ItaliaOggi, 28 settembre 2021
C’è prete influencer che spiega il Vangelo su TikTok (con video da 2 milioni di visualizzazioni)
l Vangelo secondo TikTok? «Non solo su TikTok ma dappertutto». Del resto «pensiamo a San Francesco, nessuno lo ascoltava e lui si mise a parlare con gli animali». Don Mauro Leonardi, 62 anni, comasco, Opus Dei, è una star del web: 170mila follower su Facebook, 15mila su Instagram, 4.590 iscritti al suo canale YouTube, 16mila su Twitter, 177 mila seguaci su TikTok, dove i suoi video ricevono fino a due milioni di like. Inoltre ha un seguitissimo blog. La piattaforma multimediale cattolica Aleteia lo ha definito il sacerdote italiano più famoso.
Al Festival Francescano di Bologna ha spiegato perché la religione deve utilizzare i social e per questo ha scritto una sorta di abecedario, appunto Il Vangelo secondo TikTok (edizioni Terra Santa). Dice: «Se do risposte di tipo dottrinale o moralistico non serve a niente, la domanda del giovane, ma non solo, è di tipo esistenziale. Io ho scelto di non parlare alle persone già convinte ma di esplorare terre nuove».
Domanda. La predica dal pulpito è superata?
Risposta. Non c’è dualismo. Ma ritengo che la Chiesa non debba limitarsi a parlare alle persone che assistono alle Messe lasciando perdere la prateria dei social. Il Vangelo non termina forse con Gesù che dice agli apostoli: andate in tutto il mondo e portate il Vangelo ad ogni creatura? Il mio mondo è il web. Se ci sono persone che stanno troppo tempo sui social è perché la loro vita è vuota e hanno bisogno di essere compresi e accolti. In pratica io sono un missionario telematico. Mi lasci aggiungere che chi parla ai giovani sa parlare anche agli adulti, e non viceversa. Non ci si può limitare a parlare a chi già frequenta le chiese. Inoltre molte prediche non sono preparate a dovere. Come sa chi ama cucinare, l’errore principale per chi fa il ragù è dedicargli poco tempo: la fretta lo uccide.
D. Il web non è vita reale.
R. Certo e non bisogna commettere l’errore culturale di credere che il mondo virtuale sostituisca quello reale. Non è così. Sarebbe come dire: «Sono contrario al telefono perché preferisco gli incontri di persona». Il telefono è un accessorio rispetto al nostro incontro reale. Più o meno come il web. Lo si utilizza ma non deve diventare totalizzante. Infatti in TikTok il messaggio è essenziale ma con il sottinteso: se ciò che ho appena detto ti interessa, fammelo sapere e prendiamoci del tempo, in un altro contesto, perché richiederà maggiori spiegazioni.
D. Quanto tempo dedica ai social?
R. Molto, tutti i giorni posto qualcosa. Alle 19 su Facebook, poi sugli altri social e soprattutto i video di pochi secondi su TikTok. Di solito commento l’attualità, come del resto faceva Gesù con le parabole, anche lui partiva dalle cose concrete e cercava di farsi capire.
D. Come si fa in sette secondi a spiegare il Vangelo?
R. Non mi pongo questo obiettivo ma quello di fare diventare simpatico un sacerdote e fare comprendere che anche nel marasma dei social c’è qualcuno con cui puoi relazionarti. In sette secondi si può dare un imput su un argomento d’attualità ed è già qualcosa per chi frequenta TikTok. Se poi qualcuno vuole approfondire mi scrive, telefona, mi può incontrare. Ritengo sia sbagliato che un sacerdote non vada oltre le Messe, le confessioni, i sacramenti. Il prete è un uomo, io per esempio sono tifoso del Milan così come di Valentino Rossi, quando correva, e lo dico. Sì, parlo anche di sport e ne discuto, scherzosamente, coi tifosi avversi. Sui social devi coinvolgerti anche a livello personale e così quello che dici acquista valore. È da dieci anni che mi impegno in questa attività, ripagato quando un mio messaggio viene visto da due milioni di internauti o quando qualcuno mi scrive: «Caspita, nella chiesa cattolica esiste qualcuno con cui parlare».
D. Che richieste riceve?
R. Le più svariate. Recentemente una signora mi ha scritto che sarebbe voluta andare in Svizzera per il suicidio assistito e mi ha chiesto di spiegarle la posizione della Chiesa. In questi giorni tanti mi scrivono turbati dalla violenza dei talebani. Gli argomenti sono tanti e assai diversi tra loro. Un ragazzo mi ha esposto perché a suo dire Gesù era maschilista, un altro mi ha interrogato sui rapporti sessuali tra gay. Molti mi interrogano sulla pedofilia.
D. E lei che risponde?
R. Ho promosso una petizione popolare perché si introduca la parola pedofilia nel catechismo della Chiesa. C’è l’elenco dei peccati contro il sesto comandamento, stupro, prostituzione, pornografia, ma non c’è quella.
D. Invece che cos’ha postato sulle aberrazioni che stanno accadendo in Afghanistan?
R. Che alle origini del cristianesimo la confessione dei peccati era pubblica: perché ci si sentiva completamente accolti, aiutati e sostenuti, non giudicati. Quello che i talebani stanno disegnando sotto gli occhi dell’opinione pubblica mondiale è un islam che conosce solo la vendetta come strumento di giustizia. Credo che sia compito dei fratelli mussulmani del resto del globo smentire questo orribile miscela di Corano e di pashtum.
D. Papa Francesco condivide questa sua presenza sui social?
R. Non l’ho mai incontrato ma spero di sì. Mi sento in sintonia con lui, che vuole un’immagine della Chiesa non dura, austera, esigente, bensì che apprezza le cose belle della vita, dobbiamo portare le persone a poco a poco a percepire il bello del bene che il cristianesimo propone in tutti gli ambiti: la sessualità, la famiglia, il lavoro, e così via.
D. Lei rimane però un caso isolato, in genere i religiosi presenti sui social usano un linguaggio aulico.
R. Quando ero iscritto da pochi mesi su TikTok, la domanda che mi veniva rivolta più frequentemente era: «Che ci fa un prete qui?» E io, con un pizzico d’ironia, rispondevo: «Come si può essere prete e non essere qui?». Lo dicevo non solo per quello che c’era da portare lì ma, in primo luogo, per quello che lì c’era da imparare. Nell’immaginario collettivo TikTok è la App dei balletti frivoli o delle challange (sfide video a tema): nella realtà è sempre più la piattaforma della creatività, degli effetti speciali, dell’ironia intelligente. Perché mai la Chiesa dovrebbe rimanere impermeabile a questo mondo?