il Fatto Quotidiano, 28 settembre 2021
Intervista ad Alessandro Daniele, figlio di Pino
Coloro che hanno avuto modo d’immergersi nella mostra itinerante David Bowie Is a Bologna hanno sperimentato l’emozione di essere circondati dall’universo del cantautore inglese. In Italia per la prima volta si è organizzato qualcosa di simile con l’installazione itinerante Pino Daniele Alive, fino al 31 dicembre a Napoli, nel complesso di Santa Caterina a Formiello, nata dall’idea del figlio Alessandro e del fotografo Guido Harari. All’inaugurazione, pochi giorni fa, il ministro della Cultura Dario Franceschini si è complimentato e ha lanciato l’idea di un Festival a Napoli dedicato proprio al cantautore.
“Ho iniziato a collaborare attivamente con mio padre nel 2000, prima ho cercato una mia strada”, racconta Alessandro. “Papà aveva appena creato un nuovo studio, un nuovo ufficio, era in ballo con il tour di Medina e allora mi son proposto io. Avevo la consapevolezza che se non fossi stato all’altezza mi avrebbe sbattuto fuori. In un attimo mi sono ritrovato a fare il Tour manager e da allora non ho più smesso”.
Alessandro Daniele, il suo supporto a Pino incideva anche nel processo creativo o vigeva il classico attrito padre-figlio?
Le sue canzoni le faceva ascoltare a tutti i figli. Ma era una concessione i cui tempi venivano decisi da lui. Abbiamo sempre rispettato la sua parte più creativa e intima. Quando studiava la chitarra a casa era un momento di magia, ascoltavamo frammenti di brani che aveva amato da ragazzino. Sono un privilegiato, ho sempre avuto un rapporto favoloso con papà: quando doveva fare il discorso da padre l’ha fatto, quando si confrontava sul lavoro diventavamo professionali.
Con Pino c’era sempre una moltitudine di musicisti di prim’ordine.
Tra i suoi collaboratori alcuni erano già consolidati, come James Senese, Tullio De Piscopo, Tony Visconti, Enzo Avitabile e tanti altri. Alcuni, invece, sono stati scoperti dal suo intuito: molti giovani musicisti erano attratti dal suo linguaggio e dalla sua indomabile vena creativa e sperimentale. Poi si è sempre confrontato con chi voleva approfondire, da J-Ax a Jovanotti, dagli Almamegretta ai Simple Minds.
Nella discografia italiana Pino è sempre stato sinonimo di libertà, aveva un carattere forte.
I discografici spesso hanno fatto tanti danni mettendo al centro il fatturato. Il senso artistico e l’esigenza di comunicare di Pino hanno sempre prevalso. Io penso che sia sempre riuscito a navigare nel pop preservando la sua essenza. E posso testimoniare che i discografici non si sono mai permessi di fare pressioni se non per un brano in ogni album. Pino era un ricercatore, difficile imbrigliarlo.
Alla mostra multimediale itinerante c’è una colonna sonora con brani inediti, sarà una sorpresa per i fan…
All’inizio doveva essere prettamente una mostra fotografica con scatti inediti mai pubblicati. In seguito con Guido Harari e Davide De Blasio ci siamo resi conto della volontà di aggiungere alcuni oggetti di papà: il mandolino con il quale ha composto Napule è, molte chitarre, appunti e scritti vari. Per far vivere l’emozione di essere nuovamente a contatto con Pino, ho provato a selezionare un viaggio sonoro di mia iniziativa: raccontare il percorso creativo di mio padre senza la presunzione di essere esaustivo. Non ho scelto brani famosi, ma vocalizzi che non ha mai usato mixandoli con il sottofondo dei suoni della città di Napoli. Poi immagini e frasi: “Non voglio andare in America perché la voglio costruire nel posto dove sono nato”. Ho inserito l’audio da una cassettina portata da Cuba che ho solo io e alcune scale arabe eseguite durante un suo studio di chitarra. Questo per sottolineare che nonostante il grande successo ha continuato per tutta la vita a essere un musicista e a cercare di evolversi senza sosta. È un percorso emozionale.
Avete già deciso in quali città porterete l’installazione?
Ho preferito congelare le trattative per meglio concentrare le energie sulla sua inaugurazione, ma posso già dire che ci sono quattro città pronte ad accoglierla. Preferisco prima mettere a punto i vari ingranaggi in modo da suggerire poi miglioramenti. Inoltre faremo attività didattica: gli studenti ascolteranno le sue canzoni solo con la voce o solo con la chitarra; spiegheremo armonicamente la genesi dei brani. Con il Conservatorio di Milano abbiamo un laboratorio aperto per far studiare la composizione delle canzoni e prossimamente le presenteremo completamente rielaborate a modo loro. Anche così si porta avanti l’opera di Pino.