la Repubblica, 26 settembre 2021
Chi ci guadagna con l’editoria scolastica
Su con il morale: nell’editoria italiana che boccheggia un po’ ovunque c’è un angolo mai sfiorato dalla crisi. Perché quello dei testi scolastici è un mondo a parte, dove si continuano a fare soldi anche mentre infuria la pandemia. E neppure tanto piccolo, dato che il numero dei clienti obbligati a comprare, dalla scuola primaria all’università, non è troppo distante da dieci milioni. Le stime dicono che nel 2019 hanno speso 769 milioni, ma per avere un’idea di come circolino i soldi bisogna dare un’occhiata ai bilanci dei quattro gruppi che hanno in mano la fetta più grossa del mercato. Nel 2020 De Agostini, Mondadori-Rizzoli, Pearson e Zanichelli hanno registrato tutti insieme un giro d’affari nell’editoria scolastica di 506 milioni, cioè i due terzi del totale. Con utili netti da capogiro: 82,7 milioni, ovvero il 16,3 per cento del fatturato. Quale altra industria manifatturiera garantisce un rendimento simile? Nessuna sorpresa, dunque, che la De Agostini abbia descritto in un comunicato ufficiale l’ annus horribilis 2020 come quello della “miglior performance di sempre” per i propri libri di testo. E nemmeno che quel mondo sia in pieno fermento.
Il gruppo Mondadori compra a peso d’oro De Agostini scolastica. Ma anche un boccone gustoso come Pearson è in vendita. E adesso ecco arrivare pure Feltrinelli.
Tutto questo può spiegare, almeno in parte, perché i libri di testo siano così mostruosamente cari. Intendiamoci, il costo elevato dipende anche da altri fattori: le pubblicazioni accademiche non possono essere paragonate certo alla narrativa o alla saggistica.
Il fatto, però, è che questo è solo apparentemente un vero mercato. Esistono grandi rendite di posizione, la filiera è lunga e complessa, e poi c’è lo Stato che ha un ruolo centrale. I libri di testo sono ovviamente adottati dagli insegnanti: costoro li scelgono fra quelli segnalati dai promotori scolastici, liberi professionisti pagati a provvigione dagli editori, che fanno la spola fra le scuole a proporli. La loro funzione può essere fondamentale per la penetrazione commerciale di alcuni marchi. Come sta a dimostrare il procedimento aperto a dicembre scorso dall’Antitrust nei confronti dei quattro big sospettando che proprio con “reti parallele” di propagandisti ostacolerebbero la concorrenza.
Se gli editori fissano il prezzo, è poi il ministero dell’Istruzione che fissa i tetti massimi di spesa per ogni classe della scuola secondaria. I libri delle elementari sono a carico dei Comuni, che girano ai librai i soldi stanziati dallo Stato. Sono 91 milioni, che si aggiungono ai 103 destinati dalle Regioni alle famiglie disagiate. Peccato che i denari affidati ai Comuni per i libri non abbiano una destinazione certificata. Così può succedere come a Napoli, quando l’anno scorso i soldi sono finiti nel calderone della spesa comunale e i librai sono rimasti a becco asciutto per mesi. E qui si apre un altro fronte.
Perché sono sempre i librai il vaso di coccio. Fino al 1991, per la verità, nemmeno loro si potevano lamentare. Un vecchio accordo con gli editori gli garantiva il 25 per cento lordo. Poi l’accordo saltò e il margine è precipitato del 40 per cento, e continua a ridursi, tanto che molti librai si sono buttati sul mercato più redditizio dell’usato. In più, a tutto vantaggio della grande distribuzione, per i libri scolastici è ancora autorizzato lo sconto preventivo del 15 per cento, contrariamente a quanto stabilito con una legge faticosamente passata a inizio 2020 che per tutti gli altri libri ha ridotto quello sconto al 5 per cento.
Con le librerie che chiudono a ripetizione, la corda è tesa al limite. E il braccio di ferro con gli editori rischia di ricominciare di brutto perché l’editoria scolastica è rimasta l’unica vera garanzia di ottimi profitti. I librai chiedono, ovvio, di recuperare un po’ dei margini perduti.
Propongono pure che le famiglie possano detrarre dalle tasse le spese per i libri di testo. Per alleviare il salasso basterebbero, dicono, 160 milioni. La risposta del governo è che non si può fare perché le famiglie incapienti non avrebbero benefici. Ma non spiega perché per la palestra la detrazione è consentita e per i libri di testo invece no, incongruenza piuttosto assurda. Altra richiesta è l’estensione della moratoria sugli sconti anche ai libri scolastici. E poi che i tempi della distribuzione vadano rivisti. Causa pandemia, quest’anno i limiti delle adozioni dei libri di testo da parte delle scuole sono stati spostati in avanti di alcune settimane. Di conseguenza molti studenti hanno cominciato l’anno scolastico senza tutti i libri. Dal Veneto alla Sicilia è successo un po’ dappertutto, e pensare che questo dovrebbe essere un anno scolastico quasi normale…