Il Sole 24 Ore, 3 ottobre 2021
Le avventure della libraia Belle da Costa Greene
Alexandra Lapierre ha dedicato un’avvincente biografia romanzata a Belle da Costa Greene, straordinaria protagonista della vita culturale americana del Novecento, direttrice della favolosa biblioteca del magnate John Pierpont Morgan e arbitra assoluta del mercato del libro antico nel suo tempo. Una donna che celava però un inconfessabile “segreto”. Benché apparisse bianca, Belle da Costa Greene era in realtà afroamericana e fece di tutto per nascondere le proprie origini, arrivando addirittura ad attribuirsi il falso cognome portoghese di «da Costa» che meglio pareva “abbinarsi” al suo incarnato scuro. Ma perché arrivò a tanto? Semplice, perché nell’America razzista della prima metà del Novecento una donna nera non avrebbe mai potuto fare il suo lavoro e conseguire il suo successo. Quel “camuffamento” le permise di essere libera, vivere amori importanti, coltivare frequentazioni altolocate e percepire stipendi da favola. Con unico cruccio: non riuscì mai a risolvere la drammatica contraddizione dell’origine afroamericana con la scelta di appartenere alla società che umiliava il suo popolo.
Belle era nata in una famiglia dell’élite nera di Washington, i Greener, un clan di persone colte (avvocati, musicisti, letterati) trasferitosi a New York attorno al 1900 per vivere in un quartiere di bianchi e frequentare scuole per bianchi. Per facilitare l’“inserimento”, la mamma Geneviève Greener aveva giurato il falso davanti a un notaio dichiarando di essere madre di «Belle da Costa Greene». La pelle bianca e il cognome “aggiustato” permisero a Belle di frequentare università come Princeton e coltivare la sua insaziabile passione per i libri antichi, diventando presto un’autorità in materia. A Princeton, Belle incontrò Junius Morgan, erudito bibliofilo ma soprattutto assistente dello zio, il magnate e collezionista John Pierpont Morgan. Costui stava facendo costruire a New York la sede della sua leggendaria Library e Belle aveva accompagnato Junius a una riunione operativa. A un certo punto, inaspettatamente, a Belle venne chiesto un parere su come costruire gli scaffali. E Belle colpì tutti per la competenza espressa nella risposta. John Pierpont Morgan – che aveva già designato il direttore della biblioteca – offrì il posto di bibliotecaria a quella brillantissima giovane di soli 26 anni (ma lei ne dichiarava 22). Il 31 dicembre 1905 Belle da Costa Greene venne assunta con una paga di 75 dollari al mese. E cominciarono subito le dicerie. Da dove spuntava quella avvenente bibliotecaria? Da che ambiente proveniva? Chi erano i suoi genitori? E poiché Belle glissava sempre su questi argomenti, molti sospettarono che fosse figlia naturale di Morgan.
Il «Capo» usava la biblioteca come quartier generale: qui riceveva Rockefeller, Frick, Astor, la famiglia e gli amici. E anche le amanti. Fu in questo contesto che Belle (quasi sempre presente) conquistò l’intera cerchia del magnate con il suo fascino e la sua competenza.
Quando a Londra venne messa in vendita la spettacolare biblioteca di Lord Amherst, Belle venne incaricata di presenziare all’asta. Ma poteva una ragazza nubile attraversare da sola l’oceano? «Porterò mia madre» fu la pronta risposta. Così, per la prima volta, due donne nere viaggiarono in prima classe su un transatlantico di lusso e a Londra presero alloggio al Claridge’s, l’albergo delle teste coronate. Nessuna donna nera aveva mai varcato quei portoni.
La missione inglese fu un successo. Belle rientrò a New York con tesori librari di prim’ordine e venne a sapere che in città stava soggiornando uno dei suoi “miti”: lo storico dell’arte Bernard Berenson. Belle volle conoscerlo e galeotto fu l’incontro. Berenson (BB per gli amici) era un pozzo di scienza e di fascino, ma anche lui aveva molte cose da nascondere: non tanto la moglie Mary (una femminista di larghe vendute, soprattutto in tema di coppie aperte) quanto le sue oscure origini di ebreo lituano, l’imbarazzante povertà del padre e un cognome inventato (quello vero era Valvrojenski). Il colpo di fulmine arrivò tuttavia fuori tempo massimo: Berenson dovette rientrare in Europa, e Belle – fremente d’amore – lo tempestò di lettere finché nel 1910 John Pierpont Morgan non le concesse nuovamente di tornare nel Vecchio Continente. Avrebbe rivisto il suo BB! Incredibilmente fu Mary, la moglie di Berenson (al corrente della tresca) a favorire questo secondo incontro. Mary convocò Belle e le raccontò della triste infanzia del marito. Poi partì, lasciando il campo libero. Belle si infiammò e la prima notte con BB fu memorabile: lei era vergine e si convinse che Berenson sarebbe stato l’uomo della sua vita. Nei mesi successivi visitarono insieme l’Italia e fu un idillio. Però giunse l’ultima tappa, Venezia. Belle doveva rientrare in America e pianse lacrime amare. Berenson pensò fossero legate alla partenza, ma si sbagliava: la donna aveva scoperto di essere incinta. Approdò a Londra e scrisse a Bernard per informarlo e chiedergli di raggiungerla. Berenson non si mosse e si limitò a dare un drastico consiglio: «abortisci». E così fu. Belle rientrò a New York provata. In futuro BB e Belle si sarebbero rivisti, ma le loro notti d’amore sarebbero state ormai solo brevi fuochi di paglia.
La vita riprese intensa attorno alla biblioteca, tra aste e acquisti di capolavori, ammiratori e amanti. En passant, Belle annunciò alla madre di essersi fidanzata con il marchese cubano Harold de Ville Urrutia Mestre, un uomo bellissimo e più giovane di lei (che continuava imperterrita a sottrarsi anni). Purtroppo, nemmeno ad Harold potè dire la verità circa le sue origini africane: gli spagnoli di Cuba avevano fama di essere ancora più razzisti degli americani.
La madre di Belle, però, si preoccupava di altro: quando Morgan sarebbe morto, quale sarebbe stato il destino di sua figlia? Harold intervenne nella vicenda con una gaffe micidiale: disse che Belle avrebbe potuto tranquillamente fare a meno della biblioteca. La reazione di Belle fu immediata: niente più nozze con Harold, la biblioteca era più importante di lui. E infatti non solo intensificò il suo lavoro a fianco del «Capo», ma lo appoggiò con particolare intensità durante la drammatica vicenda del «Titanic», il transatlantico che Morgan aveva costruito e del cui affondamento era stato ritenuto responsabile. L’epilogo fatale arrivò nel 1913. Il magnate morì nel Grand Hotel di Roma: Belle, che non era mai svenuta in vita sua, apprendendo la notizia perse i sensi.
Adesso il futuro si faceva incerto. Morgan le aveva lasciato 50mila dollari di eredità, ma la prosecuzione del suo lavoro in biblioteca dipendeva ora dal figlio Jack, che non amava i libri antichi e che infatti annunciò a Belle l’intenzione di vendere una parte della collezione, chiedendole però di restare per aiutarlo nella dismissione. Belle accettò e lavorò in modo da far cambiare radicalmente idea a Jack: la Morgan Library non solo non venne dispersa ma se ne decretò la conservazione e l’apertura al pubblico, con Belle da Costa Greene come direttrice a vita.
Questa donna straordinaria venne a mancare nel 1950 a 65 anni d’età (il pastore che celebrò il funerale, male informato, le assegnò 15 anni di meno). Il suo vivace spirito aleggia ancora alla Morgan Library: un busto la immortala nella North Room; e una grande mostra si sta preparando su di lei.