il venerdì, 1 ottobre 2021
Contrordine compagni, Hollywood è a Pechino
PECHINO. “Let’s all celebrate and have a good time!”. Sì, festeggiamo e divertiamoci, come cantano i Kool & The Gang sparati a tutto volume dagli altoparlanti del City Walk, la passeggiata piena di ristoranti, negozi e cinema che sembra di stare in California e che porta al gigantesco e inconfondibile mappamondo girevole. Primi selfie d’obbligo e si entra. “Metta la mascherina e mantenga il distanziamento sociale”, ripetono le ragazze e i ragazzi ai tornelli, molto cordiali, impegnati in controlli stile aeroporto. Anche se una volta dentro non sarà per niente facile tenere fede agli impegni. Biglietto, documento, codice verde anti-Covid e sorriso a favore di telecamera e di riconoscimento facciale. Benvenuti agli Universal Studios di Pechino. Benvenuti in questo pezzo d’America che, dopo vent’anni di attesa, sbarca in Cina per la prima volta.
Diecimila sfrattati"Vede, qui intorno, prima ci abitavano le persone. Diecimila residenti e centinaia di negozi se ne sono dovuti andare per fare spazio a tutto questo”, racconta Guo. “Tutto questo”, come ripete il simpatico vecchietto che oggi è venuto qui a far divertire i due nipotini, sono gli Studios più grandi del mondo. Quelli di Los Angeles, Orlando, Osaka e Singapore sembrano in confronto dei parcogiochi di quartiere. Quattro chilometri quadrati che per visitarli serve una mappa per non perdersi (da scaricare sullo smartphone, ma per gli amanti del vintage c’è pure una cartina pieghevole), il Grand Hotel e l’albergo della catena cinese dell’extralusso Nuo (e preparatevi a sborsare anche fino a 20 mila yuan, cioè 2.600 euro, per dormirci una notte), ventuno ristoranti, diciannove negozi, sette “mondi” tematici dove far indigestione di gioia con le ventisette esperienze tra show sull’acqua, spettacoli a teatro, incontri ravvicinati con un velociraptor che da quanto sembra vero spaventa più di qualche bimbo – e non solo – e montagne russe che ti portano a testa in giù. Astenersi cardiopatici.
Per 50 miliardi di yuanQui a Tongzhou, il distretto a una trentina di chilometri dal centro, porta orientale per la capitale, ha fatto il suo ingresso il “nemico” occidentale. Qui, nel ’37, c’era l’ultimo avamposto contro l’invasore giapponese. Oggi è impossibile resistere a un’altra invasione, pacifica: quella del soft power di Hollywood. E ha voglia il Partito a dichiarare la sua “guerra” all’industria dell’intrattenimento e a “resistere” contro le influenze straniere: i cinesi per i nuovi Studios sono come impazziti. Pure il Global Times, la voce della propaganda comunista, lo ha dovuto ammettere: “Raro esempio, da molto tempo a questa parte, di una cosa americana che attira così tanti cinesi”. Per il grande giorno dell’apertura, il 20 settembre, i biglietti – non proprio a prezzi proletari, dai 418 ai 748 yuan(55 e 98 euro) – sono andati a ruba nel giro di sessanta secondi. Sono venuti a sfilare qui star del cinema come Zhang Ziyi e top model come Liu Wen. La passerella non se la sono risparmiata nemmeno i funzionari di partito, con il capo del Pcc di Pechino, Cai Qi, in testa. Ma la “febbre Universal” aveva contagiato molti già da tempo. Da mesi in città non si parlava d’altro: per la pre-apertura, agli inizi di settembre, riuscire ad ottenere un invito (si entrava solo così) era diventato uno status symbol da esibire come un trofeo sui social per far invidia agli amici. Del resto Pechino aspettava gli Studios da vent’anni.
Il progetto risale al 2001, l’ok del governo arrivò tre anni dopo. Cinquanta miliardi di yuan (sei miliardi e mezzo di euro) dice il conto finale di questo enorme parco dei divertimenti controllato soltanto al 30% dalla Nbc Universal: il resto è in mano ad aziende di Stato cinesi. Oggi si viaggia ad una capacità ridotta di 10mila visitatori al giorno, causa Covid. Ma il parco ne può contenere facilmente molti di più: tra i 10 e i 30 milioni all’anno è la soglia del successo.
Kung Fu Panda, il re di casa"Shanghai e Hong Kong hanno Disneyland, era ora che pure Pechino avesse un posto del genere”, ci dice orgogliosa Mei, che è venuta a passare la giornata qui con il fidanzato e un’altra coppia di amici. “Lavoriamo a Pechino, volevamo venire all’inaugurazione, ma non siamo stati abbastanza veloci nel comprare i biglietti”, racconta ridendo mentre scatta foto a ripetizione dentro alla Valle della Pace, uno dei sette “mondi” del parco, quello dedicato a Kung Fu Panda – vera novità, il primo Studio ad avere una zona tutta dedicata al film – messo lì per strizzare l’occhiolino al pubblico di casa. Ma non è un “Universal con caratteristiche cinesi”, tutt’altro. Qui c’è spazio per i grandi classici : il mondo magico di Harry Potter, Minion Land, la Isla Nublar di Jurassic Park, i Transformers. Il clou è senza dubbio la cittadina con il binario 9 e 3/4, le case grigie dai tetti appuntiti, il chiosco che vende la Burrobirra e il castello di Hogwarts che fanno da sfondo al mondo fantastico del maghetto creato dalla penna di J.K. Rowling. Le stradine che portano alla scuola di magia e stregoneria sono piene di adolescenti con le bacchette magiche in mano – e pure qualche distinto signore – vestiti con mantelli e sciarpe delle quattro “case": Grifondoro e Serpeverde sembrano andare per la maggiore. Per entrare al castello bisogna armarsi di pazienza. E di bottigliette d’acqua. Il display all’ingresso già ti dice quanta coda ti dovrai fare: 90 minuti. Maghetti avvisati mezzi salvati. Lungo il serpentone i ventilatori che sparano aria gelida aiutano a non morire di caldo, ma bisogna stare attenti a schivare gli ombrelli aperti per ripararsi dal sole che picchia sulle teste.
Dal grigio di Hogwarts al giallo dei Minions. Qui l’età media si abbassa e l’irriverenza degli irresistibili esserini la si apprezza già nei bagni dove si viene accolti da una sonora pernacchia del piccolo Bob. Così, per rendere l’esperienza più confortevole. Una visita alla casa-laboratorio di Gru di Cattivissimo Me accompagnati dalle vocine di Kevin e Stuart che cantano “La pa ta ke alo, Tu pu de bwa, La pa ta ke alo, Tu pu de bwa, Fa la ke le mi do, Fa la tu le loka, Kapa boye le pabrika” storpiando il ritornello di Ymca. E una foto ricordo dove basta dire la parola magica – banana – e tac, otterrai il tuo souvenir.
Combattimenti e CadillacAlle quattro del pomeriggio tocca agli effetti speciali del Waterworld Stunt Show, spettacolo basato sull’omonimo film del 1995 con Kevin Costner nei panni di Mariner. E qui, se si prende posto nelle prime file di questa arena sull’acqua bisogna ricordarsi di comprare un k-way. Combattimenti spettacolari, moto d’acqua che con le loro “sgommate” sommergono gli spettatori, l’atterraggio in mare di un aereo. Tutti ad applaudire. Bagnati e felici.
Per riprendersi serve una tappa nel glamour posticcio di Hollywood, con i drive-in anni Cinquanta e le Cadillac parcheggiate fuori dove ragazze dalle minigonne decisamente mini si mettono in posa per farsi fotografare dai loro fidanzati. L’ultima meraviglia è la parata dei carri, tra Hollywood e Sunset Boulevard, chiuse al “traffico” per l’occasione. Gli sbandieratori vestiti di viola e rosso aprono la via al passaggio di Minions festosi che ballano Happy, Re Julien di Madagascar sul tetto si scatena con I like to move it. Shrek e Fiona salutano e mandano baci. Chiude lui, Po, il “padrone di casa”, il goffo e ciccione panda con la fissa del Kung Fu. “Ancora, ancora!”, si sgola la bambina sulle spalle del papà, tre codini in testa e gli elastici verdi e arancioni. Non c’è più tempo, si chiude. “Xie xie”, “Thank you”, ti risalutano tutti. Ultima passeggiata sul City Walk che sembra la California e poi tutti a casa: chi va verso la metro, chi gli autobus, chi si mette in fila ad aspettare un taxi. “Ancora, ancora!”, grida un’ultima volta prima di mettersi in macchina l’irriducibile bambina dai tre codini.