Corriere della Sera, 29 settembre 2021
La nuova vita di Elisa Balsamo
Per Elisa, dopo cinque anni di conservatorio e una vita a pedali, il pianoforte è un’appendice della bicicletta («Non ho più il tempo materiale di suonarlo, una volta ogni tanto non ha senso: è come se uscissi in bici una volta al mese pretendendo di ottenere chissà quale prestazione. Lo riprenderò a fine carriera») e il ciclismo è tutto: «L’ho scelto attirata dalla squadra, ma in bici la squadra è più squadra rispetto al calcio o al volley perché serve generosità: lì vincono tutti, qui vince uno solo e gli altri restano dietro le quinte, nascosti». A Lovanio, sabato scorso, ha vinto lei. Oro mondiale su strada sprintando in faccia alla leggenda Marianne Vos, un capolavoro a pedali. Per Elisa secondo Elisa Balsamo, insomma.
Come ci è riuscita, con il senno di poi?
«Sono onesta: devo ancora realizzare! Credo di aver fatto la gara perfetta, la testa e le gambe c’erano, la squadra è stata spettacolare».
Cosa si pensa nelle ultime centinaia di metri, mentre l’Olanda tenta di sbranarti?
«Il meno possibile. Pensavo a spingere, a mettere nei pedali tutto quello che avevo. In quei momenti prevale l’istinto, non la razionalità».
Dicono che nella vita è un’acqua cheta e in sella una belva, Elisa. È vero?
«Sono una cuneese trapiantata a Sarnico, sul Lago d’Iseo, per amore di Davide Plebani, azzurro della pista. Cuneo è lontana da tutto: ringrazio i miei per avermi portata in giro per gare e raduni. In competizione mi trasformo perché sono un’agonista: con il numero sulla schiena divento aggressiva, è normale. I miei genitori mi hanno messa in bici a sei anni, il patto è sempre stato: prima lo studio, poi lo sport».
Diplomata al classico e iscritta all’Università di Torino in lettere moderne, infatti.
«Ho sempre studiato in auto, in autobus, in aereo, nelle camere d’albergo. A scuola non ho avuto sconti né favoritismi: tornavo dalle gare e facevo tutte le verifiche che i prof mi chiedevano».
Quando ha capito che il ciclismo era diventata una cosa seria?
«Quando sono entrata nelle Fiamme Oro e quando ho vinto l’oro su strada al Mondiale junior di Doha nel 2016: quel risultato mi ha detto che ero sulla via giusta».
Idoli da ragazzina?
«Ho sempre avuto un’ammirazione totale per Alex Zanardi, non ci sono parole per descriverlo. Soffro perché non abbiamo più sue notizie. Lo penso spesso».
Cosa c’era nel gran pianto di Lovanio, dopo aver battuto la Vos per l’oro?
«Gioia, sollievo, soddisfazione, un po’ di tutto. C’erano, soprattutto, la ricompensa dei sacrifici e la rivincita dopo la cocente delusione delle Olimpiadi di Tokyo, dove non solo non sono salita sul podio ma nell’Omnium sono finita sotto le ruote di un’egiziana. Non è stato facile rialzarsi dopo il Giappone. Ma ogni cosa ha una sua logica: se ti comporti bene, se sei corretta, se ti impegni sempre al massimo, tutto ti torna indietro».
La legge del karma.
«Il mio oro lo dimostra. E adesso il pensiero di poter indossare la maglia iridata ogni giorno è la cosa che mi emoziona di più».
A partire da sabato, nella prima Roubaix femminile della storia.
«Non ho mai corso in Belgio, su quel pavé. Avrò gli occhi addosso ma sono molto tranquilla: penso di non dover dimostrare nulla. Parto per divertirmi».
Un oro mondiale cambia la vita?
«Credo di sì. Il ciclismo femminile sta facendo passi da gigante, la chiave di tutto è l’attenzione mediatica: le gare in diretta tv attirano gli sponsor, che sono disposti a investire di più. Certo la distanza con i maschi è ancora netta, ma dall’anno prossimo correrò in una squadra, la Trek-Segafredo, che non fa differenza tra uomini e donne in quanto a organizzazione e materiali».
Sarebbe disposta ad andare in televisione, anche nei programmi generalisti, a parlare del suo sport?
«Sì certo, se mi invitassero ci andrei. Prima di tutto vengono la preparazione, il recupero e gli allenamenti ma con i modi e i tempi giusti mi piacerebbe poter fare pubblicità al ciclismo di noi ragazze».
Qual è il ruolo di Davide, il suo fidanzato, in questo stato di grazia?
«Viviamo insieme da due anni, mi sarei innamorata di lui anche se non avesse fatto il ciclista come me. Condividendo lo sport, ci si intende al volo. Ma a me piace perché s’impegna a capirmi».
Il fatto che l’oro sia stato portato in casa dalla donna e non dall’uomo rischia di influire sul rapporto?
«Lo escludo. È soprattutto a lui che devo dire grazie se mi sono rimessa in sella dopo l’Olimpiade. Senza Davide non ce l’avrei fatta, e non è un modo di dire. Sono felice come se avessi vinto io, mi ha detto a Lovanio dopo il traguardo. Ed è vero: l’oro iridato l’abbiamo costruito insieme, in tandem».
Ha un’attenzione maniacale per le tabelle di lavoro, il riposo e l’alimentazione, Elisa. La rinuncia più grande?
«Ho una dieta equilibrata ma quando sgarro scelgo il salato: pizza, sushi o le lasagne delle nonne. Come supporto morale, ogni tanto un pacco di biscotti in giro non fa male. Per non cadere in tentazione, però, nella dispensa teniamo pochissimo».
Alla laurea in lettere moderne mancano appena quattro esami: l’idea è farla fruttare, quella laurea, da grande?
«Sì, mi piacerebbe fare la giornalista: mi alleno nella scrittura in un blog. Come lettrice mi emoziona Baricco».
Pianoforte, giornalismo, famiglia. Ha solo 23 anni ma le idee sul futuro chiarissime, Elisa.
«Sono sprinter, non scalatrice. Su strada e in pista. Sono abituata a pensare veloce».