità. Se volete vederlo ballare, visitate la sua pagina Facebook. Quanti altri premi Nobel ammetterebbero di avere una doppia vita come ballerini?
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Elena Dusi, la Repubblica
È questo il caos che ha sempre studiato? «In effetti ci assomiglia molto» sorride Giorgio Parisi, tirato per la giacca da colleghi e giornalisti, nella giornata più disordinata e più bella della sua vita, tra brindisi, telefonate e complimenti in quell’Accademia dei Lincei di cui è vicepresidente. «Ma mettere ordine nel caos è sempre stata la passione della mia vita, e l’oggetto delle mie ricerche».
Bella giornata per la scienza?
«Ce n’era bisogno. In fondo è grazie alla scienza e ai vaccini se oggi possiamo festeggiare insieme. Spero che il premio sia un segnale in controtendenza per la ricerca italiana. Oggi sono troppi i giovani costretti a lavorare all’estero».
Come mai lei invece è restato sempre in Italia?
«Ho sempre avuto voglia di restare e sono stato fortunato. Qui ho avuto mentori e colleghi straordinari».
Ha scritto articoli scientifici incomprensibili ai più, ma anche favole per i bambini. Come mai?
«Erano per i miei due figli, oggi le leggo al nipotino, che ha 4 anni».
Lei sostiene che la scienza vada insegnata dall’asilo. Trasmette già qualcosa a suo nipote?
«Lui è appassionato di dinosauri.
Dice che da grande vuole fare il dinosauro. Ma credo che, se la scienza oggi è in difficoltà, sia anche colpa della mancata diffusione della sua cultura. Per questo credo che andrebbe insegnata ai bambini fin da piccoli, ovviamente in modo semplice. Non possiamo stupirci se le persone non si fidano dei vaccini a Rna, dal momento che nessuno si è preoccupato di spiegargli cos’è».
I No vax la preoccupano?
«Parliamo di una percentuale piccola di persone, si fermerà al 10-15%, ma ci fa capire che abbiamo un problema. Un secolo fa si pensava che la scienza avrebbe reso migliore il nostro futuro. Oggi questa fiducia non c’è più.
Dubitiamo che le nostre condizioni miglioreranno e, consciamente o no, diamo la colpa alla scienza. È vero che la nostra situazione è critica su molti fronti, ma per uscirne abbiamo bisogno di più scienza, non di meno scienza. Questo è particolarmente vero per il cambiamento climatico, che dovrebbe vedere un impegno maggiore anche da parte dell’Italia».
Cosa accadrebbe se la scienza sfiorisse?
«Viviamo in una società intrisa di tecnologia, ma dimentichiamo che la tecnologia si basa sulla scienza.
Prosciugando quest’ultima, si fermerà anche la prima. Oppure resterà appannaggio di quei pochi Paesi che continuano a investire in conoscenza. C’è un libro di Marco D’Eramo che si intitola “Lo sciamano in elicottero”. Descrive uno stregone dell’Asia centrale che pratica la magia, ma questo non gli impedisce di usare l’elicottero per spostarsi.
Credo che oggi ci sia uno scollamento tra gli strumenti che usiamo e la conoscenza che ne abbiamo. Questo fa assomigliare la scienza a una pseudo-magia.
Ricorda la situazione degli antichi romani, che hanno preso in prestito la tecnologia greca senza assorbirne la cultura scientifica».
Lei usa molto Facebook. Non
pensa che anche i social abbiano la loro colpa?
«Mi ha colpito molto un libro di Nate Silver, lo statistico del New York Times , autore di molte previsioni accurate sulle elezioni americane.
Lui racconta che le tesi di Lutero non avrebbero mai avuto un’eco così profonda, se non avessero coinciso con l’invenzione della stampa.
Anche oggi ci troviamo in un’epoca in cui l’informazione sta vivendo un’enorme fase di espansione, grazie a internet. Ma resta frammentata in mille schegge e crea delle nicchie che finiscono per radicalizzarsi e scontrarsi fra loro.
Per risolvere il problema dovremmo imparare a scegliere le fonti qualificate e capire come si forma il consenso scientifico. Non è un singolo studio, o il parere di un singolo esperto, a contare. È piuttosto l’aggregazione di una serie di evidenze che si assommano l’una all’altra e creano un consenso».
A proposito di consenso. Fra i suoi numerosi studi ci sono gli stormi di uccelli. Ha cercato di capire chi determina la rotta del gruppo. Ha a che fare con quel che avviene anche nella società?
«Nello stormo non c’è un capo che comanda gli altri a bacchetta. È l’interazione tra i vari individui che determina la rotta del gruppo.
Questo mi ha sempre colpito perché dimostra che i movimenti collettivi siano la sommatoria di tante storie individuali. Abbiamo osservato che quando un certo numero di individui al centro decide di virare, i vicini lo seguono. Se il cambio di rotta coinvolge il 20-30% degli uccelli, tutto lo stormo finisce per seguire. Ma ci sono anche tentativi abortiti di virata. A volte il gruppo non segue gli individui che prendono l’iniziativa. Tutto questo avviene rapidamente, nel giro di pochi secondi, ed è imprevedibile».