Corriere della Sera, 30 settembre 2021
Davide Cassani racconta il suo addio alla nazionale
Niente regolamenti di conti, niente urla, niente porte sbattute. Dopo otto anni di onorato servizio, Davide Cassani non è più il commissario tecnico della Nazionale di ciclismo. Ma resta spiazzato chi ieri si aspettava (praticamente tutti) un gelido addio dopo l’incontro con il presidente federale Dagnoni che l’aveva «licenziato» durante i Giochi: «Lascio l’ammiraglia ma il presidente mi ha fatto delle proposte – spiega l’ex corridore – che valuterò a mente fredda. Non sarò mai “ambasciatore del ciclismo”, come lui aveva pensato tempo fa, ma voglio capire se c’è un ruolo che mi può piacere e che sono in grado di occupare».
A Cassani è stato tolto (a contratto in corso e senza preavviso) il ruolo di direttore tecnico delle Nazionali (assegnato a Roberto Amadio) e tagliato l’accredito per i Giochi di Tokyo. E lui non molla una federazione che ha aperto i colloqui con i suoi possibili rimpiazzi prima di Europei e Mondiali?
Ma non c’era una «ferita dolorosa aperta»? «Non ho difficoltà ad ammetterlo – spiega – quando due giorni prima della partenza per Tokyo mi hanno detto che dopo la gara su strada dovevo tornare a casa sono rimasto un giorno senza riuscire a parlare per lo choc: mi impedivano di stare vicino ai ragazzi, di vedere la prova dell’inseguimento, coronamento di anni di lavoro. Possibile, anzi probabile che quella della scadenza dell’accredito per il Covid fosse solo una scusa. Ma come potevo reagire se non isolandomi e cercando aspetti positivi in situazioni che non lo sono? I miei genitori mi hanno insegnato ad andare sempre avanti in silenzio. E la Federazione è un’istituzione che va rispettata, indipendentemente da chi la guida».
Nuovo ruolo
«Niente polemiche». Lavorerà nella parte amministrativa della Federazione
Scusi Cassani, lei ha inventato la nuova Nazionale «globale», legando pista e strada, junior e campioni, rastrellato la maggior parte degli attuali sponsor federali, fatto rinascere il Giro Baby, salvato i Mondiali del 2020 condannati dal Covid e poi vinto quasi tutto. E si fa licenziare sul campo per magari essere riassunto con qualifica diversa? «Le fratture si rinsaldano, io ho questa capacità di mettermi tutto alle spalle e coltivare il sogno di essere utile al ciclismo in altro modo». Gli sarebbe stata offerta l’inedita carica di «direttore generale di Ciclistica servizi», il braccio amministrativo della Federazione. Scartate le ipotesi di lavorare nell’organizzazione («In Italia Paolo Bellino e Mauro Vegni sono straordinari al Giro»), e di fondare un team World Tour tricolore grazie alle sue amicizie («Progetto interessante, ma servono risorse e tempo»). Resta il sogno di «un’accademia per proteggere i talenti».
Il morale del c.t. uscente è cresciuto molto nell’ultimo mese. «Abbiamo vinto gli Europei di Trento – spiega – abbiamo dominato il medagliere dei Mondiali con tre successi e siamo stati in lizza fino all’ultimo per il podio dei professionisti. Per me conta questo. Se posso proseguire il lavoro in un’altra forma o con un altro ruolo sono felice. Ora stacco il telefono, ci rifletto sopra un paio di giorni e vi faccio sapere».