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 2021  ottobre 05 Martedì calendario

Il risveglio dei vulcani

Che la Terra si stia svegliando improvvisamente? Questo ci si domanda notando che ci sono alcuni vulcani in attività “anomala” contemporaneamente in diversi paesi: Vulcano alle isole Eolie, l’Etna (che non ha mai smesso di eruttare da mesi), vulcani islandesi e indonesiani, ma soprattutto il Cumbre Vieja (La Palma) alle isole Canarie.In realtà tutto dipende dal caso e non c’è nulla di anomalo: sono circa 500 i vulcani attualmente attivi al mondo, per tacere dei circa 64.000 km di vulcani sottomarini (una volta e mezza la circonferenza della Terra) costantemente in eruzione da milioni di anni e cui non facciamo caso solo perché avvengono sotto 4000 metri di acqua marina. Il vulcanismo è uno dei maggiori architetti del pianeta Terra: senza eruzioni non avremmo avuto i continenti e nemmeno la gran parte dell’acqua che beviamo. E i vulcani hanno indirizzato e indirizzano la storia dei sapiens, soprattutto cambiando il clima e fornendo terreni fertili, foreste e materiali da costruzione all’umanità.Il sistema di vulcani sottomarini prima citato, ha almeno un luogo dove affiora in superficie, l’Islanda, unico luogo al mondo dove si può osservare la divaricazione dell’oceano Atlantico che separa la placca nordamericana da quella europea, tanto che gli islandesi della parte orientale dell’isola si separano da quelli della parte occidentale di un paio di centimetri all’anno. In Islanda le eruzioni sono proverbiali, le ultime della primavera scorsa rimandano a Il Signore degli Anelli e agli sconvolgimenti di Mordor, ma le ceneri emesse possono bloccare il traffico aereo di un intero continente (2010) e i veleni del vulcano Laki, nel 1783, inquinarono uomini, animali e suoli per mesi. Si balla, quando si vive sotto il vulcano.Il Cumbre Vieja è un sorvegliato speciale: le ultime eruzioni alle Canarie risalgono a mezzo secolo fa, ma diversi studi avevano messo in luce un doppio pericolo, da un lato la possibilità di frane catastrofiche, nel momento in cui la camera magmatica si dovesse svuotare in modo significativo, dall’altro la possibilità che un fenomeno del genere scateni tsunami di proporzioni bibliche. Si è stimato che una frana della montagna potrebbe alzare fronti d’onda di decine di metri, non paragonabili a nessuno degli tsunami osservati recentemente al mondo (2004 Indonesia e 2011 Giappone). Fronti d’onda che potrebbero attraversare l’oceano e arrivare addirittura in Florida ancora potenti oltre venti metri. Al momento il vulcano mette in scena un grande spettacolo arrivando fino nelle acque dell’oceano e sviluppando gas, anche potenzialmente nocivi, che costringono ad evacuazioni parziali. Nessuno, però, può dire di non averne conosciuto in anticipo le potenzialità distruttive o di esserne sorpreso: vivere sotto un vulcano non è come vivere altrove.E lo dovremmo sapere bene in Italia, dove, invece, continuiamo ad ignorarlo, come accade all’isola di Vulcano, oggi interessata da attività anomala nelle fumarole della parte sommitale. Non siamo in presenza di un’eruzione, ma il rischio vulcanico sull’isola è comunque elevatissimo, anche se non si registrassero queste anomalie. L’isola del dio del fuoco dei romani era uno dei due soli vulcani attivi del mondo antico prima dell’eruzione del Vesuvio del 79. Qui le eruzioni possono essere esplosive e molto violente e distruggere lo stesso cono da cui si sviluppano e nei periodi di quiete fra un’eruzione e l’altra si può formare una specie di “tappo” di lava che ostruisce il condotto e può portare a un aumento notevole dell’esplosività dell’eruzione successiva, costringendo i gas all’accumulo senza sfogo. Proprio quanto sta accadendo dall’ultima crisi eruttiva del 1888-90, momento in cui, a causa delle esplosioni, andarono in frantumi le finestre a Lipari e ceneri bianche ricoprirono le Eolie. Però pare che a Vulcano nessuno si sia accorto che qui non si dovrebbe costruire nemmeno un muretto, visto che l’isola è stata oggetto della più spietata speculazione edilizia del Mediterraneo: da sei ettari occupati da costruzioni nel 1954 a 193 ettari nel 2007. Una vera follia. In un posto pericoloso come pochi altri.Al contrario, l’Etna, che è in eruzione da mesi, non è un vulcano ad altissimo rischio, perché le eruzioni, anche se più frequenti, sono calme e caratterizzate da colate fluide di basalto e avvengono in zone ben studiate e relativamente meno popolate. Inoltre, in assenza di vere e proprie esplosioni, si ha tutto il tempo necessario per evacuare la zona ed evitare danni almeno alle popolazioni. Qualche volta, però l’Etna è capace di sorprendere, come nel 1699, quando le sue lave raggiunsero perfino Catania, dando una nuova forma a quel pezzo di costa. La colata stravolse il versante sud-orientale del vulcano, che anche a quei tempi era il più popolato. Un fiume di fuoco lungo oltre 15 chilometri che in 122 giorni rese sterile oltre 38 chilometri quadrati di territorio, seppellì 16 centri abitati e infine raggiunse Catania e la distrusse in parte. La lava scavalcò le mura di cinta della città e, dopo aver travolto la parte sud occidentale, raggiunse il mare. Quando l’eruzione cessò, il vulcano aveva emesso quasi un miliardo di metri cubi di lava: un’imperiosa manifestazione di potenza.Merapi e Sinabung, in Indonesia, sono in attività dalla primavera, altri vulcani indonesiani dall’anno passato, mentre non si dovrebbero dimenticare le clamorose eruzioni del secolo XIX, soprattutto Tambora e Krakatoa. Eruzioni esplosive che hanno cambiato o addirittura fatto la storia dei sapiens. Se dovessero domandarvi cosa lega l’invenzione della bicicletta alle migrazioni verso gli Stati Uniti dalle isole britanniche, il congresso di Vienna a Frankenstein e i tramonti di Turner alla scomparsa dell’estate nel 1816, dovreste avere una sola risposta: l’eruzione del vulcano Tambora nell’aprile del 1815. Quell’eruzione scaraventò in atmosfera 1.700.000 tonnellate di ceneri, scorie e lapilli, la cui frazione più leggera fece rapidamente il giro del mondo e scatenò un breve ma pronunciato cambiamento climatico, catalizzando precipitazioni copiose, abbassando le temperature dell’atmosfera e inibendo la stagione estiva. Così il terreno di battaglia di Waterloo divenne un pantano, neutralizzando la cavalleria leggera di Napoleone e indirizzando diversamente il Congresso di Vienna, le piogge costrinsero in casa Mary Shelley, che così scrisse un capolavoro, in cui i fulmini danno vita alla creatura, e fradiciarono i raccolti di patate in Irlanda, spingendo consistenti flussi migratori verso gli Usa e portando alla macellazione dei cavalli, per rimediare alla quale si pensò alla bicicletta. E la polvere vulcanica persistette per anni, inducendo un rosso straordinariamente cupo nei tramonti dipinti da William Turner a partire da quegli anni. Tutto grazie a un vulcano. —