Il Sole 24 Ore, 3 ottobre 2021
Biden ritrova sulla sua strada l’incubo del default Usa
Correva l’anno 2011 quando Standard & Poor’s fece quel che fino ad allora era parso impossibile: declassò per la prima volta in 70 anni il debito americano. Tolse la Tripla A alla superpotenza economica e militare per eccellenza che aveva flirtato troppo da vicino con uno scioccante default. Risultato – tuttora non recuperato, il rating sovrano Usa resta AA+ – di un duro scontro politico tra l’allora presidente democratico Barack Obama e l’opposizione repubblicana, che bloccò quello che era da sempre un affare bipartisan e di routine. Vale a dire l’innalzamento periodico del debt ceiling, il tetto del debito federale. Decisione che spetta al Congresso, negli equilibri tra potere esecutivo e legislativo che affidano al Parlamento il controllo dei cordoni della “borsa” pubblica.
Dieci anni più tardi, l’incubo è nuovamente alle porte – un ritorno al futuro. Un’altra amministrazione democratica fa i conti con un debito a stelle e strisce che sbatte ancora una volta contro quel tetto – e con lo spettro di crisi e default. In un momento particolarmente delicato, con il Paese e il mondo in faticosa uscita da una pandemia senza precedenti.
Adesso come nel 2011 la partita è politica e il dramma auto-inflitto. Il livello dell’indebitamento – 28.500 miliardi, raddoppiato in un decennio – può far discutere e preoccupare chi denuncia cambiali che pesano sulle prossime generazioni. Ma la crisi immediata si consuma a causa di un clima avvelenato dalla contrapposizione tra Democratici e Repubblicani e tra le loro alternative agende socio-economiche. Come tale è tanto risolvibile, con un semplice atto parlamentare, quanto ostaggio di variabili e calcoli partitici difficili da prevedere.
In scena potrebbe entrare anche una perversa commedia degli errori. I mercati sono rimasti relativamente tranquilli, probabilmente convinti che alla fine scatti un aumento o sospensione del tetto sul debito. Abbastanza da spingere forse qualcuno a interpretare l’apparente indifferenza come un permesso a mantenere il muro contro muro in Congresso. Stimare il cash flow e un esatto “giorno X” per l’esaurimento delle risorse pubbliche è inoltre diventato compito assai difficile, con attività economica ed entrate da imposte rese volatili dal coronavirus.
Qualunque compiacenza sarebbe mal riposta. Il tempo stringe davvero: dal 18 ottobre il Tesoro ha indicato che potrebbe non essere più in grado di far fronte a tutti gli obblighi e impegni, avendo dato fondo anche a misure straordinarie in assenza dell’autorizzazione a fresche emissioni di titoli. L’accorato appello a non giocare pericolose partite con in palio fiducia e credibilità del debito del Paese viene direttamente dal segretario al Tesoro, Janet Yellen, come dal chairman della Federal Reserve, Jerome Powell, e da uffici studi, analisti, imprenditori. S&P, autrice del declassamento-shock di 10 anni fa, prevede che il Congresso alla fine supererà l’impasse, ma il suo chief economist Usa Beth Ann Bovino ha sottolineato che, altrimenti, «un default del governo sarebbe peggiore del collasso di Lehman Brothers, devastando mercati globali ed economia». Andy Jassy, neo-Ceo di Amazon, ha aggiunto che mancate azioni sul tetto del debito «incutono paura al business». Tra luglio e ottobre del 2011, quando Washington flirtò con il default, a Wall Street l’S&P 500 perse quasi il 20%.
Yellen ha dipinto il quadro più catastrofico e dettagliato: danni «irreparabili», «crisi e recessione» e ripercussioni capillari: «Quasi 50 milioni di anziani vedrebbero fermate le pensioni, le forze armate non riceverebbero le paghe, famiglie meno abbienti soffrirebbero di ritardi negli aiuti. In pochi giorni, milioni di americani sarebbero senza soldi». Perché il nuovo debito consente di pagare anzitutto montagne di obblighi già contratti, comprese passate riforme fiscali e recenti soccorsi anti-pandemia, oltre a cruciali interessi sulle stesse obbligazioni a eserciti di investitori.
«Alzare il tetto sul debito non autorizza addizionali spese, equivale invece ad aumentare il massimale sulla carta di credito del Paese», ha evidenziato Yellen. Goldman Sachs ha ipotizzato che il Tesoro potrebbe esser costretto a tagliare nell’insieme i pagamenti di oltre il 40%, scegliendo insomma tra pensioni e interessi. E una crisi aperta potrebbe avere effetti di lungo periodo, schiacciando la domanda di “treasurys” improvvisamente inaffidabili anziché bene rifugio, e facendo impennare ovunque i costi del credito.
Eppure Congresso e Casa Bianca sono intervenuti sul tetto del debito quasi cento volte dal secondo dopoguerra: sono progressivamente passati negli anni 80 a tremila miliardi da mille, nei 90 a seimila e nel decennio successivo a oltre 12.000 miliardi. Né la crisi di dieci anni or sono si è finora ripetuta e nel 2019 il Congresso sospese per due anni il debt ceiling, fino al luglio 2021, quando è rientrato in vigore a 28.500 miliardi.
In questi anni il tetto è tuttavia diventato sempre più simbolo di un conflitto più profondo, tra visioni contrastanti del ruolo del Governo in economia e società: i Repubblicani hanno impugnato oggi il loro rifiuto a cooperare quale protesta contro gli aggressivi piani di investimenti pubblici dei Democratici. I quali, con grandi ambizioni ma una maggioranza risicata in Parlamento, faticano a procedere da soli. Sullo sfondo un’unica certezza: questo drammatico scontro rimarrà irrisolto anche in caso di soluzioni dell’impasse sul debito.