la Repubblica, 29 settembre 2021
Le nuove opere d’arte del Quirinale
Avvicinare i luoghi delle istituzioni ai cittadini, renderli più vitali e meno museali. È questa la spinta principale che guida il progetto espositivo Quirinale Contemporaneo, nato tre anni fa e ora arrivato alla terza edizione: l’idea è quella di arricchire il Palazzo presidenziale con opere artistiche che testimonino l’estetica della nostra epoca. La collezione è arrivata a contare 102 opere d’arte e 101 oggetti di design, tra il Quirinale, la tenuta di Castelporziano e Villa Rosebery. Ad inaugurare oggi la mostra sarà lo stesso Mattarella, che nella presentazione del catalogo scrive: «La creazione artistica è da sempre specchio del tempo e l’attenzione al dialogo col mondo contemporaneo dell’arte e del design manifesta la vitalità delle istituzioni e la loro capacità di essere un punto di riferimento costante e attuale della nostra storia, nella quale passato e presente convivono senza flessioni e innervano il senso condiviso della nostra identità» (il catalogo a cura di Renata Cristina Mazzantini con fotografie di Massimo Listri è edito da Treccani).
Il primo ottobre il Quirinale riaprirà al pubblico. Il tour vale la pena. Ora in ogni ambiente, tra gli arredi sabaudi e pontifici, si scova l’impronta del contemporaneo. Nessuno shock visivo ma il tentativo riuscito di sottolineare una continuità culturale, come ci racconta la curatrice della mostra, l’architetta Cristina Mazzantini: «Abbiamo valorizzato i rimandi tra diverse epoche. Le opere sono state inserite nel massimo rispetto che la storia dei luoghi impone e ogni confronto sembra risolto in un dialogo sereno tra iniziatori ed eredi della stessa tradizione». Qualche esempio. Nella sala di Augusto il Nero e Oro di Alberto Burri, rimanda alle antiche icone e ai mosaici bizantini e il Concetto spaziale. Venice Moon di Lucio Fontana si amalgama all’ambiente imponente grazie alla sinuosità delle architetture veneziane. Stessa impressione per il ConTatto di Pistoletto perfettamente a suo agio nella sala degli Arazzi. È un filo rosso armonizzante quello seguito da Mazzantini: «L’arte d’avanguardia presenta legami molto colti con il passato. Ci ha guidati l’aforisma di Mahler: amare la tradizione non significa adorare la cenere, ma custodire il fuoco». Sono molti i nomi da citare, ne faremo alcuni. Tra le 27 opere appena entrate nella collezione quirinalizia ci sono Gino Marotta, Bice Lazzari, Carol Rama, Luciano Fabro, Paolo Scheggi, Nunzio Di Stefano, Nino Caruso, Rudolf Stingel e Mimmo Rotella. Di Emilio Isgrò c’è Colui che Sono, opera del 2020 di forte impatto civile: è la riproduzione corredata di cancellazioni della Gazzetta Ufficiale del 1938 dove venivano pubblicate le leggi razziali. La lista dei designer (36 le new entry) è altrettanto vasta: ci sono i fratelli Castiglioni, Enzo Mari, Gio Ponti e tanti altri. Niente stona, né le poltrone policrome di Alessandro Mendini né le sedie Catilina di Luigi Caccia Dominioni o i tavolinetti di Giulio Cappellini. Ogni opera, come spiega il segretario generale della Presidenza della Repubblica Ugo Zampetti, è arrivata al Quirinale grazie a un rapporto diretto con gli artisti o con archivi e fondazioni. Nessuna è stata presa da musei e le acquisizioni sono avvenute a titolo gratuito, o per effetto di donazioni o grazie a comodati d’uso: «È un progetto in fieri – aggiunge Zampetti – che potrà arricchirsi nel tempo e che ha uno scopo civile, quello di dare alle persone la possibilità di avvicinarsi alle istituzioni».