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 2021  settembre 28 Martedì calendario

A Kabul è tornata la babrba di Stato

Barbe lunghe, per decreto, nell’Helmand e in diverse altre province dell’Afghanistan. «Nessuno ha il diritto di lamentarsi», si legge nel decreto affisso nei saloni da barbiere, perché tagliare o spuntare le barbe dei clienti è contrario alla sharia. I trasgressori dell’ordine, impartito pure nella capitale Kabul, saranno punti e i taleban potrebbero mandare degli ispettori. Il messaggio è chiaro, come pure, secondo quanto riporta la Bbc, i barbieri afghani devono «smettere di seguire lo stile americano». Un terrore che passa di bocca in bocca e svuota le sale d’attesa: ormai nessun uomo osa radersi per non essere presi di mira, anche se nessun ordine esplicito sarebbe stato emesso dalla polizia religiosa al riguardo.
Messo al bando lo “stile americano” delle acconciature, l’Afghanistan pare sempre isolato dal resto della comunità internazionale e si è ritirato dalla lista degli interventi al dibattito dell’Assemblea Generale dell’Onu. Una defezione dovuta allo stato di confusione in cui versano le istituzioni afghane. Infatti, secondo il programma, iscritto a parlare era l’ambasciatore Ghulam Isaczai, nominato dall’ex presidente Ghani. Isaczai è l’attuale ambasciatore afghano all’Onu, ma il ministro degli Esteri taleban Amir Khan Muttaqi aveva chiesto di parlare in Assemblea Generale, oltre ad aver nominato Suhail Shaheen come nuovo rappresentante.
Intanto il nuovo procuratore della Corte penale internazionale dell’Aja, Karim Khan, ha chiesto che venga riaperta un’inchiesta sui crimini di guerra e contro l’umanità commessi dai taleban e dal Califfato islamico (Isis) in Afghanistan
dal 2003 a oggi. La decisione è stata trasmessa ai taleban tramite l’ambasciata di Kabul all’Aja e si rifà alla possibilità della Corte penale internazionale di indagare non solo sui crimini commessi in passato, ma anche su quelli in corso. La precedente inchiesta della Corte penale internazionale (Cpi) era stata rinviata nell’aprile del 2020 accogliendo una richiesta dell’allora governo afghano di Ashraf Ghani di avere più tempo a disposizione per raccogliere prove. Ma il rinvio, ha precisato il procuratore generale Karim Khan, «non era inteso a creare un vuoto di impunità, né a sprecare l’opportunità per l’apertura di un’indagine». In Afghanistan «gli atti odiosi e criminali dovrebbero cessare immediatamente e le indagini dovrebbero iniziare quanto prima per rivendicare i principi che sono stati stabiliti 75 anni fa a Norimberga», ha dichiarato Khan. «L’attuale controllo de facto del territorio dell’Afghanistan da parte dei talebani e le sue implicazioni anche per l’applicazione della legge e l’attività giudiziaria in Afghanistan, rappresentano un cambiamento fondamentale», precisa una nota diffusa dalla Corte penale internazionale.