Il Messaggero, 3 ottobre 2021
Il manuale sul galateo contemporaneo di Elisa Motterle
Niente di più inattuale delle buone maniere, in un mondo che sembra deragliare ogni giorno di più verso la maleducazione, praticando l’insulto come forma di autoaffermazione, l’aggressività come modo di interazione, l’egocentrismo come status sociale di massa. Eppure, le buone maniere salveranno il mondo, assicura Elisa Motterle, l’ex giornalista di moda, esperta di marketing e diplomata alla Protocol Academy di Londra e al British Butler Institute, che dell’etichetta e del galateo ha fatto un’impresa, dispensando corsi e consulenze su misura.
FORCHETTA E COLTELLOVolete imporvi nella vita? Volete distinguervi e avere successo? Sappiate che le buone maniere e la gentilezza sono meglio di un capo firmato. E la gentilezza vuol dire tante cose: saper rispondere a un biglietto di auguri, destreggiarsi con forchetta e coltello, stare a tavola con grazia, senza masticare a bocca aperta, risucchiare la minestra, pulirsi i denti col dito, soffiarsi il naso nel tovagliolo.
Volendo andare oltre i rudimenti di base, se organizzate una cena imparate a assegnare i posti, con l’ospite più importante alla destra della padrona di casa, tenendo lontani mariti e moglie perché la conversazione ferva fra i commensali, e evitando di augurare buon appetito prima di iniziare a mangiare. Anche oggi, infatti, come ai tempi antichi, si presume che ci si sieda a tavola per convivialità, e non per soddisfare un bisogno fisiologico come la fame.
Sul lavoro sarete impeccabili in ogni occasione: nel primo colloquio, evitando di farvi accompagnare da parenti e affini, o di ruminare chewing gum, o di compulsare il telefonino; nelle riunioni coi colleghi, bandendo tacchi a spillo, gonne attillate, scollature vertiginose se siete donne, e se siete uomini pantaloni zumpafosso e camicie con le maniche corte (esistono solo alle Hawaii e nei telefilm polizieschi, avverte l’autrice).
Oltre l’aspetto indumentario, passando alla prossemica il bon ton conisglia di evitare stravaccamenti inguinali, gambe accavallate in modo procace, e di tenere a bada il contatto visivo. Ogni Paese, certo, ha i suoi costumi. Per russi e bulgari, per esempio guardare l’interlocutore fisso negli occhi equivale a dar prova di carattere, come ubriacarsi per gli anglosassoni. Per i giapponesi invece è una scortesia gravissima, come stringere l’indice e il pollice in un cerchio, che per noi è segno di accordo, mentre per loro equivale al nostro dito medio alzato, orrendo gesto invalso ormai senza ritegno. In generale però, nelle buone maniere, è facile conformarsi a una media cautelare.
LA CONCISIONEE la prova che l’esperta del terzo millennio non abbia nostalgia per il tempo che fu, non voglia riproporre usi vetusti, ma guardi al presente e soprattutto al futuro del tipo in gamba che, sguarnito di modelli e privilegi, intenda farsi strada nella vita, sta nel fatto che estende il galateo a campi inesplorati come la posta elettronica, le riunioni in remoto, l’uso dei social, il corteggiamento online.
Così se il buon senso raccomanda concisione, chiarezza e risposte in 24-48 ore per le e-mail, e suggerisce per le video call di adottare sfondi neutri, foto curate, e rinunciare a mangiare mentre si è collegati, la cavalleria riaffiora nei social e nel siti di incontri online, adattandosi all’identità di genere e alla fluidità dell’orientamento sessuale, con esempi per tutte le situazioni.
IL FRIENDZONINGPosto che la scelta della piattaforma rappresenta di per sé una dichiarazione di intenti (sveltina, relazione extraconiugale, impegno a lungo termine), il bon ton dunque raccomanda di non postare foto con pose imbarazzanti, di non taggare altre persone senza permesso, di presentarsi in modo specifico, di non avventurarsi a scatola chiusa con uno sconosciuto. Altro consiglio, evitare al primo incontro di pagare alla romana, indice universale di disinteresse, che equivale a un immediato friendzoning, e in caso di lieto fine, dopo la prima notte, ricordare sempre il ruolo di ospite, quando svegliarsi insieme diventa un’abitudine, lasciando al padrone di casa la libertà di concedere i suoi spazi.