Il Sole 24 Ore, 3 ottobre 2021
I fallimenti della medicina contro l’Alzheimer
Le opinioni circa le cause biologiche e sociologiche delle malattie mentali, e quindi della cosidetta Malattia di Alzheimer (cosidetta perché in realtà è una sindrome, cioè ha più concause) negli ultimi decenni sono passate da un estremo all’altro. La presidente dell’Associazione degli psichiatri degli Stati Uniti Vivien Pender ha ammonito che si deve essere più attenti al contesto in cui sorgono le malattie mentali e a come l’ambiente condizioni lo stile di vita e lo stato di salute («The Lancet» 398,1021-1022,2021). Circa la malattia di Alzheimer, dall’inizio degli anni ’90 la ricerca si è concentrata invece su tau e betamiloidi, ignorando il complesso di cause che la preparano e determinano, di regola a partire già dall’età di mezzo (40-65 anni).Han Yu, docente di divulgazione scientifica all’Università del Kansas, racconta che, cinque anni fa, quando iniziò a lavorare al libro, non s’aspettava le controversie, esagerazioni, ambivalenze, confusioni, e truffe in pubblicazioni accademiche, che hanno inquinato la ricerca della tragica malattia. Han Yu traccia la storia di un fallimento senza precedenti della medicina moderna. Negli ultimi trent’anni la ricerca ha cercato di far sparire betamiloidi e tau dal cervello dei dementi. Società farmaceutiche vi hanno investito miliardi di dollari, per niente. Betamiloidi e tau s’eliminano, ma ciò non migliora i disturbi e la progressione della demenza. Un esempio recente di problemi e conflitti della ricerca. La mattina del 7 giugno 2021 la Federal Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ha comunicato che l’anticorpo Aducanumab (Aduhelm in commercio) della società Biogen è ammesso per curare l’Alzheimer. Era stato ritirato nel 2019 dopo risultati deludenti. È riproposto dopo un riesame che dimostrerebbe un modesto rallentamento della progressione dei disturbi. La Biogen fornirà nuovi dati entro il 2030. Serviranno a poco, perché non saranno a doppio cieco. Alle ore 15 dello stesso giorno la rivista Science ha deplorato la decisione del FDA, presa contro il parere della commissione consultiva (dieci no, un astenuto).Secondo Joseph Ross, della Yale School of Medicine, la decisione avrà conseguenze «mostruose» per la credibilità dell’FDA e per la sanità pubblica. C’è da temere che una marea di medicamenti analoghi con effetti dubbi invaderà il mercato, ostacolando ricerche in altre direzioni («Science» 372,1141,2021). La cura con Aduhelm costa circa 50mila dollari l’anno. Le assicurazioni hanno dichiarato che non assumeranno costi di una terapia non sufficientemente provata.La tecnica di visualizzazione del cervello ha confermato ciò che Alois Alzheimer sospettava nel 1911: le betamiloidi, proteine di scarto fra i neuroni, e i filamenti dentro i neuroni (tau), da lui per primo descritti, non potevano essere la causa della demenza. Alzheimer descrive autopsie di pazienti con demenze gravi senza betamiloidi e tau, e persone morte con mente lucida con betamiloidi e tau, anche in gran quantità. Nei pazienti dementi l’estensione delle betamiloidi, quando presenti, non è proporzionale alla gravità dei disturbi, contraddicendo la legge della patologia, che la gravità di disturbi dipende dall’estensione e penetranza della lesione che li causa. Alzheimer raccomandava grande cautela. La visualizzazione del cervello conferma la sua intuizione: dopo i 45 anni la presenza di betamiloidi e tau nel cervello è frequente, senza disturbi e senza anticipare necessariamente la demenza («Alz.& Dem.»14,1663-1679,2018). Diagnosi cosidette precoci delle betamiloidi nel cervello sono quindi inutili.Han Yu passa in rassegna anche ipotesi che hanno avuto vita breve: la «cell hypothese» che considera la patologia delle cellule nervose un tumore maligno; infezioni virali e batteriche, con raccomandazione di vaccinazioni senza indicare gli antigeni; prioni (la più piccola particella infettiva, costituita da una proteina); pesticidi; polluzione; insonnia. Tutte senza riscontri. La teoria delle betamiloidi e tau, riproposta nel 1992, fu accettata con favore: ogni anno furono pubblicati più di mille lavori, con molta conoscenza ma senza risultati pratici. Oggi è difficile trovarne uno. L’ipotesi delle betamiloidi divenne un’ortodossia talmente caparbia, ha scritto nel 2014 Zaven Khachaturian, direttore della rivista «Alzheimer’s and Dementia», da essere accettata non per evidenza, ma per fede. Oggi si corrobora l’antica opinione che la condizione del cervello dipenda, in primo luogo, dalla circolazione del sangue. Una malattia cerebrovascolare è un reperto neuropatologico frequente in persone con demenza(«Brain» 136,2697-2706,2013). In California, negli ultimi 20 anni, le malattie cardiovascolari sono dimezzate, e di tanto sono diminuiti i casi di demenza. Bevande alcoliche in eccesso, nicotina, tutte le droghe, predispongono alla demenza perché danneggiano le cellule del cervello. Pericolosi sono il diabete e l’obesità dall’età di mezzo e la depressione («Alzh.& Dem». 17,1383-1390, 2021). Particolarmente insidiosa è l’ipertensione arteriosa, che può insorgere senza disturbi all’età di mezzo e manifestarsi solo dopo anni («Alzh.& Dem.» 17,1342-1352,2021). Da qui la raccomandazione di controllare la pressione arteriosa dopo i 45 anni, saltuariamente ma regolarmente anche se normale. Con i dispositivi in circolazione si può fare a casa.I fattori predisponenti agiscono a lungo prima che la demenza si manifesti, per cui sono dementi prevalentemente persone in età avanzata. La diagnosi è clinica. Non c’è esame paraclinico che la confermi o smentisca. Lo stile di vita sano è la migliore prevenzione. Negli Stati Uniti si stanno allestendo, su iniziativa federale, centri polispecialistici per orientare la popolazione e assistere gli ammalati e i loro familiari («The Lancet» 398,1021,2021). Non c’è terapia specifica, c’è solo contro malattie concomitanti e concausali. Il libro informa di una sindrome con aspetti tremendi che, al ritmo attuale, nel 2030 colpirà 130milioni, e nel 2050 150milioni di persone. Non c’è tempo da perdere.