Il Sole 24 Ore, 1 ottobre 2021
Lavoro, oltre 233mila profili introvabili. Il gap costa all’Italia 21 miliardi. Lo dice il Censis
Lo studio. L’allarme Censis-Confcooperative: il mancato incontro tra offerta e domanda di lavoro pesa per l’1,2% del Pil La mancanza di competenze ricercate soprattutto da industria e servizi rischiano di essere una zavorra sulla ripresa
Claudio Tucci
Il mancato incontro tra offerta e domanda di lavoro costa all’Italia oltre 21 miliardi, pari all’1,2% del Pil. L’economia è in risalita, come evidenziano anche le ultime stime del governo, le aziende sono pronte ad assumere, ma mancano all’appello oltre 233mila profili professionali adeguati alla richiesta.
L’allarme è lanciato da un interessante studio Censis-Confcooperative «Mismatch, il grande gap da sanare. La ripresa c’è, i lavoratori no», che fa un po’ il conto anche degli effetti economici del gap di competenze e profili ricercati dal mondo produttivo, che rischiano, seriamente, di rappresentare una “zavorra” sul cammino dell’Italia in uscita (si spera imminente) dall’emergenza sanitaria. Solo per rendere un’idea: se le imprese fossero riuscite ad assumere tutto il personale di cui hanno bisogno, la crescita del Pil nel 2021 sarebbe salita dal 5,9% (stima accreditata dall’Ocse) al 7,1%.
«Il lavoro non può diventare un vincolo al consolidamento della ripresa, occorre uno scatto in avanti, passando da politiche passive a politiche attive per l’occupazione – ha sottolineato Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative -. Non vedere le cose da questa prospettiva significa non solo rischiare di perdere le opportunità di crescita per i prossimi anni, ma anche di alimentare quella disaffezione al lavoro che si aggira minacciosamente e che può condizionare negativamente gli esiti di tanti impegni orientati alla ripresa con 2,3 milioni di disoccupati, 1 su 3 giovani e 3 milioni di Neet, la metà donne».
Il tema, delicato, del mismatch ha raggiunto ormai numeri elevatissimi. Secondo il sistema informativo Excelsior, targato Anpal-Unioncamere, ormai va a vuoto, o è fortemente difficile, un’assunzione su tre, che sale addirittura a una su due per quanto riguarda i profili tecnico-scientifici (quelli legati alle discipline Stem). I motivi alla base del mancato matching sono sempre gli stessi, competenze in uscita dalla scuola non in linea con le richieste delle imprese e scarsità di candidati che si presentano alle selezioni.
Per questo, da tempo, gli esperti di education e di mercato del lavoro, sottolineano la necessità di rilanciare l’istruzione tecnica, secondaria e terziaria (gli Its) e di migliorare gli strumenti di collocamento pubblici, aprendo, davvero, ai privati.
Il danno economico del mismatch è forte. Per quest’anno, prosegue il focus Censis-Confcooperative, si prevede un prodotto interno lordo pari a 1.751 miliardi, 97,6 in più rispetto al “terribile” 2020, sebbene non sufficienti a recuperare i valori precedenti la crisi. Ebbene, se le imprese italiane attive nell’industria e nei servizi avessero potuto inserire nei loro organici tutta questa forza lavoro, il Pil del 2021 avrebbe raggiunto una cifra di poco superiore ai 1.770 miliardi, senza contare gli effetti positivi sui livelli di occupazione e reddito disponibile e nei tempi di recupero della ripresa. Eppure, come emerge anche da Linkedin, alla data del 20 settembre, su un totale di 153mila richieste, il 57,8%, quindi oltre la metà, è stato comunicato nell’ultimo mese (a ulteriore testimonianza della difficoltà di incrocio tra domanda e offerta).
I prossimi mesi, anche in vista del Pnrr, sono fondamentali. E le previsioni assunzionali sono positive: secondo l’outlook sull’occupazione, realizzato da Manpower Group, le anticipazioni sul quarto trimestre 2021 sono positive: il 43% degli intervistati prevede di aumentare il proprio organico. Parliamo di terziario, finanza e servizi all’impresa, attività manifatturiere. Tutte opportunità offerte dalle imprese, ma che rischiano in parte di rimanere tali se non si aggredisce (subito) il mismatch.