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 2021  settembre 29 Mercoledì calendario

Le acqua reflue non filtrate di un villaggio delle isole Svalbard producono tante microplastiche quanto quelle di una grande città come Vancouver

Le microplastiche sono anche dove non te lo aspetti. Persino nell’Artico, dove a rigor di logica gli effetti dell’attività antropica dovrebbero essere meno evidenti. Ma uno studio condotto nelle isole Svalbard – territorio norvegese tra il Mar di Barents e il Mar di Groenlandia – ha dimostrato come l’uomo possa essere sì una causa di questo inquinamento, ma allo stesso tempo possa svolgere un’importante azione preventiva. I ricercatori, come racconta il New York Times, hanno infatti scoperto che le acque reflue non filtrate di un piccolo villaggio artico possono produrre tante microplastiche quanto quelle che derivano dal trattamento dei reflui di oltre un milione di persone.

La ricerca è stata condotta a Longyearbyen, nella baia di Adventfjorden, che con i suoi 2.400 abitanti è il centro abitato più popoloso delle Svalbard. Il villaggio non ha un impianto per il trattamento delle acque reflue: gli scarichi di gabinetti e cucine vengono convogliati in un grande tubo che finisce nel mezzo del fiordo. E così un ambiente apparentemente immacolato accumula nel mare circostante sempre più microplastiche e microfibre. Queste si stanno diffondendo ovunque e tra i ricercatori si fa spazio l’idea che siano proprio le acque reflue a diffonderle, come ha spiegato al quotidiano statunitense Peter Ross, scienziato che studia l’inquinamento degli oceani e che si sta occupando del problema nell’Artico.
La minuscola cittadina di Longyearbyen impatta quindi come Vancouver, questa in soldoni la principale evidenza dello studio pubblicato sulla rivista Frontiers in Environmental Science. La ricerca evidenzia gli impatti nascosti che le comunità artiche possono avere sul mare circostante se le acque di scarico non vengono depurate. Gli studiosi hanno stimato che la piccola comunità norvegese immette ogni anno almeno 18 miliardi di microfibre nel fiordo, circa 7,5 milioni per ogni abitante: una piccola popolazione per un grande inquinamento. «La gente vede questo paesaggio bello, pulito e bianco», ha detto Claudia Halsband, ecologa marina a Tromso, in Norvegia, «ma questa è solo una parte della storia».
Cosa succede ai frammenti che finiscono in mare? Il modello ha messo in luce che i più leggeri rimangono sospesi vicino alla superficie e vengono dispersi in pochi giorni; mentre i più pesanti si andrebbero ad accumulare sul fondo e sulle sponde del fiordo, habitat ideale per plancton e molluschi. Ora la ricerca dovrà capire come le microfibre possano interagire con la fauna ittica. «Sappiamo che queste creature non disprezzano la plastica», ha aggiunto Halsband.
Gli scienziati, come riporta il New York Times, confidano che questi risultati possano spronare le comunità artiche a dotarsi di nuovi sistemi per la gestione delle acque reflue e dei rifiuti.