Robinson, 2 ottobre 2021
Tutto sulle formiche
Contatti ravvicinati lunghi una vita «trascorsa a studiare questi insetti fantastici». Fin da piccolo e ancor prima di diventare il decano della mirmecologia mondiale, Edward O. Wilson, autore di questo Storie dal mondo delle formiche ( Raffaello Cortina Editore), le osserva implacabilmente. Nel giardino dietro casa e in Nuova Guinea, nel deserto e in altissima quota, nel sottobosco o sulle chiome degli alberi della foresta pluviale.
Le formiche proliferano ovunque, «viaggiano da autostoppiste»: le disseminiamo involontariamente noi stessi, bipedi giganti, quando coltiviamo la terra o ci spostiamo armati di merci, idee e bagagli. Sono oltre 15 mila le specie conosciute, milioni di miliardi di esemplari viventi. Pesano tra uno e dieci milligrammi l’una, «un milionesimo di un uomo» e strisciano intrepide sulla faccia del pianeta da 150 milioni di anni: nell’era mesozoica, le “infernali” coesistevano con i dinosauri. Altro che quella matricola dell’homo sapiens.
Miscelando indagini scientifiche e racconti picareschi, esperienze autobiografiche e parallelismi epifanici, il libro, scritto con stile saldo e mai iniziatico, corredato dalle illustrazioni di Kristen Orr, disvela un universo in miniatura ma formidabile per operosità, cooperazione, impegno e divisione pseudo-tayloristica del lavoro. Onore all’ingegno, allo stacanovismo di questi minuscoli costruttori di «società in grado di rivaleggiare con le nostre per forma e varietà».
Sfogliandolo, tenderemo a rinegoziare certi pregiudizi atavici. «Non trasmettono malattie e possono contribuire a eliminare altri insetti che invece leportano – annota Wilson – Una colonia intera di formiche potrebbe stare nelle nostre mani chiuse a coppa. Noi dovremmo fargli paura, non il contrario». Non sempre, certo: come scopriremo proseguendo nella lettura, la loro eusocialità, coniugata a un senso di istintiva struggle for life, può assumere tinte ciniche e bare. O iniettate di ferocia: pensiamo alle atroci “formiche bulldog” della famiglia Myrmecia, assai intolleranti nei nostri confronti. Idem le “tagliafoglie”, accessoriate di «dentelli sclerotizzati affilati come coltelli, capaci di tagliare praticamente ogni materiale».Le più aggressive del creato, sostiene Wilson, sono però le Camponotus femoratus, «molto comuni nei boschi». Temibilissime inoltre per la flora e la fauna le “legionarie” ( nomen omen) e le “formiche di fuoco”, letali, potenzialmente, finanche per la genìa umana. Invasive, “imperialistiche”: in passato hanno provocato non pochi danni, regionali e internazionali. Formiche, razza guerrafondaia.
«Lo sterminio è l’obiettivo della maggior parte degli scontri e, di regola, le colonie più grandi sconfiggono le più piccole. I conflitti fanno sembrare una piccola cosa battaglie come quella di Waterloo». Ma a immolarsi sul campo sono soprattutto le femmine anziane, non i giovani. «Quando invecchiano, le formiche adulte incominciano a svolgere compiti sempre più rischiosi. Qui la logica darwiniana è evidente» spiega lo scienziato e divulgatore americano. Eppure alla base c’è una società matriarcale. Tutte le formiche attive socialmente sono di sesso femminile, e detengono un potere assoluto. «In confronto i maschi adulti sono esseri patetici. Certo hanno le ali, sanno volare, sono provvisti di grandi occhi e genitali voluminosi; ma il loro cervello è piccolo. I maschi non lavorano per la regina madre né per le sorelle e hanno un unico scopo nella vita: fecondare, nei voli nuziali, le regine vergini provenienti da altre colonie. Insomma, sono “spermatozoi volanti”».
Memento: le formiche non amano le smancerie, vanno dritte al punto, non onorano nemmeno i propri morti, anzi… E comunicano solo attraverso il gusto e l’olfatto, per mezzo dei feromoni. Una babele di «proto- frasi» e «occhiate olfattive». Codici cifrati: «l’odore di una singola formica è come il viso di una persona o l’uniforme che potrebbe indossare». Decriptarli sarebbe un po’ come «scoprire la stele di Rosetta». Edward O. Wilson, fondatore della sociobiologia e già vincitore di due Pulitzer per la saggistica, ci prova da ottant’anni, «scrupolosamente documentati da morsi, punture e annaffiature di acido formico».