Corriere della Sera, 3 ottobre 2021
Parla Rebecca Bettarini Romanovna
Dottoressa, Altezza imperiale... come la chiamo?
«Sì, Altezza imperiale è il titolo ma... bisogna andare al significato profondo delle parole, principessa deriva da princeps, princìpi, e sono i valori che condividiamo io e mio marito. Su questo ci siamo incontrati, amati», risponde al Corriere da San Pietroburgo Rebecca Bettarini, nel cuore dei festeggiamenti degni dei fasti imperiali, per le sue nozze col granduca George Mikhailovich Romanov.
Un’italiana sposa l’erede degli zar: un sì che ha radunato il Gotha europeo (con o senza più corona). Il mondo ne parla, dalla Bbc al New Tork Times. Confusa?
«Sorpresa sì, poi l’aristocrazia è una grande famiglia, secoli di storia condivisa. Tutti cugini di primo o secondo grado di mio marito: duemila invitati in chiesa, oltre 500 alla cena. Anzi, non fosse stato per il Covid sarebbero stati di più, poi qualche tampone positivo all’ultimo momento...».
E così è entrata nella Storia. Ne sente il peso?
«L’amore per George è un sentimento che va avanti da anni, sono entrata nel ruolo man mano. Poi sì mi fa impressione che la tiara di Chaumet che ho indossato andrà in un museo, è patrimonio storico ormai. L’anello di fidanzamento che mi ha regalato era del bisnonno, anche se le grandi gioie Romanov furono confiscate o distrutte».
Come ha incontrato George, nato a Madrid, cresciuto in Francia come molta nobiltà russa fuggita via, e studi a Oxford? Sapeva di amare l’erede degli zar?
«Ci siamo conosciuti adolescenti alle feste di giovani di varia aristocrazia, tutti un po’ imparentati tra loro... anche papà ha legami aristocratici».
Suo padre, l’ambasciatore Roberto Bettarini, e mamma Carla Virginia Cacciatore. Emozionati per questo sì sotto i riflettori del mondo?
«Papà era così teso che all’ingresso in chiesa è inciampato. Gli ho detto, “coraggio papà”... Ma anche la Granduchessa (Maria Vladimirovna), era molto emozionata».
Quando è stato amore?
«Quando, anni dopo, lavoravamo entrambi in Belgio. Dopo laurea e master in relazioni internazionali io ho lavorato per 12 anni per una grande realtà aerospaziale italiana, lui per un colosso minerario russo, Norilsk Nickel. La scintilla a una serata in Belgio, poi un ricevimento all’ambasciata francese a Bruxelles e abbiamo iniziato a frequentarci. Lui mi ha detto che voleva avviare una fondazione dedicata alla storia di famiglia, mi sono offerta di aiutarlo. Poi gli amori succedono e basta, e ora sogno presto una famiglia, dei figli».
L’incontro
Ci siamo conosciuti adolescenti alle feste di giovani di varia aristocrazia. L’amore è arrivato anni dopo, a un ricevimento nell’ambasciata francese a Bruxelles. Lui voleva avviare una fondazione sulla sua famiglia, mi sono offerta di aiutarlo. Persino sull’Isola di Pasqua sanno chi erano i Romanov»
Già, una famiglia. I Romanov, basta pronunciare il nome e si apre il gran libro della Storia. La Rivoluzione d’Ottobre nel 1917, l’eccidio della famiglia dello zar Nicola II e di Alexandra, a Ekaterin burg nel luglio 1918.
«Persino sull’isola di Pasqua, abbiamo visto, sanno chi erano i Romanov».
E con il granduca suo marito e la granduchessa, parlate del massacro del 1918?
«Per loro sono parenti, persone di casa, non personaggi storici. La mamma di mio marito, nipote del granduca Kirill Vladimirovich (cugino dello zar Nicola II), ricorda suo nonno che parlava dello “zio Nicki”, come suo zio non per il ruolo che aveva. Schegge di vita quotidiana, il tè con due zollette di zucchero...».
E non c’è rancore per quel che accadde con la rivoluzione bolscevica, l’eccidio?
«Il passato è il bagaglio culturale di un popolo, nel bene o nel male, poco importa. È successo. Oggi rappresentiamo un casato con tre secoli di storia, ho deposto il bouquet nuziale sulla tomba degli ultimi zar, dove pure i nonni di George sono sepolti».
La storia anche recente è piena di contrasti tra suocere e nuore reali, basta pensare a Meghan Markle.
«La madre di George mi ha aiutata molto, come una vera seconda madre».
Suo marito pensa mai al ruolo che avrebbe se la Storia avesse seguito altre vie?
«Non abbiamo ambizioni politiche, proprio no, non ci interessa. Come dice mio marito: abbiamo già guidato il Paese per trecento anni, adesso tocca ad altri».
Al nuovo «zar» Putin?
«Chiamarlo zar è una semplificazione che piace all’estero, ma Putin non è un nuovo zar. È un gran presidente, ha fatto un lavoro magnifico e speriamo prosegua. Mio marito ed io, col nome dei Romanov, siamo felici di continuare la storia culturale della famiglia, le tradizioni, i valori. E con l’attenzione globale che ha destato il nostro sì, mi piace che ci sia un’alternativa alla società delle influencer».