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 2021  settembre 29 Mercoledì calendario

La condizione della scuola media italiana

ono passati dieci anni dall’ultimo rapporto della Fondazione Agnelli sulla scuola media italiana e da allora «la situazione non è migliorata», dice Andrea Gavosto, direttore della Fondazione, presentando il nuovo rapporto «Scuola media 2021» pubblicato online. I problemi di allora sono rimasti irrisolti e alcuni si sono anche aggravati: «Gli apprendimenti restano insoddisfacenti e i divari territoriali e le disuguaglianze sociali sono ancora più evidenti – sottolinea Gavosto –. I docenti, poi, non sono meglio formati né la didattica è stata rinnovata, rimanendo molto tradizionale».Nella scuola primaria, spiega la ricercatrice Barbara Romano, che ha lavorato alla redazione del rapporto, le differenze sono contenute, mentre «in quella media esplodono, non riuscendo a esercitare alcun effetto di contenimento». A partire dalle disuguaglianze di origine socio-culturale misurate, ad esempio, in base al titolo di studio dei genitori. Se nella scuola primaria il divario di rendimento tra un figlio di laureati e uno studente con genitori che hanno la licenza elementare è in media di 26 punti, quando si passa alla scuola media la spaccatura si amplia fino a 46 punti, che equivalgono – per andare oltre la freddezza dei numeri – a una differenza di quasi tre anni di scuola. Anche a livello territoriale, gli studenti delle regioni del Sud e delle Isole segnano un distacco negativo dai loro compagni del Centro e del Nord Italia. Crollo reso ancor più evidente dal fatto che nella scuola primaria, invece, il livello è molto simile tra tutte le regioni. La scuola media dovrebbe poi creare le basi per comprendere le proprie attitudini, permettendo di scegliere al termine dei 3 anni l’indirizzo più adatto per il proseguimento degli studi nelle scuole superiori. Ma secondo le rilevazioni della Fondazione Agnelli, uno studente su quattro non ha ben chiaro quale possa essere la sua strada. E questo si riflette sulla percentuale di bocciature al primo anno, nei licei e negli istituti tecnici, che raddoppia tra chi non ha seguito il consiglio dei test attitudinali. Per il direttore della Fondazione, la soluzione «non è l’abolizione della scuola media», di cui si discute ciclicamente. Piuttosto, «servirebbe una riforma che la caratterizzi» come snodo centrale per le scelte di studio degli studenti, sostiene Gavosto, anche attraverso il prolungamento pomeridiano dell’orario, con corsi e laboratori.Tutte le difficoltà degli studenti si spiegano però in larga misura con quelle dei loro docenti, spesso precari, poco formati e non abbastanza retribuiti, ieri come oggi. La percentuale di contratti annuali negli ultimi dieci anni ha infatti continuato a crescere: nel 2011 erano il 19% del totale, l’anno scorso il 30%. E pochi precari restano a insegnare nella stessa classe al termine dell’anno scolastico, incidendo così in negativo sull’apprendimento dei ragazzi. L’età media di 52 anni di per sé non sarebbe un problema – nonostante 1 docente su 6 abbia 60 anni e solo 1 su 100 sia invece under30 –, se non pesasse però come un macigno il loro scarso aggiornamento sui metodi più innovativi attraverso cui fare lezione e gestire la classe. Per questo, la Fondazione Agnelli propone percorsi di formazione per i docenti che inizino dalla laurea magistrale per l’insegnamento, ma anche criteri più selettivi per l’abilitazione e corsi di aggiornamento che proseguano negli anni. Nodi che, dice Gavosto, dovranno essere affrontati in modo selettivo nel Pnrr, per «non lasciare la scuola media ancora indietro».