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 2021  settembre 24 Venerdì calendario

La corsa a quattro per il Campidoglio


Sulle grandi piattaforme online si può scommettere sul prossimo sindaco di Londra, sulle elezioni generali in Svezia, ma non su chi sarà il nuovo inquilino del Campidoglio. Neanche i bookmaker più esperti se la sentono di fare pronostici di fronte alla corsa dei quattro candidati romani. Troppe incertezze, tantissimi in lizza (22 aspiranti sindaci, 39 liste, 1.872 candidati: record italiano assoluto). Ma una semplificazione si può fare, per capire che cosa sta succedendo nella Capitale e, forse, che cosa succederà dopo il primo turno delle Comunali. Proviamoci insieme, ricorrendo all’aiuto dell’ippica.
Alle gabbie di partenza di questo Grand Prix romano c’è in corsia uno l’avvocato Enrico Michetti («Michetti, chi?», il suo claim di lancio della campagna) campione del centrodestra, imposto agli alleati da Giorgia Meloni, forte del suo elettorato d’area che a Roma ha sempre oscillato tra il 30 e il 53% (record di Alemanno, 2008).
In corsia due gli elettori troveranno l’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, compassato e competente esponente del Pd, che ha raccolto intorno a sé persino alcuni cinquestelle dissidenti. Gualtieri, che ha grandi trascorsi a Bruxelles, è stato ritenuto per molti anni da Bloomberg uno dei dieci parlamentari europei più efficienti. Oggi è appoggiato da sette liste, compresi i socialisti di Bobo Craxi.
Nella tre, l’unica donna nel gruppo di testa: Virginia Raggi, sindaca M5S uscente, amministratrice invisa alla maggioranza dei romani (il 60-70 per cento boccia il suo operato), ma che può contare su un legame solido con molte periferie, le stesse che nel 2016 – abbandonando sia destra che sinistra – la portarono trionfalmente in Campidoglio col 67% dei voti.
Infine, in corsia quattro, l’outsider che potrebbe scompigliare i giochi, già oggi confusi: Carlo Calenda, ex ministro dello Sviluppo economico, leader di Azione, che ha cominciato la sua corsa già un anno fa, prendendo in contropiede il Pd.
Le corsie di questo Grand Prix politico, va detto, le abbiamo attribuite in base alla quasi totalità dei sondaggi compiuti in quest’ultimo mese, in ordine di risultato atteso. Michetti dai ricercatori è accreditato di un certo vantaggio su Gualtieri, seguito a sua volta da Raggi e Calenda.
Ma al ballottaggio andranno solo due: i primi. E l’ultima settimana di campagna elettorale può essere decisiva visto che circa un elettore su tre è ancora indeciso.
Va poi detto che in ballo, a Roma, non c’è solo il risanamento della Capitale, finita negli ultimi lustri in una sorta di tritarifiuti che ha restituito solo pezzetti di città, abbastanza sporchi, e non più governati. Basti pensare a quanti titoli si sono letti sull’emergenza rifiuti a Roma, sull’emergenza buche, sull’emergenza trasporti, sull’emergenza alberi caduti... Sono stati anni duri, in cui i duri non hanno mai giocato. Si è preferito consentire a Virginia Raggi, che come esperienza politica aveva una consiliatura all’opposizione ed efficaci raccolte di firme per l’acqua pubblica, di fare una sorta di master sulla pubblica amministrazione non da studentessa ma da sindaca. È lei stessa ad ammetterlo: «Avevo poca esperienza, ma ora dopo cinque anni ho imparato: non dico che oggi posso guidare Roma col piede sinistro, ma chiedo a tutti di darmi la possibilità di completare il lavoro iniziato». La situazione che si profila, con l’indipendente Calenda che inevitabilmente toglierà voti al centrosinistra e in parte al centrodestra, potrebbe giocare a suo favore, spingendola un po’ oltre il gradimento reale di cui gode in città.
Michetti invece, avvocato amministrativista di carattere pacioso e riservato (tanto riservato da disertare tutti i confronti con i suoi avversari, tranne uno), si è ritrovato davanti a due sorprese inaspettate per la sua vita quieta di legale e conduttore su Radio Radio, emittente locale dedita a infiniti dibattiti su Roma e Lazio: la prima sorpresa è di essere candidato per governare Roma, la seconda è di essere in realtà un avatar di Giorgia Meloni. La seconda sorpresa gli piace parecchio («Una grande leader nazionale ed europea», la definisce), mentre la prima a occhio e croce lo inquieta. Non ha presentato per settimane un programma articolato, preferendo fare appello all’orgoglio romano, soprattutto quello del tempo dei Cesari, di cui è devoto ammiratore. Per chiamarlo a un confronto pubblico, Gualtieri, Raggi e Calenda avevano pensato di rivolgersi a Chi l’ha visto?, poi la sindaca uscente ha provato pure in «lingua» rivolgendogli un appello in latino (Coram populo loquamur...). Alla fine si sono visti, ma per poco.
Cosa otterrà in tutto ciò Carlo Calenda? L’effervescente ex ministro allo Sviluppo economico, figlio della Roma che conta, è animato da uno spirito canzonatorio nei confronti degli altri (i suoi sfottò sui social sono diventati un genere letterario) e di una voglia enorme di parlare con la gente. Il suo risultato, se andasse oltre i sondaggi, rappresenterebbe l’imponderabile: un effetto domino che indebolirebbe il centrosinistra e, in piccola parte, il centrodestra. Il partito che ha fondato, Azione, pesa in Italia intorno all’uno e mezzo per cento; se Calenda dovesse sfiorare o addirittura superare un risultato a due cifre, sarebbe un personale trionfo, e forse un trampolino per lanciare un’Opa sul centro liberal-moderato, oggi in parte scoperto.
Ma il candidato più accreditato secondo molti analisti è Roberto Gualtieri, uomo di un certo understatement. I sondaggi fatti lo vedono vincente con chiunque in caso di ballottaggio. Ma la grande scommessa oggi per l’allora ministro che, insieme a Conte, portò a casa l’accordo per il Pnrr, è arrivare bene al secondo turno. La mobilitazione della sinistra romana e di un certo mondo cattolico potrebbe spingerlo, seppur con qualche ansia, alla finalissima.
In quel caso, passato anche il secondo turno, al futuro sindaco toccherà il compito bello e ingrato di governare Roma. Una città che l’Unione degli industriali, così come le grandi associazioni del commercio e i sindacati, hanno chiesto di risvegliare. La città è nei guai, con davanti il Giubileo del 2025 e, forse, l’Expo 2030. Il suo letargo è durato troppo, e quando il gatto dorme, si sa, i topi, i gabbiani e i cinghiali ballano. Ah, se ballano.