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 2021  ottobre 05 Martedì calendario

La geografia del riformismo

Il voto per le amministrative di oltre 12 milioni di italiani premia i moderati e punisce ciò che resta dei sovranisti-populisti, disegnando un Paese che, soprattutto nelle grandi aree urbane, rispecchia sul territorio l’approccio pragmatico al governo che si impone dopo la pandemia.
Il successo dei moderati ha soprattutto i colori del centrosinistra perché è il Pd di Enrico Letta che ha presentato candidati capaci di essere inclusivi e aperti al cambiamento, interpretando la stagione della ripartenza dopo la pandemia. A Bologna, Napoli e Milano la netta vittoria al primo turno è il frutto di tale scelta ed offre al centrosinistra altrettante novità su cui costruire nei prossimi mesi: Lepore rappresenta un modello di vasta coalizione, Manfredi interpreta la voglia di riscatto dal malgoverno e Sala incarna la volontà di portare l’ambiente in cima all’agenda. Ma attenzione perché non è tutto: l’onda moderata spiega anche a Torino un ballottaggio fra due candidati – Lo Russo di centrosinistra e Damilano di centrodestra – in grado di contendersi qualsiasi tassello della città, come anche a Roma l’affermazione di Gualtieri e anche il buon risultato di Carlo Calenda. Senza contare in Calabria il successo di un centrodestra targato Forza Italia. A perdere invece è ciò che resta dello schieramento populista-sovranista che cinque anni fa conquistò con i grillini Roma e Torino, e tre anni fa vinse in maniera schiacciante le elezioni politiche generando il governo gialloverde. Il M5S esce severamente battuto quasi ovunque perché la sua ricetta della decrescita felice ha impoverito le città che ha governato, peggiorando la qualità della vita dei cittadini a cominciare dalle periferie che voleva premiare. E il centrodestra a trazione sovranista, guidato dal tandem Salvini-Meloni, viene umiliato a Milano – storica roccaforte nel Nord – affrontando ora un delicato ballottaggio a Roma in una cornice di risultati, da Napoli in su, talmente deboli da descrivere la diserzione di ampia parte del proprio elettorato tradizionale. A ben vedere l’unica vera sorpresa del centrodestra è Damilano a Torino, un candidato scelto da Giorgetti e interprete di una versione moderata del centrodestra che è l’esatto opposto di chi nella Lega come in Fratelli d’Italia si batte contro il Green Pass, flirta con i No Vax, sogna la rinascita etnico-nazionale, ostacola l’integrazione dei migranti ed ha nei propri ranghi individui che si richiamano al peggio della nostra storia nazionale.
Se è vero che la politica nasce dal territorio, possono esserci pochi dubbi sul fatto che nell’Italia che ha sofferto per la pandemia ciò che prevale è la volontà di ripartire con l’economia e dunque l’apprezzamento per la buona amministrazione, la competenza dei candidati, il pragmatismo dei programmi.
E più in generale la volontà di mettere da parte populismo e sovranismo ovvero le forme più viscerali ed ideologiche di protesta contro le istituzioni della democrazia rappresentativa che ancora albergano nelle frange più estreme di centrodestra e grillini. È lo spartiacque del Covid-19, con i suoi quasi 130 mila morti e profondi danni all’economia, ad aver cambiato le priorità dei cittadini: creando attorno alle iniziative del governo Draghi per la vaccinazione e per la ripresa un consenso vasto, che attraversa i differenti schieramenti. Ma i tempi della politica sono diventati assai veloci e le legittime attese degli elettori nei confronti della ripresa devono imporre un senso di urgenza sui risultati da ottenere sul territorio come sulle riforme da realizzare a livello nazionale per riuscire a migliorare la qualità della vita dei cittadini. Perdere questa opportunità significherebbe regalare a populisti e sovranisti una seconda chance.