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 2021  settembre 26 Domenica calendario

Ultime sulla guerra per le Generali

Come ogni guerra, quella in corso per le Generali inizia con un episodio. Un pretesto, a volte, per scatenare l’offensiva. È il 18 aprile del 2019 e Mediobanca ha appena reso nota la lista dei candidati per il rinnovo del cda di Trieste. Francesco Gaetano Caltagirone, adesso al 6% della compagnia ma già allora azionista di peso, rompe il tradizionale riserbo per rilasciare una dichiarazione piuttosto rumorosa: il cda che si apprestava ad entrare in carica e che scadrà nell’aprile prossimo «è l’espressione di un mondo di tre anni fa. Nel frattempo si è affacciato un nuovo grande azionista ed è un peccato che non sia rappresentato, forse è anche ingiusto». Il riferimento - o il pretesto, se si preferisce - è la mancata rappresentanza in consiglio del gruppo Benetton, allora al 4%. Non sarà il controverso attacco al cacciatorpediere Maddox nel golfo del Tonchino utilizzato dagli Usa come argomento per il loro impegno nella guerra del Vietnam, ma da qui all’assemblea del prossimo aprile che dovrà nominare il nuovo consiglio rischia seriamente di diventare qualcosa di molto simile.
Da allora, da quella battuta che solo apparentemente voleva tutelare gli interessi di un terzo socio ma che in realtà contestava il ruolo e il peso del primo (Mediobanca), l’accoppiata Caltagirone-Del Vecchio ha moltiplicato gli attacchi, in una sorta di replica finanziaria della «guerra di guerriglia» del generale Giap. L’operazione in Malesia, il mancato rilancio per le attività di Aviva in Polonia, il tentativo di allargarsi in Russia finito con una marcia indietro sono diventate ognuno una battaglia all’interno del consiglio. Anche l’operazione su Cattolica, seppure non nel merito, è stata contestata nel metodo - portata in consiglio all’ultimo momento - è finita così per diventare l’ennesimo campo di battaglia di questa lunga guerra.
L’episodio forse più clamoroso è quello accaduto un anno e mezzo fa, quando il cda delle Generali si trova ad esaminare la proposta di Mediobanca per acquisire Banca Generali. Siamo nel marzo del 2020, in piena pandemia e con l’Italia in lockdowm, quando il comitato investimenti di Generali respinge con il voto negativo di Caltagirone e del rappresentante di Del Vecchio (Clemente Rebecchini) l’offerta di Mediobanca. La ragione è il prezzo, innazitutto, che non avrebbe valorizzato sufficientemente la controllata del risparmio gestito.
Un altro passaggio cruciale si è avuto in estate, quando Generali non ha presentato l’offerta per la rete di Finanza e Futuro. Si dice che la mancata offerta da parte del Leone sia stata una decisione «spintanea», voluta innanzitutto da Mediobanca per tutelare il proprio interesse. In effetti, Mediobanca l’offerta l’ha presentata. E ha perso. E i soci privati - Caltagirone e Del Vecchio - non hanno mancato di esprimere il proprio disappunto.
Una «guerra di guerriglia», appunto. Sfiancante, continua, pronta a salire di intensità appena se ne presentano le occasioni. Che legittima la lettura di chi sostiene come il vero obiettivo non sia tanto la testa di Donnet, oggetto del confronto attuale. Quanto piuttosto - per torrnare a quella battuta di Caltagirone, ormai vecchia di due anni e - il ruolo di Mediobanca, che con il suo 13% scarso controlla Trieste da decenni e che malgrado diversificazioni, crescita, cambi di strategia garantisce ancora un terzo degli utili di piazzetta Cuccia. Non è un caso che la risposta di Mediobanca alla salita del patto Caltagirone-Del Vecchio-Crt è stata un prestito titoli sul 4,5% del capitale, tale da assicurare per ora una maggioranza anche assembleare a piazzetta Cuccia.
Domani, sarà un consiglio di amministrazione spaccato a varare al procedura per definire la lista del nuovo board di Generali. La riunione, convocata alle 14.30, vedrà schierati da una parte i rappresentanti di Mediobanca e De Agostini e la maggioranza degli altri consiglieri non esecutivi, che già si sono espressi il 14 settembre (con 8 sì, 3 no e 1 astenuto) per la riconferma del ceo Philippe Donnet alla guida della compagnia assicurativa. Sul fronte opposto, il patto di Caltagirone e Del Vecchio, cui si è unita Fondazione Crt, contrario a una lista del Cda che verrà votata solo a maggioranza: le attese sono di 9 voti favorevoli e di 4 contrari. Ma la strada per l’assemblea è ancora lunga e la «guerra di guerriglia» andrà avanti fino ad allora.
Sia chiaro, nessuno si sogna di paragonare Del Vecchio e Caltagirone a Ho Chi Mihn e Giap. Mentre più probabile è che Mediobanca si trovi impelagata in una guerra che era sicura di vincere e che invece potrebbe minare i suoi stessi equilibri interni. Caltagirone e Del Vecchio, entrambi molto ricchi, molto determinati e molto anziani, hanno già dimostrato di non avere remore a combattere una lunga guerra.