La Lettura, 26 settembre 2021
Intervista a Manuel Vilas - su "I baci" (Guanda)
«Quello che ci ha salvato nella pandemia è il desiderio di continuare ad amare. Il mio nuovo romanzo rivendica lo spazio per le emozioni, per la natura, per il mistero della nostra condizione umana a dispetto di certe forme di positivismo totale, del dominio dell’economia capitalistica, della tecnologia. Invoco una sorta di rinascimento, di riumanizzazione che ci consenta di vivere con pienezza».
A Manuel Vilas riesce di visualizzare con la letteratura ciò su cui da quasi due anni ci interroghiamo: se le categorie di «prima» funzionino ancora, che cosa il Covid lascerà nelle nostre vite e nel rapporto con un pianeta sempre più fragile, se saremo in grado di cambiare.
Nessuna teoria, ma un romanzo potente che sa di verità: I baci, in arrivo da Guanda, nel quale un uomo di cinquantotto anni lascia Madrid nel lockdown «alla ricerca di alberi, uccelli, sentieri, boschi, fiumi, montagne». Li troverà, insieme con un amore ormai inaspettato, una passione travolgente come quelle a cui ci si aggrappa in un tempo incerto e che provoca «una felicità indescrivibile, perché i baci e il bosco diventano la stessa cosa: bacio e bosco, bosco e bacio».
Nessun sentimentalismo, ma la consapevolezza delle relazioni mature, con Battiato (già in esergo) a fare da colonna sonora. Salvador e Montserrat sanno che le storie d’amore «se iniziano con un bacio, bisogna sapere come finiscono».
E intanto, come Vilas sa fare benissimo — anche se qui a narrare non è il suo io, ma Salvador —, storia intima e collettiva s’intrecciano: «Grandi progressi scientifici e tecnologici e astronomici e medici in una configurazione morale di tre millenni fa, completamente impantanata (...). Il virus ha portato un’umiliazione nuova nella vita della gente. Fino a ora ci umiliavano il fallimento sociale, il fallimento sentimentale, la povertà, la bruttezza, l’indigenza lavorativa, la tristezza o la morte. Ora ci umilia un essere invisibile». Vilas parla a «la Lettura» via Zoom dalla sua casa di Madrid.
Come è nato il nuovo romanzo?
«Ha preso forma contro la tristezza della pandemia. Come nel film Casablanca, in cui il mondo sprofonda ma i personaggi di Humphrey Bogart e Ingrid Bergman sono innamorati. Lì c’era la Seconda guerra mondiale, ora il Covid. Nella catastrofe l’unica forma di salvezza autentica è l’amore. Anzi, più precisamente, il desiderio di amare, indipendentemente da come andrà a finire».
«I baci», nonostante il Covid li abbia inibiti.
«Ho voluto rivendicare la forza di qualcosa che era proibito e che però incarna proprio il desiderio d’amore. Ogni storia inizia da lì: il bacio è il momento in cui un essere umano bussa alla porta di un altro. Poi si apre un territorio sconosciuto: l’intimità di due persone una di fronte all’altra, senza più convenzioni sociali. Un’intimità che si esprime al massimo nell’erotismo. Il problema è che a un certo punto la passione finisce, e allora bisogna decidere se lasciarsi o dare spazio alla complicità, alla stabilità. Su questo si arrovella il mio protagonista».
A pagina 70 Salvador confessa: «Abbraccio gli alberi che incontro. In un albero è contenuto tutto; vento, acqua, terra, essere. Gli alberi sono la bontà più grande della vita. Non so come diavolo faccio ad amare gli alberi. Un uomo innamorato di una donna e degli alberi». L’amore va oltre quello tra esseri umani.
«Nella mia letteratura cerco una pienezza che dia senso alla nostra condizione. E niente può farlo più dell’amore: non solo tra donne e uomini, tra persone di ogni sesso, ma anche quello per il sole, l’acqua, le montagne. Amore come fraternità universale, alla maniera di Walt Whitman. Incluso l’amore per la morte, intesa come parte della vita: così provo a narrarla nel libro».
Lei ha vissuto il lockdown a Madrid, ma sposta il suo protagonista in una baita di montagna.
«Volevo esplorare l’amore fuori dal rumore della città. D’altra parte il virus ha scatenato la voglia di luoghi isolati, perché meno raggiungibili dal male. Poi si è riconsiderato il senso stesso del vivere in città. In Spagna la campagna è al centro dei desideri immobiliari».
Il 31 ottobre inizia a Glasgow la 26ª Conferenza Onu sul cambiamento climatico (Cop26) e da martedì 28 settembre l’Italia ospiterà gli eventi preparatori. La pandemia ha cambiato il nostro sentimento verso la natura e il pianeta?
«Lo spero tanto. Salvador è innamorato della natura perché è innamorato della bellezza, ne ha bisogno per vivere un’esistenza degna e piena. Da questo punto di vista torno indietro a un certo romanticismo, per quanto considerato obsoleto rispetto alla modernità. Ma non mi sembra che la modernità abbia prodotto nulla che trasmetta la stessa pienezza. L’essere umano deve recuperare il mistero della natura, non tutto si può spiegare con la scienza. La scienza non è una nuova divinità».
Ancora Salvador: «L’Occidente credeva di aver raggiunto una società e un mondo in cui gli eventi straordinari fossero sempre avanzamenti e progresso. Non era previsto l’arrivo di una malattia planetaria che fa ammutolire i governi». L’Occidente ha fallito?
«Il mio protagonista lamenta il declino della nostra civiltà, si rende conto che non poggia su basi solide. In effetti, se guardiamo all’Unione Europea nella pandemia, non ha reagito con sufficiente energia politica. Salvador si rifugia in un’utopia d’amore perché lo spazio storico e sociale in cui vive non gli consente di trovare il suo posto, di essere davvero libero. Non a caso lì, nella baita, si è portato il Don Chisciotte, il cui protagonista trasfigura la realtà perché la vita non gli basta».
«Bacio chi non ha nulla./ Bacio chi ha perso» recitano alcuni suoi versi dalla raccolta «Amor», arrivata a maggio da Guanda. In un’intervista al «Corriere» del maggio 2019 si definiva «ossessionato dal capitalismo». Che cosa prova oggi alla luce della crisi economica e sociale innescata dalla pandemia?
«Il capitalismo purtroppo è indistruttibile, e tornerà. Tornerà con un messaggio che è sempre lo stesso: “Compra, compra, compra...”. Ma molti ora hanno visto che non serve accumulare così tanto. Magari ci sarà una sorta di reazione, o almeno di resistenza. Forse qualcuno comprerà meno beni materiali. O acquisterà più libri. In Spagna nella pandemia c’è stato un incremento della lettura. E un Paese che legge ha maggiori potenzialità per immaginare il cambiamento. Lì sta il valore della letteratura: contribuire a creare una società più giusta».
Salvador soffre di vuoti di memoria. Il suo più grande amico ha doti di chiaroveggenza. La ragione non basta più a leggere il mondo?
«Nel romanzo reclamo un ruolo per l’emotività, la natura, la bellezza. Inoltre, dal punto di vista metaletterario, il fatto che chi racconta abbia un problema cognitivo è un omaggio al narratore inaffidabile del Don Chisciotte. Ed è anche un simbolo: un invito a dubitare sempre, ancora di più oggi, di quanto ci viene detto».
Ha fiducia nel post-pandemia?
«Sono ottimista. Questo romanzo è il mio tentativo di collocare un mattone nel nuovo edificio dell’umanità».