Corriere della Sera, 26 settembre 2021
Chailly alle prese con "Il barbiere di Siviglia"
Il barbiere di Siviglia, seconda opera della trilogia rossiniana in scena alla Scala (preceduta dalla Italiana in Algeri e seguita da Il turco in Italia dal 13 ottobre) sarà la prima nuova produzione scaligera con il pubblico in sala. «Sarà anche la prima nuova produzione interamente pensata da quando Dominique Meyer è sovrintendente», racconta il maestro Riccardo Chailly, che dal 30 settembre dirigerà l’opera (anteprima under 30 domani, esaurita).
Chailly ha al suo attivo innumerevoli incisioni di Rossini, tra le quali un Guglielmo Tell con Mirella Freni e Pavarotti, un Turco in Italia con Cecilia Bartoli e un Barbiere con l’Orchestra scaligera, Marilyn Horne e Leo Nucci: come confrontarsi ogni volta con la stessa opera? «È impressionante ritrovare un capolavoro. L’ultimo Barbiere in Scala fu quello con regia di Arias e debutto di Juan Diego Flórez. Useremo l’edizione critica del 2009 di Alberto Zedda: nel ’69 fu il primo a realizzarne una», quella che Abbado utilizzò l’anno successivo dando il via alla Rossini renaissance. «L’organico orchestrale è contenuto: ci saranno 10 violini primi e 4 contrabbassi. Ma questa partitura è un miracolo, una sorpresa continua: Rossini ti fa dimenticare il tempo, non hai mai un senso di assuefazione».
Sembra impossibile, ma le seicento pagine della partitura di quest’opera, tra le più amate, furono composte in un paio di settimane, sebbene con molte autocitazioni. «Era un 24enne con grandezza d’invenzione; l’opera ha tempo, ritmo teatrale perfetto. Noi sentiremo l’integrale dei brani con orchestra, con qualche taglio nei recitativi. Gli autoprestiti erano un’abitudine. La celeberrima ouverture non fu la prima composta; quella originale era scritta su temi popolari spagnoli adatti per Manuel García, primo conte di Almaviva». Anche Mozart era veloce e Rossini è il passaggio successivo. «Ma nel Barbiere è anche la sillabazione veloce nel testo di Cesare Sterbini da Beaumarchais che ha dato a Rossini la possibilità di uno straordinario ritmo musicale».
Negli ultimi anni si tende a fare un Barbiere meno buffo. «Credo – dice Chailly – che sia una necessità tornare all’origine dell’opera buffa evitando inaccettabili eccessi. Il ritmo dell’opera deve portare al sorriso, non alla risata grassa. C’è un limite alla recitazione buffa, ma senza trasformare l’opera in seria: i caratteri dei personaggi devono avere la brillantezza e l’esuberanza chiesti dal compositore. Rossini è diverso da Paisiello».
Per il Barbiere si abbandonano le storiche regie rossiniane di Ponnelle e si punta su Leo Muscato, al debutto scaligero. La sua sarà una lettura metateatrale: don Bartolo sarà l’impresario di un immaginario teatro in cui tiene rinchiusa Rosina, una ballerina… «Proprio perché abbiamo visto tanti Barbieri in piazza di Siviglia, Muscato ha tradotto lo spirito della musica con fantasia. I luoghi sono spazi teatrali, evidenziati dall’immagine che il pubblico vedrà; ma il senso del racconto non verrà meno né la verve che deve avere la musica. In questo Barbiere il cosiddetto temporale sarà un incubo vissuto da Rosina sdraiata a terra».
Il cast è composto da Mattia Olivieri (Figaro) e Svetlina Stoyanova (Rosina), che ha preso il posto di Cecilia Molinari… «La Stoyanova aggiunge l’esperienza di una Rosina navigata, Maxim Mironov è un conte di rigore ed eleganza mentre Marco Filippo Romano è un don Bartolo di eccezionale bravura del sillabato: con lui faccio tempi vertiginosi».
Chailly non farà un’incisione del nuovo Barbiere, ma per Deutsche Grammophon ha appena diretto la Netrebko e l’Orchestra della Scala in Verdi, Strauss, Parcell e Wagner e per la Decca, con la Filarmonica, la seconda versione della Italiana di Mendelssohn, due overture di Schubert e tre di Mozart composte per Milano.